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Una questione irrisolvibile: il terzo riempimento della GERD riaccende i malumori lungo il Nilo

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Il 12 agosto il presidente etiope Abiy Ahmed ha festeggiato il successo del terzo riempimento della Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD) e ha inaugurato l’accensione della seconda di 15 turbine, portando la produzione di energia elettrica a 750MW sui 5000 previsti dalla piena operatività del progetto, aggiungendo così un nuovo tassello alla ormai decennale disputa nella regione del Nilo.

Verso il completamento della diga

Nonostante i lavori stiano procedendo a rilento a causa di ritardi dovuti sia a fattori umani che esterni come la pandemia, la mancanza di personale qualificato e la scarsa qualità di alcune componenti elettriche e meccaniche, il Project Manager della GERD, Kifle Horo, ha affermato che la diga sia ormai completa all’85% e che nei prossimi 2/3 anni potrebbe finalmente vedere la luce.

L’evento ha suscitato la rabbia dei Paesi a valle che da anni provano a raggiungere un compromesso con Addis Abeba affinchè il governo etiope sigli un accordo vincolante che garantisca ad Egitto e Sudan le “quote” d’acqua annuali previste da due trattati che sono stati firmati durante la colonizzazione britannica, senza però la partecipazione dell’Etiopia. Invano si è tentato di trovare un punto d’incontro e a nulla è servita la mediazione di parti terze, tant’è che oggi le negoziazioni sono ufficialmente bloccate e l’Etiopia si sta avviando unilateralmente verso il completamento del progetto, mentre Khartoum e il Cairo alternano azioni diplomatiche a vere e proprie minacce evocando lo spettro dell’escalation militare.

Egitto e Sudan: preoccupazione a valle

Agosto è stato un mese caldo per la diplomazia nel bacino del Nilo: il Sudan ha confermato il suo appoggio all’Egitto, ribadendo la necessità di un accordo vincolante. Il ministro degli esteri Mohamed Abdalla ha dichiarato pubblicamente che a inizio mese c’è stato un incontro segreto ad Abu Dhabi tra le tre nazioni col patrocinio dagli EAU. Tuttavia, è chiaro che tale incontro non abbia prodotto alcun risultato soddisfacente dal momento che l’Etiopia ha poi portato a termine il terzo riempimento della GERD.

L’Egitto, invece, ha intrapreso una vivace attività diplomatica con un duplice intento: incassare l’appoggio dei Paesi che più influiscono sulla regione del Nilo e strappare all’Etiopia alleati importanti all’interno della Nile Basin Initiative (NBI). Sul primo fronte, al-Sisi ha incontrato il ministro degli esteri russo Lavrov il quale, però, non ha espresso alcun parere sulle tensioni lungo il Nilo. Al momento Mosca sta cercando di intessere nuovi legami e alleanze con i Paesi africani al fine di espandere la propria sfera d’influenza economica e militare. Dunque, sbilanciarsi su argomenti delicati e divisivi come la GERD andrebbe contro la politica di appeasement che la Russia sta intraprendendo in questo momento nella crisi che coinvolge i Paesi bagnati dalle acque del Nilo. Inoltre, nel 2021 la Russia ha siglato un accordo di cooperazione militare con l’Etiopia che, secondo Lavrov, non deve essere visto come un elemento di ulteriore destabilizzazione.

Sul piano della diplomazia continentale, il Cairo sta lavorando per aumentare l’isolamento dell’Etiopia avvicinando i Paesi della regione dei Grandi Laghi e puntando sull’Uganda, il più influente dei Paesi dell’alto Nilo Bianco e forse l’alleato più importante di Addis Abeba all’interno della NBI.

Nonostante il 24 agosto scorso una delegazione ugandese abbia visitato il sito di costruzione della GERD e abbia confermato il sostegno al governo etiope, ribadendo la necessità che tutti i membri della NBI firmino il Cooperative Framework Agreement, l’Egitto non è rimasto a guardare e ha ricevuto in visita ufficiale il ministro ugandese dell’agricoltura per consolidare i rapporti tra i due Paesi. Sono anni che l’Egitto tenta di portare l’Uganda dalla sua parte attraverso accordi economici e militari e recentemente il governo egiziano ha iniziato ad investire direttamente sul territorio, costruendo pozzi, dighe e canali così come in altri Paesi dell’area. Tuttavia, ciò non ha prodotto un chiaro riallineamento ugandese, anzi, sembra che Kampala stia approfittando del Cairo per ottenere aiuti economici e investimenti a basso costo, pronta a minacciare il Cairo per avvicinarsi all’Etiopia, qualora le sue richieste non venissero soddisfatte.

Il duplice fronte etiope

L’Etiopia, dal canto suo, celebra un altro successo: una stagione delle piogge più generosa del previsto ha fatto sì che il terzo riempimento del bacino retrostante la diga venisse completato in anticipo e, secondo gli ufficiali etiopi, senza impattare sulle quote d’acqua dei Paesi a valle. Se l’Egitto lamenta una carenza idrica e punta il dito contro la GERD, il Sudan, come ogni anno, è stato colpito da massicce alluvioni che quest’estate hanno causato oltre 100 morti e più di 100 mila sfollati, distruggendo abitazioni e interi villaggi. Nonostante fonti vicine al presidente Ahmed sostengano che la GERD abbia contribuito a mitigare la forza distruttrice del Nilo Azzurro, al momento non ci sono i mezzi per valutare se effettivamente la diga sia riuscita in questo intento tanto propagandato dal governo. 

Quello del contenimento delle alluvioni è solo una delle possibili esternalità di cui gioverebbero Sudan ed Egitto a cui si aggiungerebbero un costante flusso d’acqua anche nei mesi di siccità o una maggiore resa delle coltivazioni, senza dimenticare il fatto che l’Etiopia diventerebbe di fatto una potenza energetica in Africa Orientale grazie all’enorme surplus generato dalla diga che verrebbe poi venduto ai Paesi vicini.

La GERD rappresenta quindi un elemento fondamentale per la politica interna e regionale dell’Etiopia: essa costituisce un simbolo di unità e riscatto e non a caso il nome stesso evoca il Rinascimento dell’Etiopia e la sua affermazione nel contesto regionale. La propaganda di governo ha spinto molto sull’importanza del progetto per creare un’aura di orgoglio e identità nazionale in cui tutto il Paese potesse riconoscersi; il finanziamento stesso della diga è avvenuto spronando i cittadini a investire i propri risparmi per dimostrare il loro attaccamento alla Patria, mentre sui social l’hashtag #itsmydam correda numerossimi post di cittadini e funzionari etiopi che con orgoglio nazionalistico sostengono la GERD.

In un contesto fortemente intriso di patriottismo e politicamente polarizzato, la guerra civile in Tigray ha sicuramente rafforzato il ruolo propagandistico se non addirittura salvifico della GERD che si inserisce perfettamente alla retorica della nazione “accerchiata” dai nemici. Per questo motivo, a partire dalla fine del 2020, il governo ha unilateralmente accelerato la costruzione della diga rifiutando a prescindere qualsiasi negoziazione con Sudan ed Egitto dal momento che il suo completamento sancirebbe la vittoria del popolo etiope sui rivali a valle consacrandolo a vero padrone del Nilo. Tuttavia, l’Etiopia sembra essere in una fase di ridimensionamento e indebolimento diplomatico: i ribelli tigrini resistono e le modalità con cui il governo sta conducendo la guerra hanno causato diversi malumori tra la comunità internazionale, aumentando l’isolamento di Addis Abeba. Ciò si è inevitabilmente ripercosso anche sulla vicenda della GERD, spingendo il presidente Ahmed a rimodulare le sue dichiarazioni per tranquillizzare i partner stranieri ed evitare una possibile escalation nella valle del Nilo Azzurro.

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