Fallita la guerra manovrata, quella che i Russi stanno portando avanti in Ucraina, ed in particolare nel Donbass, è una materialslacht, una “guerra di materiali”, uno scontro votato al logoramento strategico delle forze armate ucraine. La “guerra di materiali” ha come basi irrinunciabili lo spreco organizzato delle risorse, sostenuto da una mobilitazione totale per il loro ricambio. Sotto tale aspetto, almeno in questa fase, la Russia sta prevalendo sull’Ucraina.
Il fuoco d’artiglieria usato “a massa” ha consentito ai Russi di innescare la crisi tattica ucraina, acuita dalla perdita in rapida successione di Popasna (19/06) e di Zolote (24/06). La conquista di entrambe le città da parte russa ha costretto gli Ucraini a ritirarsi da Severodonetsk, divenuta ormai indifendibile, così come indifendibile a breve diventerà anche Lysyschansk, la cui utilità era legata al fatto di essere un’ottima postazione di tiro per rintuzzare, dalle alture, l’offensiva dei Russi sulla città gemella in riva al fiume Donets.
La crisi tattica ucraina non è, però, divenuta strategica, poiché i Russi, pur riuscendo ad avanzare, non hanno la velocità atta ad impedire la ritirata in buon ordine del nemico. Le difese ucraine vengono infatti surclassate dal massiccio uso dell’artiglieria utilizzata non come arma di supporto (dunque a fini meramente tattici) ma come arma centrale della guerra russa, e dunque con finalità strategiche; cioè, le forze russe non sconfiggono gli Ucraini tramite azioni manovrate, ma colpendo insistentemente le loro posizioni, ingaggiando piccole materialslacht nelle quali, seguendo una scala incrementale, il nemico non è in grado di competere in termini di uomini e risorse da gettare nel calderone. La chiusura della sacca di Zolote, dove sono rimasti intrappolati e costretti alla resa circa 2.000 soldati ucraini, avvenuta tra il 21 e il 24 giugno, è stata l’esempio lampante di queste scelte operate dai comandi militari russi.
Zolote, cittadina di circa 14.000 abitanti nel Distretto di Popasna (Oblast di Lugansk), costituiva una fondamentale postazione dell’artiglieria ucraina dalla quale disturbare le operazioni russe più a nord, attorno a Severodonetsk. Anziché avanzare sotto il fuoco dell’artiglieria ucraina annidata sulla collina, i Russi hanno preferito annichilire qualunque resistenza attraverso intensi bombardamenti condotti con lanciarazzi BM-21 “Grad” (grandine), particolarmente adatti al fuoco di saturazione. Gli Ucraini sono stati perciò immobilizzati nei loro bunker ed impossibilitati a rispondere con efficacia. Chiusa ogni via di fuga e di rifornimento, ai difensori non è rimasto altro da fare che arrendersi.
Ora, attuando un ripiegamento graduale dal Donbass, è possibile che gli Ucraini scelgano di lanciare alcune controffensive in punti strategici per tenere aperte le vie della ritirata, in particolare sulle “punte estreme” delle ali delle tenaglie russe. La migliore opzione di “grande tattica” in inferiorità numerica – sia in termini di uomini che di armi ed equipaggiamenti – per contenere l’avanzata nemica è manovrare per linee interne, creando una superiorità “settoriale” nel punto che si vuole colpire. Gli Ucraini hanno attuato una “manovra centrale” nella prima fase della battaglia del Donbass, su una corda tesa che andava da Popasna a Lyman – con Severodonetsk come estremità dell’arco difensivo – riuscendo a rintuzzare gli attacchi russi. Per tenere aperta la via della ritirata, manovrare per linee interne è l’unica soluzione plausibile.
La “cintura difensiva” nel Donbass, caduta Severodonetsk, sta assumendo una forma schiacciata verso ovest ed il suo baricentro è ormai diventata la linea Kramatorsk-Bakhmut. In questo contesto, gli attacchi russi si concentreranno sui settori Lyman-Dobropillia (con epicentro Kramatorsk) e Bakhmut-Kurakhov. Nuova importanza tattica e strategica la assumeranno centri come Pokrovsk e Rodynske, oltre alle già note Dobropillia e Oleksandrivka.
La situazione militare nel Donbass per gli Ucraini è diventata fragile, ciò nonostante, la conformazione geografica e la distribuzione antropica della regione aiutano una “difesa naturale” del territorio ed impediscono ad un esercito pesante e con meccanismi logistici tendenzialmente inceppati come quello russo di avanzare rapidamente. Resistere ora il più a lungo possibile sembra essere una necessità assoluta per gli Ucraini, anche perché, superato il Donbass, i Russi si ritroverebbero su terreno nettamente più favorevole e si ripresenterebbe per Kiev l’incubo strategico della prima fase della guerra.
Resta però l’incognita sotto il profilo politico, cioè se per Kiev il Donbass sia “sacrificabile” o meno.