La diffusione delle tecnologie digitali ha dato un contributo significativo allo sviluppo socioeconomico dei paesi emergenti. Per rendere il ‘Digitale per lo sviluppo’ sostenibile, equo e duraturo è fondamentale affrontare gli incidenti di cybersicurezza che sono in rapido aumento anche in Africa. Una sfida che non lascia indifferente la politica dello sviluppo dell’Unione Europa.
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Le tecnologie digitali nella politica di sviluppo dell’UE
L’Unione europea assegna alle tecnologie digitali e in particolare alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) un ruolo centrale nella sua politica di sviluppo. Nel 2017 ha pubblicato un documento di lavori dei funzionari della Commissione dal titolo ‘Digitale per lo sviluppo – Integrazione delle tecnologie e soluzioni digitali nella politica di sviluppo dell’UE’ in cui ha ribadito la promozione delle tecnologie e dei servizi digitali nei paesi in via di sviluppo in virtù del loro forte potenziale come motore di crescita inclusiva e sviluppo sostenibile. In tal senso, la politica di sviluppo dell’UE mira, in primis, a migliorare l’accesso universale a Internet a costi contenuti per creare nuovi sbocchi di lavoro, favorire l’emancipazione delle donne e stimolare la governance digitale. Tuttavia, per rendere la transizione digitale dei paesi in via di sviluppo duratura e sicura è altrettanto fondamentale rafforzare la cybersicurezza e la lotta alla criminalità informatica.
La cybersicurezza: sfida per il ‘Digitale per lo sviluppo’ sostenibile
La cyber(in)sicurezza è una minaccia reale per l’economia digitale dei paesi in via di sviluppo. Seppure la diffusione delle applicazioni innovative di mobile banking abbia aumentato il tasso di inclusione finanziaria, e con ciò anche l’inclusione economica di buona parte della popolazione, il settore finanziario figura tra i più vulnerabili agli attacchi informatici. Un’occhiata all’Africa orientale dimostra le dimensioni economiche della criminalità informatica, specialmente nell’ambito della finanza digitale. Si stima che le imprese ugandesi subiscano danni fino a 42 milioni dollari americani (circa 36 milioni euro) all’anno per attacchi on-line; l’Ufficio ruandese d’investigazione ha registrato una perdita economica di 6 miliardi franchi (circa 5 milioni euro) nel solo 2018, un notevole aumento dai 400 milioni franchi (circa 440.000 euro) dell’anno precedente per frodi informatiche. Il Kenya, hub per l’innovazione e la tecnologia in Africa orientale, ha combattuto oltre 26 milioni minacce informatiche da aprile a giugno 2019. L’enorme costo economico va a braccetto con il rischio reputazionale del settore che comporta la diffidenza della popolazione nei confronti delle tecnologie digitali. È dunque indispensabile rafforzare la sicurezza nel cyberspazio per prevenire nuovi attacchi e minacce e sfruttare a pieno il potenziale della digitalizzazione per lo sviluppo socioeconomico.
Misure politiche e legislative in Africa
Il principale strumento politico relativo alla cybersicurezza in Africa è la ‘Convenzione dell’Unione Africana sulla cybersicurezza e la protezione dei dati personali’ del 2014, un omologo della Convenzione sulla criminalità informatica (2001) del Consiglio d’Europa. Tuttavia, le iniziative legislative nazionali rimangono contenute. Ad oggi solo 39 dei 54 paesi africani hanno adottato una normativa in materia di reati informatici, 33 paesi del continente disciplinano le transazioni on-line e solo 28 governi hanno attuato leggi nazionali per la protezione dei dati e della privacy. Anche tra i quadri normativi degli Stati membri della Comunità dell’Africa orientale persistono differenze sostanziali. Ad esempio, né Kenya né Uganda hanno firmato la Convenzione sulla cybersicurezza, seppure Kenya abbia adottato una normativa in tutti e tre gli ambiti – reati informatici, transazioni on-line e protezione dei dati e della privacy. Ruanda e Uganda si sono dotati di una legislazione in tema di cyber criminalità e transazioni on-line, ma devono ancora approvare il rispettivo disegno di legge per la protezione dei dati e della privacy.
Quale ruolo per le potenze mondiali come l’UE?
La cybersicurezza sul continente africano ha un impatto diretto e profondo sulle potenze mondiali. Dato il vasto numero di incidenti transfrontalieri a livello mondiale prevale il detto ‘una catena è forte quanto il suo anello più debole’. In uno cyberspazio senza vere frontiere un’operazione informatica coercitiva può prendere avvio nella rete di un paese in via di sviluppo e man mano penetrare i sistemi di paesi più avanzati. Allo stesso tempo i paesi donatori, compresi tanti Stati membri dell’UE nonché l’UE come tale, hanno un concreto interesse che i loro sforzi per lo sviluppo digitale non si vanifichino di fronte ad una cybersicurezza troppo debole. Pertanto, i paesi africani non possiedono attualmente le capacità informatiche necessarie per far fronte agli attacchi sempre più sofisticati e dipendono dalle potenze mondiali per rafforzare la propria resilienza cibernetica. A tal proposito il documento di lavori dei funzionari della Commissione sul ‘Digitale per lo sviluppo’ concepisce un triplice approccio alla cybersicurezza. Innanzitutto, i donatori provvedono al sostegno finanziario-tecnologico. Assistono, poi, nell’elaborazione delle politiche digitali locali e nella definizione di quadri regolamentari. Infine, promuovono il rafforzamento delle capacità informatiche, anche attraverso progetti di educazione digitale di base.
In conclusione, la cybersicurezza non è soltanto un aspetto secondario nella politica di sviluppo dell’UE ma definisce i limiti del ‘Digitale per lo sviluppo’. Anche qui, ogni elemento della politica di sviluppo incentrata sulle tecnologie digitali è forte solo quanto la sua componente più debole.