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TematicheRussia e Spazio Post-sovieticoIl processo di democratizzazione in Bielorussia ed Ucraina trent’anni...

Il processo di democratizzazione in Bielorussia ed Ucraina trent’anni dall’indipendenza

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Allo scoccare dei trent’anni dalla caduta dell’URSS, Ucraina e Bielorussia si trovano ancora ad affrontare molte sfide di carattere economico, politico e militare. I recenti avvenimenti al confine di Polonia-Bielorussia e a quello di Russia-Ucraina dimostrano come questi due stati rappresentino ancora non solo un’importante e contesa zona d’influenza fra la Russia e l’Occidente, ma anche due esempi dell’andamento democratico nei paesi dell’area post-sovietica. Mentre la Bielorussia ad oggi si configura come un regime autoritario consolidato, la cui politica è strettamente interconnessa a Mosca e la cui economia dipende fortemente dagli approvvigionamenti russi, l’Ucraina persegue ancora la creazione di una democrazia basata sul modello Occidentale mentre resiste alla frammentazione territoriale e alle pressioni di Mosca sul confine orientale.

L’inizio del processo di democratizzazione: dalla caduta dell’URSS…

Nonostante Bielorussia ed Ucraina abbiano entrambe ottenuto l’indipendenza dall’URSS nel 1991 ed entrambe siano situate fra la semi-autoritaria Russia e la democratica Europa, i processi di democratizzazione dei due ex-stati sovietici hanno seguito percorsi molto diversi, e spesso fra loro contrastanti. Ad un’Ucraina protagonista di due Rivoluzioni, quella Arancione del 2004 e l’Euromaidan nel 2014, che hanno favorito lo sviluppo democratico del paese e l’avvicinamento all’Europa, si contrappone una Bielorussia ancora soggetta ad un regime autocratico, con un accentramento del potere nelle mani del presidente ed istituzioni prive di indipendenza decisionale.  

Bielorussia

Alexander Lukashenka venne eletto per la prima volta come presidente nel 1994, cavalcando un’ondata di risentimento verso le istituzioni nazionali e il malcontento causato dalla crisi economica. Da quel momento in poi, il presidente seppe mantenere una grandissima popolarità fra i cittadini grazie alla propria capacità di promettere e mantenere alti gli standard di vita della popolazione Bielorussa. Crescita economica stabile, salari e pensioni furono da sempre il fulcro della politica di Lukashenka, nonché la prima preoccupazione di un elettorato che riteneva la democratizzazione e l’indipendenza come fattori meno importanti rispetto al benessere economico. E fu infatti in concomitanza con la crisi economica del 2010 che si registrò una prima significativa perdita di consenso verso Lukashenka, che comunque seppe mantenere il potere grazie al controllo capillare dei media e alle limitazioni apposte allo sviluppo della società civile, che impedirono la creazione di una opposizione coesa.

Ulteriore fattore che contribuì a rallentare, e che tutt’ora inibisce, il processo di democratizzazione in Bielorussia è il suo stretto rapporto con la Russia. Il sodalizio fra Mosca e Minsk si riassestò nel 1994, ovvero quando Lukashenka salì alla presidenza della Bielorussia e da quel momento, nell’arco di soli 5 anni, fra i due stati già venivano siglati più di 200 accordi bilaterali, come il Trattato per l’Unione di Russia e Bielorussia (1996), il trattato di Cooperazione Militare (1997), e uno sulla mutua garanzia per il mantenimento della sicurezza regionale (1998). Oltre alla precoce interdipendenza nel campo della sicurezza, la Bielorussia divenne ben presto dipendente anche dagli approvvigionamenti di idrocarburi che venivano forniti dalla Russia a basso costo, consentendo ai cittadini di mantenere alti livelli di vita e a Lukashenka di godere del supporto dell’elettorato.

Il giro di boa per Lukashenka avvenne lo scorso anno, a seguito dell’ennesima frode elettorale per la presidenza, in cui lui ottenne più dell’80% dei voti. Considerata come il più grande ciclo di proteste avvenuto in Bielorussia dal 1991, le Rivolte iniziate nell’agosto 2020, represse con la violenza da quello che viene considerato l’ultimo dittatore d’Europa, hanno segnato il crollo definitivo della popolarità di Lukashenka e il l’inizio nella mobilitazione politica della società Bielorussa. Dal 2020 infatti l’Unione Europea ha apposto una serie di sanzioni dirette al Lukashenka, suo figlio e altre figure rilevanti nell’alto sistema giudiziario, nel governo e nell’economia del paese, al fine di intimare la fine delle violenze contro i cittadini del paese. 

Ucraina 

Se fu l’accordo di Belavezha a segnarne formalmente la dissoluzione, il colpo di grazia per l’Unione Sovietica avvenne con la perdita dell’Ucraina, la seconda tra le Repubbliche Sovietiche, dopo la Russia, per popolosità, nonché sede dell’industria bellica, di alcuni degli arsenali militari e della più grande produzione agricola dell’URSS.

Tuttavia, malgrado la dichiarazione d’indipendenza del 24 agosto 1991, l’assenza d’istituzioni forti e di una classe politica di stampo democratico portò fin da subito alla concentrazione del potere politico nelle mani di nuove élite di stampo post-sovietico. Da questo ne conseguì che, fin dai primi anni d’indipendenza, il processo di democratizzazione in Ucraina venne caratterizzato dalla compresenza di una facciata liberal-democratica e di una de facto distribuzione del potere politico e delle risorse tra un gruppo di nuovi oligarchi. Fu la tensione tra questi due fattori che ha portato allo sviluppo di due cicli rivoluzionari nel paese: uno conclusosi nel 2004 con la Rivoluzione Arancione – scoppiata a causa di frodi elettorali – e l’altro nel 2013 con la Rivoluzione della Dignità – che mirava all’elezione di politici favorevoli ad un avvicinamento all’Europa. Quest’ultima rivoluzione, conosciuta anche come Euromaidan, ha consentito alla Rada di acquisire maggiori poteri e ha aumentato la pressione della società civile sulla sfera politica, portando ad una delocalizzazione delle responsabilità politiche nei governi locali. Malgrado questi sviluppi, tuttavia, il governo nazionale è rimasto comunque predominante all’interno del processo decisionale regionale, e la figura del presidente ha mantenuto la capacità di scegliere i capi dei governi locali e poteri che spesso varcano i limiti costituzionalmente imposti

Tuttavia, oltre ai risvolti interni, l’Euromaidan e la sua natura filoeuropeista innescò la violenta reazione da parte della Russia, che nel 2014 iniziò un processo di annessione delle Crimea e fomentò la guerra nella regione orientale del Donbass.  L’ombra della Federazione Russia, che si prefigge di riportare l’Ucraina all’interno della propria zona d’influenza, o quantomeno di impedirle di essere integrata in istituzioni occidentali quali la NATO o l’UE, non ha però avuto in Ucraina gli stessi effetti sortiti in Bielorussia. Nonostante, come la Bielorussia, Minsk avesse sempre prediletto una politica multi-vettoriale, allo scoppio delle tensioni in Crimea e in Donbass, questa recideva i contatti con la Russi, fino a farli calare ad un minimo storico nel 2017. Al contempo, l’Occidente ha cominciato ad acquisire un ruolo e una influenza sempre maggiore nella politica interna del paese, a partire dall’implementazione dell’Accordo di Associazione con l’UE e l’entrata a far parte del partenariato rafforzato della NATO. Questo ha permesso all’Ucraina di liberarsi completamente dall’ingerenza russa nelle proprie politiche interne, pur tuttavia mantenendo la profonda ferita, ancora aperta, dei conflitti intra-statale in Donbass e in Crimea.

…Fino ad oggi

Nello spettro dei processi di democratizzazione post-sovietici, che tra le altre cose avrebbero dovuto implicare l’istituzione di sistemi multipartitici ed di sistemi elettorali libero ed equalitari, Ucraina e Bielorussia si pongono in netto contrasto l’una con l’altra.

Secondo la sua costituzione, la Repubblica Bielorussa dovrebbe essere uno stato democratico fondato sui principi della legalità e che riconosce e rispetta la validità delle leggi interazionali e dei suoi principi. Tuttavia, ad oggi, le istituzioni democratiche Bielorusse non stanno funzionando, sia il potere legislativo che quello giudiziario sono incentrati nelle mani del presidente Lukashenka, non esiste una opposizione coesa all’interno del paese e i mezzi di comunicazione, come le elezioni stesse, sono controllate dal regime. Tutto ciò contribuisce a rendere la Bielorussia, secondo Freedom House, un regime autoritario consolidato

Dall’altra parte, l’Ucraina è considerata ad oggi uno dei sistemi politici più liberi tra gli stati post-sovietici. Ma, sempre secondo i rapporti di Freedom House, questa non può essere considerata una democrazia a pieno titolo. La politica ucraina ha infatti periodicamente intercambiato ordini politici più liberi e meno liberi, condizionati dalla corruzione alla politica interna e dalle pressioni esterne, prime fra tutte quella della Russia su Crimea e Donbass. 

L’Ucraina ha comunque dimostrato di aver fatto grandi progressi rispetto al 1991, potendo vantare ad oggi una vibrante società civile, partiti politici organizzati e pluralismo domestico. Malgrado ciò, il suo futuro tuttavia dipende da come riuscirà ad affrontare i nuovi conflitti con la Russia, sia esterni che interni, e come potrà bilanciare la sua politica multivettoriale con i partner Occidentali. Non si può purtroppo essere altrettanto ottimisti nel caso della Bielorussia, ormai fortemente dipendente dalla Russia e ancora soggetta al regime di Lukashenka, per la quale ormai una delle poche vie per la democratizzazione sembra risiedere in un rilancio della cooperazione con l’Occidente ma, prima ancora, in una nuova, e se possibile più estesa, mobilitazione della società civile.

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