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Covid-19Covid-19 e il futuro dei lavoratori

Covid-19 e il futuro dei lavoratori

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L’emergenza derivante dalla pandemia Covid19 ha messo in discussione complessivamente gli stili di vita, le abitudini quotidiane, le relazioni sociali e tra queste, in particolare nel nostro Paese, i rapporti di lavoro.

In poche settimane sono stati destabilizzati anni caratterizzati da un’organizzazione del lavoro statica, sistemi di controllo gerarchizzati, orari di lavoro mediamente con scarsa flessibilità e comparti, come quello agricolo, dall’alta presenza di mano d’opera straniera non tutelata. Di contro sono stati improvvisamente tornati all’attenzione di tutti, lavori umili e mal considerati; è stata giustamente rivalutata la professionalità dei lavoratori della Sanità pubblica; l’attenzione alla sicurezza del lavoro è tornata all’ordine del giorno della politica e del confronto fra le parti sociali. Anche il mondo del lavoro e delle produzioni ha visto in pochi giorni, superare convinzioni consolidate in questi primi venti anni del nuovo secolo.

Il Primo Maggio 2020, si celebra pertanto nell’irritualità dello schermo di un PC o di una TV e senza la partecipazione e il contatto sociale che sono stati gli elementi caratterizzanti della storia del mondo del movimento dei lavoratori. Sarà l’occasione comunque di riaffermare valori che negli anni le Organizzazioni Sindacali hanno posto all’attenzione delle Istituzioni Pubbliche nazionali e internazionali, delle Associazioni Datoriali e dell’opinione pubblica, che si possono sintetizzare in alcuni e seguenti obiettivi: sviluppo, occupazione, sicurezza e sostenibilità degli ambienti di lavoro, un sistema di welfare inclusivo e partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese.

Quelli che continueremo ad affrontare, appena saremo in grado di riaprire il Paese nella sua complessità, saranno ancora questi temi, costretti però a farlo sulla base di paradigmi diversi, per molti versi drammatici, per le conseguenze che il COVID19 lascerà. Gli interventi per salvaguardare le migliaia di lavoratori che perderanno il posto di lavoro, dovranno trovare risposte nel rilancio degli investimenti pubblici e nello sblocco della realizzazione delle opere già programmate, superando la burocrazia frenante, sempre nel rispetto delle regole, ma con tempi assolutamente diversi. L’applicazione del protocollo sulla sicurezza siglato tra Governo e parti sociali con la revisione dei layout e la sanificazione degli ambienti di lavoro dovranno vedere, come previsto, un coinvolgimento diretto di chi lavora nella quotidianità e interventi pubblici mirati a sostegno, magari attraverso la leva fiscale. Inoltre nella rivalutazione del sistema di welfare pubblico e la garanzia della continuità dei finanziamenti per gli ammortizzatori sociali, le spese dello Stato e degli Enti Locali, al netto degli sprechi, non dovranno essere più sottoposte alle limitazioni scontate nei decenni precedenti. E ancora, le limitazioni di questi giorni, hanno dimostrato che il lavoro a distanza, sia smart working sia telelavoro (quello più utilizzato in questo periodo di emergenza), può essere utilizzato senza particolari problemi, superando i pregiudizi e l’ostruzionismo che spesso le aziende hanno mostrato rispetto a queste soluzioni organizzative. Infine un pensiero all’Unione Europea, della quale, proprio nel momento di massima contraddizione interna, si è sentito il bisogno. Il movimento sindacale ha sempre sostenuto e continuerà a sostenere l’obiettivo dell’unità fra popoli e Stati; questo si dovrà manifestare attraverso la realizzazione di una vera e stabile unità politica. Non si potrà affidare l’economia e la prospettiva post COVID19 a compromessi fragili a livello europeo, pena la perdita dell’identità continentale ed il serio rischio della perdita di autonomia a vantaggio di altre potenze.  

Insomma un Primo Maggio 2020 diverso, ma con gli stessi problemi, amplificati però da questa crisi imprevista e destabilizzante, che saremo in grado di superare soltanto attraverso decisioni coraggiose, cercando di evitare di allargare le disuguaglianze.

Antonello Assogna,
Fondazione Tarantelli

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