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TematicheSpazioCosa resta dopo VEGA-C?

Cosa resta dopo VEGA-C?

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Per operare nello spazio è prima di tutto essenziale sapervi accedere. Banale, tanto quanto difficile è invece la messa in pratica. Il successo del volo inaugurale del nuovo vettore europeo di concezione italiana VEGA-C alleggerisce un po’ gli animi di quello che fino ad oggi può definirsi un «annus horribilis» per l’Europa spaziale, con appena tre lanci all’attivo; quattro se si considera il decollo dell’ultimo vettore russo Soyuz dallo spazioporto di Kourou lo scorso 16 febbraio, circa una settimana prima di quella che poi diventerà l’invasione russa dell’Ucraina. La conseguente interruzione dei rapporti di collaborazione tra l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e l’omologa russa ROSCOSMOS ha lasciato improvvisamente l’Europa priva della disponibilità dei vettori russi dimezzando, di fatto, le sue capacità di accesso allo spazio esterno. 

Dallo scorso mese di giugno, si aggiunge anche la notizia del rinvio (il secondo) del volo di qualifica del futuro lanciatore di punta continentale, l’ARIANE-6. Un lanciatore -per scelta- tradizionale e che, nonostante non abbia ancora volato, è stato già definito a più riprese non competitivo per gli scenari attuali e futuri. Un pericoloso “collo di bottiglia” per l’Europa, che già oggi vede diversi programmi spaziali continentali -anche strategici- costretti a rimanere fermi sulla Terra. 

Niente più Soyuz: dimezzata la capacità europea di accesso allo spazio

Ad oggi, a catalogo, la flotta europea di lanciatori offre tre diverse tipologie di mezzi di trasporto spaziale: il lanciatore pesante ARIANE-V prossimo alla pensione, il lanciatore medio-leggero russo SOYUZ ad oggi non più disponibile, ed il lanciatore medio-leggero di concezione italiana VEGA. Proprio a partire dalla neo-versione operativa «C» (Consolidation) del VEGA, l’Europa ha iniziato a muovere i primi passi per sostituire -questo l’obiettivo- la sua dipendenza dai vettori russi Soyuz commercializzati da Arianespace. Obiettivo che vedrà consolidarsi sempre più anche attraverso la futura ed ancora più performante versione “luxury” del VEGA: il «VEGA-E» (Evolution?). Con l’interruzione dei rapporti di collaborazione tra ESA e ROSCOSMOS su tutte le attività tecnico-scientifiche ed i programmi spaziali tra loro in essere -Stazione Spaziale Internazionale (ISS) esclusa, per ora- l’oggi vede l’Europa improvvisamente sprovvista della capacità di trasporto spaziale prima assicurata attraverso i vettori russi Soyuz. Situazione frutto delle risposta di Mosca alle sanzioni ed al posizionamento europeo conseguente l’invasione dell’Ucraina e che, dallo scorso mese di marzo, ha visto il completo ritiro di tutto il personale tecnico russo dallo spazioporto europeo di Kourou; lì dislocato in supporto alla preparazione al lancio proprio dei vettori Soyuz. Un duro colpo, anzi durissimo, per le attività spaziali e di lancio europee, difficilmente “non prevedibile” dagli stessi vertici dell’ESA. I vettori Soyuz costituivano proprio i lanciatori più utilizzati dall’Europa per la messa in servizio -ovvero in orbita- di importanti programmi spaziali europei: istituzionali, scientifici e commerciali. Rispettivamente, dal punto di vista dei programmi spaziali «istituzionali», fino ad ora, a pagare il prezzo maggiore è senza ombra di dubbio il programma satellitare europeo GALILEO: il sistema di posizionamento globale ad oggi più avanzato, nonché diretto concorrente del GPS americano, GLONASS russo e BeiDou cinese. Per l’anno in corso, due erano le missioni programmate mediante l’utilizzo di due vettori Soyuz. Missioni che non verranno quindi effettuate quest’anno e che  costringono a rimanere in attesa sulla Terra i quattro nuovi satelliti di seconda generazione (Galileo-29, 30, 31 e 32). Stessa sorte è toccata al satellite «Sentinel-1eC», parte integrante dell’altrettanto strategico programma satellitare europeo di Osservazione della Terra denominato COPERNICUS. Lancio anch’esso previsto fosse operato per l’anno in corso mediante l’utilizzo di un lanciatore Soyuz, così come avvenuto per i precedenti 7 satelliti che tutt’oggi compongono la costellazione europea. Sentinel-1C che tuttavia, stando alle dichiarazioni di ESA, è previsto sia decolli verso lo spazio all’inizio del 2023 mediante l’utilizzo del nuovo vettore europeo VEGA-C. Lancio che costituirà, di fatto, il primo concreto balzo in avanti dell’Europa verso l’indipendenza dai vettori russi. Dal punto di vista scientifico invece, ad oggi è certamente la missione EUCLID quella più a rischio di rimanere a terra, e per la quale -così come per i 4 attuali e futuri satelliti GALILEO di seconda generazione- è necessario si trovi una soluzione alternativa il più presto possibile, ammesso e non concesso che una soluzione nel breve termine esista e possa essere trovata. Vista la stazza del satellite, il lancio di EUCLID originariamente previsto con un vettore Soyuz entro la fine dell’anno, non potrebbe in questo caso essere operato con un VEGA-C, ma più probabile da un “operatore terzo”. Scenario che per l’Europa significherebbe una ed una sola opzione: Stati Uniti, a sua volta sinonimo di Space-X quando si parla di lanci commerciali privati. Soluzione che, qualsiasi essa sia, se non trovata ed in fretta costringerebbe l’ESA a rimandare anche questa missione, con conseguenti ulteriori impatti sui costi. Nel 2021, ArianeGroup ha fatto registrare un numero totale annuo di lanci pari a 15, tutti eseguiti dallo spazioporto francese di Kourou. Nove di questi -il 60% del totale- hanno visto l’utilizzo di vettori russi Soyuz. Lanci questi tutti dedicati alla messa in orbita della costellazione satellitare privata della società anglo-indiana OneWeb.

In linea generale, per un satellite, specialmente se caratterizzato da una elevata complessità, il cambio di lanciatore non è affatto un processo indolore. Ogni vettore, infatti, oltre alle relative differenze dimensionali –ingombri e geometrie-, è caratterizzato da determinate prestazioni che possono impattare significativamente i vari “passeggeri”. Vibrazioni, emissività elettromagnetica, sollecitazione strutturale, etc. sono tutti aspetti che in caso di “cambio di mezzo di trasporto” possono costringere il generico operatore satellitare a dover riqualificare in toto il proprio satellite -o tutti i propri satelliti- con conseguenti aggravi sui costi di sviluppo, ulteriormente penalizzati da quelli derivanti dai conseguenti ritardi nei ricavi dei “servizi spaziali” quindi ritardati. Una corsa contro il tempo quella dell’Europa, vista anche la contemporanea indisponibilità del futuro lanciatore-pesante ARIANE-6. 

L’Europa sta perdendo la corsa allo spazio?

Il penultimo lancio di un ARIANE-V è avvenuto quasi 8 mesi fa. Alla fine dello scorso anno, il 25 dicembre 2021, venne inserito in orbita il più potente -e costoso- telescopio che l’uomo abbia mai costruito: il James Webb Space Telescope (JWST). Una missione di assoluto prestigio quella affidata dalla NASA ad Arianespace, che da allora però ha fatto registrare appena tre lanci. Solo due hanno visto l’utilizzo di vettori europei: il decollo lo scorso 22 giugno del primo ARIANE-V del 2022 (missione VA257) –il primo degli ultimi cinque previsti prima del suo definitivo pensionamento– e quello del già citato VEGA-C. L’Europa muove quindi timidamente la casellina da zero lanci nel 2022, ad appena due lanci in otto mesi, se si esclude il già citato lancio dei satelliti OneWeb dello scorso 10 febbraio operato però con un lanciatore russo Soyuz. Per capire la dinamicità del contesto internazionale, in questi otto mesi del 2022, gli Stati Uniti hanno effettuato qualcosa come 38 lanci, la Cina 23, la Russia 9, l’Australia 5. Dal punto di vista istituzionale, due dei tre lanci del 2022 fino ad oggi operati da ArianeGroup -il 75% del totale quindi- ha riguardato clienti esteri. È proprio il debutto della versione «C» del vettore VEGA ad aver fatto registrare il primo lancio del 2022 operato da un vettore europeo per attività spaziali di un paese europeo. Poco, pochissimo, per un Continente che vuole aspirare ad esercitare un concreto ruolo di attore politico a livello globale. Ruolo che, oggi più che mai, non può prescindere da consolidate, estese ed indipendenti attività spaziali, come quelle di poter assicurare un continuativo accesso autonomo allo spazio esterno

ARIANE-6: poco competitivo ed ora anche pericoloso “collo di bottiglia”?

Nelle sue due versioni previste a due e quattro booster laterali, l’ARIANE-6 costituisce la futura spina dorsale delle capacità europee (per carichi medio-pesanti) di accesso autonomo allo spazio esterno, insieme al fratello minore VEGA-C ed il futuro VEGA-E. Il secondo rinvio del suo volo di qualifica inizia a generare reali preoccupazioni, mettendo l’Europa in una posizione di forte difficoltà creando un pericoloso “collo di bottiglia” per il mantenimento delle sue autonome capacità di accesso allo spazio esterno con gli effetti prima descritti, aggravati da una ulteriore perdita di sovranità perché costretta a rivolgersi ad enti terzi -verosimilmente gli Stati Uniti- che sono competitors in quello che è il dominio spaziale. Numeri alla mano -quelli reperibili pubblicamente almeno- nella sua versione più potente a “4 boosters laterali”, l’ARIANE-64 è in grado di inserire in orbita bassa (ma a basse inclinazioni) un carico utile di circa 21 tonnellate, a fronte delle 23 invece garantite dal Falcon-9 di Space-X, ad oggi il vettore di riferimento del mercato spaziale commerciale a livello mondiale. Prestazioni simili quindi? Non proprio, e con una differenza abissale: il vettore americano è parzialmente riutilizzabile, quello europeo è invece puramente tradizionale: totalmente a perdere. Una scelta progettuale questa assunta nel Consiglio direttivo dell’ESA del 2 dicembre 2014, sul cui tavolo vi era anche la possibilità da parte europea di sviluppo di un lanciatore parzialmente riutilizzabile, proprio come l’attuale Falcon-9 americano. Una soluzione allora giudicata “troppo audace”, e che ha invece condotto a scelta strategica rivelatasi errata da parte dei Governi degli Stati membri dell’ESA. Con la soluzione ad oggi in essere, già la sola versione base a due booster laterali ARIANE-62 avente una capacità di carico utile in orbita bassa di 10 tonnellate –meno del 50% del Falcon-9– arriverebbe a costare non meno 77 milioni di dollari. Si superano abbondantemente i 100 milioni di dollari per la versione a quattro booster. Anche se il costo di un Falcon-9, nel 2022, ha fatto registrare un incremento dell’8% -figuriamoci per gli ARIANE che ancora devono volare- si parla di 67 milioni di dollari per singolo lancio con, appunto, capacità di carico utile fino a 23 tonnellate in orbita bassa. Aspettando Blue-Origin, con questi numeri e questi record, Space-X continua ad erodere in maniera sempre più aggressiva e significativa la quota di mercato dei lanci commerciali di ArianeGroup la quale aveva raggiunto il 40% del valore totale mondiale. Leadership sottratta nel 2017 proprio da Space-X grazie al suo modello di business basato su quel concetto rivoluzionario di vettori riutilizzabili. Come detto, tecnologia non implementata da ARIANE-6 e che non si vedrà in Europa almeno fino al 2026, per poi essere applicata non su lanciatori di grossa taglia ma solo sui piccoli micro-lanciatori; quindi, assolutamente non in grado di impensierire i vertici delle aziende private statunitensi, Blue-Origin compresa.

Il Ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire, riguardo la scelta di sviluppare una “soluzione tradizionale” per l’ARIANE-6, in una conferenza stampa rilasciata nel settembre del 2020, affermava: “L’avventura spaziale europea è magnifica, ma nel 2014 c’era un bivio e non abbiamo preso la strada giusta”. Aggiunge infine, quasi lapidario: “Avremmo dovuto fare la scelta di un lanciatore riutilizzabile. Avremmo dovuto avere questa audacia“. Qui entra quindi in gioco lo sforzo condotto dal Commissario Thierry Breton, ovvero quello di tentare di -letteralmente- vincolare i governi europei all’utilizzo di ARIANE-6. Una sorta di “buy-European act” che interessi anche il settore europeo dei lanciatori e che faccia dei Paesi membri dell’Agenzia Spaziale Europea «l’ancor-customer» oggi mancante ed in grado di sostenere lo sviluppo e la crescita di ARIANE-6: ci si augura che la stessa passione e determinazione -per lo più francesi- portino all’applicazione delle stesse politiche di promozione ed investimento anche per VEGA, l’unico avanzato vettore Europeo oggi operativo e che ha dimostrato prestazioni eccellenti a livello mondiale nel suo segmento. Strategia di uno “space-by European act” che, di riflesso, potrebbe anche portare ad una “chiusura” verso l’esterno del mercato dei Europeo dei lanciatori, in quanto altri sarebbero indotti ad attuare politiche simili. Piano, quello di Breton, che prevede una maggiore possibilità di utilizzo a quei Paesi che, in proporzione, hanno investito di più nello sviluppo di ARIANE-6: questo non significa avere uno sconto sul costo del singolo lancio, che rimane come visto non competitivo rispetto al concorrente di punta americano Space-X.

ARINAE-6: non ad impatto zero per VEGA 

Dal punto di vista operativo, in entrambe le versioni che verranno commercializzate, i booster laterali di ARIANE-6 saranno costituiti dal primo stadio a propulsione solida del vettore VEGA: i motori italiani P-120C prodotti da AVIO. Questo significa che nella versione base a due booster laterali (ARIANE-62) saranno necessari due primi stadi di VEGA, quattro invece per la versione “full” (ARIANE-64). Col recente mega-contratto siglato con Amazon per il progetto della costellazione privata (statunitense) «Kuiper», ad ArianeGroup viene richiesta la fornitura di ben 18 lanciatori ARIANE-6 in un lasso di tempo peraltro ristrettissimo: tre anni. Supponendo venga impiegata la versione base a “due booster” laterali, questo significa che AVIO vede commissionarsi -come minimo- la produzione di ben 36 P-120C, quindi potenzialmente 36 VEGA. Tutti però da dedicare esclusivamente alle attività commerciali di ARIANE-6. Visti i suoi continui ritardi che stanno facendo preoccupare anche la stessa Amazon, quali saranno -perché ci saranno- gli impatti sul destino operativo e commerciale di VEGA-C se le linee produttive di AVIO saranno necessariamente concentrate -per non dire saturate- nella produzione di motori per ARIANE-6 e non per VEGA? 

Sarebbe questa -ed in parte in già lo è- una doppia, ulteriore, beffa per lo spazio europeo che continua a sostenere un lanciatore non competitivo, sia dal punto di vista prestazionale che commerciale, a discapito invece dell’unico -per ora- vettore europeo dalle indiscusse ed eccellenti prestazioni a livello mondiale, e la cui futura ed ancor più avanzata versione “E” sarà anche potenzialmente in grado di offuscare l’operatività di ARIANE-6. Motivo per cui lo stesso Governo francese si è sempre espresso contrario al suo sviluppo, ma che ha trovato comunque il modo di averne una sorta di “indiretto” controllo.

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