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Far saltare il banco: come il Deep State frena la transizione democratica in Sudan

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Il Center for Advanced Defense Studies – C4ADS – ha recentemente pubblicato il rapporto ‘Breaking the Bank. How Military Control of the Economy obstructs democracy in Sudan’ che traccia un quadro completo di come un cartello formato da attori affiliati allo stato stia di fatto bloccando la transizione democratica in Sudan. Tali attori costituiscono il deep state del paese, controllando le principali strutture statali nonché pezzi interi di economia, inclusi conglomerati agricoli, banche e società di importazione medica.

Il Deep State sudanese

Il Deep State sudanese, secondo la definizione data nel rapporto, è composto da ‘funzionari di grado medio-alto della sicurezza e dei servizi civili che abusano del sistema statale per mantenere la loro rete di potere economico e politico’. All’interno di esso vi sono diverse fazioni, tra cui le principali sono le Forze Armate Sudanesi (Sudanese Armed Forces – SAF), le Forze di Supporto Rapido (Rapid Support Forces – RSF) e, più recentemente, i comandanti ribelli che combattevano contro il governo federale sudanese.

In seguito al colpo di stato del 1989, l’ex-presidente Omar Al-Bashir ha messo in piedi un sistema di potere nel quale una élite ristretta a lui vicina ha potuto prosperare, consolidando il proprio controllo nei settori chiave dell’economia e traducendo il potere economico in influenza politica attraverso la nomina di funzionari in posizioni chiave della pubblica amministrazione. Ad oggi il deep state beneficia dei meccanismi stabiliti durante l’epoca Bashir. Le compagnie petrolifere, per fare un esempio, restano in mano statale, consentendo alle élite militari di controllare l’afflusso di capitali stranieri e dirigerlo verso le proprie casse. Le SAF e RSF possiedono banche, società di importazione e snodi di trasporto creando monopoli verticalmente integrati che superano la concorrenza delle imprese civili nazionali.

La transizione democratica: dalla caduta di Bashir al colpo di stato dell’ottobre 2021

L’11 aprile del 2019, Omar al-Bashir fu estromesso con un colpo di stato guidato da alti ufficiali militari che si schierarono con i manifestanti scesi in piazza contro il regime autoritario. Nell’agosto dello stesso anno, i militari sudanesi stipularono un accordo di power-sharing con i leader politici civili, inaugurando così il Civil-Led Transitional Government (CLTG). Il mandato del CLTG era la supervisione degli affari di stato fino alle elezioni politiche e lo smantellamento della rete di potere creata da Bashir attraverso la creazione del Regime Dismantlement Committee (RDC), un comitato contro la corruzione e il recupero dei beni composto da rappresentanti di partiti politici, esponenti militari e dell’intelligence. L’RDC ha emesso più di cinquecento decisioni recuperando con successo miliardi di dollari acquisiti illecitamente dall’establishment del regime Al-Bashir.

Nella sua fase iniziale, il CLTG ha ricevuto il sostegno dell’élite politico-militare, facendo registrare progressi sostanziali verso la democratizzazione del paese. Tuttavia, i conglomerati economici costituiti principalmente da RSF e SAF sono stati solo parzialmente toccati dalla transizione politica. Sebbene le reti del deep state e del precedente regime siano fortemente intrecciate, l’RDC si è ben guardato dal toccarne gli interessi vitali. Questo ha aperto una spaccatura pubblica tra i membri dell’RDC, il deep state e le Forze per la Libertà e il Cambiamento (FFC). I militari hanno accusato l’RDC di corruzione, mentre i civili hanno accusato i militari di intromissioni indebite nel mandato indipendente dell’RDC.

Queste tensioni sono sfociate, il 25 ottobre 2021, nel colpo di stato militare del generale Al-Burhan, che ha portato all’arresto del primo ministro Hamdok, della maggior parte del suo gabinetto e almeno venti membri dell’RDC. Mentre i militari hanno citato la corruzione della leadership civile come motivo del colpo di stato, la ragione profonda ha a che vedere con i tentativi di smantellamento del sistema di potere politico-economico da parte del RDC. Il colpo di stato ha rappresentato, nella sostanza, il punto di arrivo inevitabile di una serie di tensioni latenti tra la componente civile e quella militare per il controllo e la ripartizione delle risorse del paese.

Il ruolo delle imprese controllate dallo stato

Nel rapporto è stato mappato l’ecosistema delle imprese controllate dallo Stato (State-controlled enterprisesSCE) in Sudan per valutare in che modo l’establishment militare esercita il controllo sull’economia del paese, identificando 408 imprese controllate dallo stato in settori quali l’agricoltura, il sistema bancario, l’industria militare e quella delle forniture mediche. Una SCE è definita come ‘un’azienda che ha legami [strutturali] con membri del governo sudanese e/o del deep state, inclusi SAF, RSF o funzionari dell’intelligence, e vulnerabile alla manipolazione da parte di tali attori’.

È qui opportuno menzionare i casi più importanti emersi nel rapporto ovvero quello della Omdurman National Bank (ONB) e della Khaleej Bank, che le SAF e le RSF rispettivamente controllano per avere accesso alle reti finanziarie globali. Secondo il rapporto, le SAF, attraverso una rete di enti di beneficenza fittizi, possiedono l’86% delle azioni della ONB, mentre la Khaleej Bank è controllata attraverso joint venture tra le RSF e società facenti capo agli Emirati Arabi Uniti. In particolare, dal rapporto emerge che la famiglia del leader delle RSF Mohamad Hamdan Dagalo, detto ‘Hemeti’, controlli il 28% delle azioni della Khaleej Bank. Inoltre, nel consiglio di amministrazione della Zadna International Company for Investment Ltd, un conglomerato agricolo di proprietà dell’esercito che gestisce programmi di irrigazione e gestione di appezzamenti di terra, siede il fratello di ‘Hemeti’, Abdel Rahim Dagalo.

Quali conclusioni?

Il rapporto arriva così alla formulazione delle seguenti conclusioni. In primis, il controllo dell’economia da parte di attori civili è un prerequisito fondamentale per la transizione democratica in Sudan. Il governo militare sta gradualmente indebolendo le riforme democratiche fatte approvare dal governo di transizione civile e rafforzando la posizione dell’establishment nei settori economici chiave del paese. Fino a quando questa logica prevarrà, i militari continueranno a detenere tutto il potere, senza lasciare alcun margine ai civili.

A tal proposito, i paesi che cercano di sostenere la democrazia in Sudan hanno gli strumenti per indebolire l’establishment sudanese in quanto: “Governi, organizzazioni non governative (ONG) e società private hanno un ruolo nello smantellamento del deep state del Sudan attraverso sanzioni economiche, riduzione degli aiuti e una maggiore due diligence sugli investimenti privati”. Finora, le azioni dei paesi donatori hanno preso prevalentemente di mira le organizzazioni governative piuttosto che le reti finanziarie e le imprese appartenenti al potere militare.

Pertanto, la comunità internazionale può contrastare il potere dell’élite sudanese e sostenere la transizione democratica attraverso le seguenti misure: colpire le élite militari del paese e le loro attività attraverso sanzioni mirate contro imprese economiche a loro associate; riduzione del rischio per gli investimenti e gli aiuti internazionali attraverso garanzie che questi siano direttamente canalizzati a favore della popolazione locale, evitando il supporto a società associate a SAF, RSF e funzionari pubblici sudanesi; rafforzamento del sostegno alle organizzazioni civili e ai giornalisti che sostengono la trasparenza e combattono la corruzione in Sudan.

Le opinioni espresse nell’articolo non rispecchiano necessariamente quelle dell’Agenzia Italia per la Cooperazione allo Sviluppo.

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