Nella giornata del 24 maggio, si è tenuto a Tokyo il Quad Summit del 2022. L’incontro dei quattro leader è avvenuto nel contesto di una serie di importanti novità. Il Summit segue l’annuncio della nuova iniziativa economica avanzata dall’Amministrazione Biden, l’IPEF, così come le elezioni federali australiane, che hanno visto la vittoria del leader dell’opposizione, Anthony Albanese.
Cos’è il Quad?
Il Quad, ovvero il Dialogo Quadrilaterale di Sicurezza, è un meccanismo tra Stati Uniti, Giappone, Australia e India. Le origini di questa partnership si possono far risalire alle operazioni di soccorso avviate dai quattro paesi in seguito allo tsunami che, nel 2004, devastò gli stati affacciati sull’Oceano Indiano. Nel 2007, su spinta del primo ministro giapponese Abe Shinzō, l’iniziativa venne estesa a ricoprire una forma di cooperazione tra potenze marittime volta a garantire la stabilità e libertà di navigazione in risposta all’espansionismo navale cinese. Sebbene l’iniziativa venne presto abbandonata, fu successivamente rilanciata nel 2017 nel contesto dell’intensificarsi delle tensioni tra Pechino e Washington.
Se già sotto Trump la centralità di tale meccanismo era divenuta evidente, è con l’avvio della Presidenza Biden che il Quad assume la sua conformazione attuale. Nel marzo 2021, a pochi mesi dall’inaugurazione del nuovo Presidente americano, il Quad viene elevato da incontro ministeriale a summit dei capi di stato. Il primo vertice, tenutosi online, si concluse con la storica dichiarazione congiunta delineante “Lo Spirito del Quad” e con l’istituzione di gruppi di lavoro che hanno, di fatto, ampliato l’agenda dell’iniziativa estendendola a includere dossier disparati. Il summit del 24 maggio a Tokyo è stato il terzo incontro dei vertici dei quattro paesi (il secondo tenuto di persona).
Pechino, il dragone nella stanza
Seppur non direttamente nominata, la Cina ha rappresentato sicuramente il centro di gravità delle conversazioni tra i quattro leader che si sono espressi risolutamente contro qualsiasi attività unilaterale e coercitiva che possa destabilizzare la pace e stabilità dell’Indo-Pacifico. Tale risolutezza è una reazione alla guerra in corso tra Ucraina e Russia, una crisi che, soprattutto in Giappone, ha alimentato il timore di un potenziale attacco cinese a Taiwan.
Non è quindi un caso che, proprio in una conferenza stampa con il Primo Ministro Kishida tenutasi il giorno precedente al Quad Summit, Biden abbia dichiarato di essere pronto a intervenire in difesa di Taipei , dichiarazione poi però ritrattata dalla Casa Bianca. Sebbene il Quad non voglia apertamente apparire come un meccanismo anticinese, la percezione che in realtà lo sia è ormai consolidata a Pechino. In risposta, la Cina ha lanciato un proprio segnale ai quattro leader: i suoi aerei hanno condotto un’operazione di perlustrazione congiunta con aerei russi nelle vicinanze dello spazio aereo giapponese proprio in concomitanza con l’incontro.
Una partnership (anche) spaziale
Durante il summit, i quattro leader hanno riconfermato l’impegno di ciascun membro a sostenere le diverse iniziative già avviate durante i due incontri precedenti. È stata, ad esempio, annunciato l’avvio della Quad Fellowship, le cui candidature sono ora aperte, e si è discusso dei progressi della Quad Vaccine Partnership, attraverso cui i quattro paesi hanno fino ad ora distribuito 670 milioni di dosi. Le novità più importanti riguardano, tuttavia, il dominio spazio, così come il ritorno del Quad alle iniziative per la sicurezza marittima.
Nel joint statement dello scorso settembre il Quad si impegnava a ricercare nuove opportunità di cooperazione spaziale e di condividere dati satellitari con scopi pacifici, come il monitoraggio dei cambiamenti climatici, la risposta ai disastri umanitari e naturali, l’uso sostenibile delle risorse marittime. Ciò è stato ribadito al summit di Tokyo di fine maggio, con ulteriori sviluppi: i leader Quad hanno annunciato la volontà di lavorare congiuntamente a un quadro di condivisione dati e sviluppo sostenibile basato sull’Osservazione Terrestre (Earth Observation, EO), e di fornire un “Quad Satellite Data Portal” con lo scopo di facilitare l’accesso pubblico ai dati raccolti dalle risorse satellitari civili dei rispettivi paesi. L’interesse delle parti coinvolte è quello di sviluppare applicazioni spaziali e fornire capacity building a supporto dei paesi della regione, anche (e soprattutto) con riguardo alle tecnologie spaziali di EO, per far fronte alle principali sfide che andranno a interessare la regione negli anni a venire.
Altra grande novità è il lancio di una nuova iniziativa di sorveglianza marittima basata su tecnologie satellitari, l’Indo-Pacific Maritime Domain Awareness (IPMDA). Scopo di tale programma è quello di migliorare la capacità dei partner in tre “regioni critiche” – Oceano Indiano, Sudest Asiatico, isole del Pacifico – di monitorare pienamente le rispettive zone economiche esclusive (ZEE). Si tratta di un’iniziativa che punta a promuovere sostenibilità e sicurezza nella regione, perché ha l’obiettivo di rilevare attività marittime sospette come la pesca illegale (fenomeno che ha raggiunto dimensioni tali da mettere in serio pericolo quella che è la principale fonte di sostentamento di molte economie regionali) e, ipoteticamente, gli “sconfinamenti” di imbarcazioni straniere in acque – come nel noto caso del Mar Cinese Meridionale – spesso contese anche tra più di due paesi.
L’IPMDA utilizzerebbe tecnologie satellitari commerciali per fornire informazioni quasi in tempo reale, accessibili attraverso una rete di centri regionali già esistenti in India, Singapore, Vanuatu e Isole Salomone. Attraverso il monitoraggio di frequenze radio e segnali radar sarebbe possibile tracciare anche quelle imbarcazioni che spengono i loro sistemi di identificazione per rimanere “invisibili”. L’accento sulla natura commerciale (civile) di questo servizio indica la volontà di costruire, per la prima volta in quella parte del Mondo, un sistema multilaterale di condivisione di intelligence libero dai normali ostacoli che sorgono quando si tratta di condividere informazioni classificate. Nonostante lo “sforzo” di non fare alcun riferimento alla Cina da parte dei leader Quad, in molti ritengono che l’IPMDA serva a monitorare con particolare attenzione le attività delle navi cinesi, ritenute responsabili del maggior numero di presunti casi di pesca illegale e di abusi ad essa legati, sia in termini assoluti che relativi.
Quali sfide per il Quad?
Sebbene l’incontro abbia proiettato un’immagine di forte allineamento, rimangono importanti punti di domanda. Innanzi tutto, il dilemma India continua a creare incertezze. Ad esempio, rispetto agli altri tre membri, Nuova Delhi continua a mantenere una posizione distinta riguardo la questione Ucraina. Nonostante il Primo Ministro giapponese avesse già cercato di mediare tra le diverse posizioni durante la sua visita ufficiale in India a marzo, le divergenze e, soprattutto, le critiche indiane all’approccio americano persistono. Non a caso, la dichiarazione congiunta va a toccare il problema Ucraina facendo riferimento all’importanza di rispettare la sovranità e integrità territoriale di tutti i paesi e la necessità di risolvere le controversie tra stati pacificamente e sulla base del diritto internazionale, senza però includere un’aperta condanna alla Russia.
Anche il cambio di governo in Australia costituisce un’incognita, seppur in misura minore, per l’allineamento del gruppo. Il nuovo leader Albanese si è pronunciato a favore del Quad, e ha dichiarato che le iniziative di collaborazione avanzate in seno al gruppo sono in linea con le priorità del nuovo governo australiano, in particolare quelle inerenti ai cambiamenti climatici. Sembra inoltre che la politica australiana avviata da Morrison nei confronti di Pechino sia destinata a proseguire. Nonostante la posizione del partito laburista vada a convergere con quella dei conservatori, persistono, però, delle divergenze sia a livello di toni e retorica che di implementazione pratica che potrebbero andare a influenzare la diplomazia Quad australiana.
Anche sotto il profilo della cooperazione economica, rimangono numerose incognite. Australia, Giappone e India hanno aderito alla nuova iniziativa economica americana lanciata da Biden durante il tour in Asia. L’Indo-Pacific Economic Framework “for Prosperity” (IPEF) si pone nell’ottica di scrivere le regole per la prosperità nell’Indo-Pacifico. Sebbene da un punto di vista formale la Rappresentante per il Commercio statunitense Katherine Tai abbia dichiarato che l’IPEF fosse aperto a chi volesse farne parte, nello stesso discorso di questa dichiarazione, la Segretaria Gina Raimondo ha implicitamente descritto il framework come alternativo all’economia cinese. Come abbiamo avuto modo di osservare, l’IPEF si pone in netta e dichiarata contrapposizione alle aree di libero scambio, categoria di cui la Comprehensive and Progressive Trans Pacific Partnership (CPTPP) fa parte. Quest’ultima rientra all’interno della strategia nipponica per un Free and Open Indo-Pacific (FOIP), che, in realtà, ha influenzato anche il Quad. Resta da vedere se questa nuova iniziativa entrerà in conflitto con gli obbiettivi e priorità prefissati dai quattro membri Quad e, in particolare, se creerà una frattura tra Giappone e Stati Uniti su come gestire il commercio nella regione. Infatti, se l’adesione di Tokyo all’IPEF dovesse essere sia formale che sostanziale, ciò potrebbe comportare una revisione dei principi alla base del CPTPP e, di conseguenza, della strategia FOIP, i cui obbiettivi economici potrebbero quindi passare in secondo piano rispetto al framework delineato dall’amministrazione Biden.
La sfida più importante rimane però tradurre tutte le numerose e disparate iniziative promosse dal gruppo in risultati concreti. Prendendo come esempio la Quad Vaccine Initiative lanciata lo scorso anno, questa è stata rallentata sia dalle restrizioni di materie prime imposte dagli Stati Uniti così come da problemi legali legati ai permessi dati dalle autorità indiane e dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità. Anche le iniziative di cooperazione nel campo delle infrastrutture sono procedute finora a rilento, per lo più attraverso iniziative parallele preesistenti promosse da ciascun membro. Durante il Summit, i quattro leader si sono impegnati a investire oltre 50 miliardi di dollari per la realizzazione di infrastrutture nell’Indo-Pacifico. Tale somma non può però competere con gli investimenti cinesi nella regione avanzati attraverso la BRI. È quindi necessario che i quattro paesi vadano a coordinare le proprie iniziative per individuare dove e che tipo di infrastrutture debbano avere la precedenza.
Alessandro Vesprini,
Alice Dell’Era
e Lorenzo Bazzanti
Geopolitica.info