Sono tempi duri per la democrazia: in Occidente la crisi dei sistemi democratici è divenuta una questione all’ordine del giorno, ed è diventata oggetto dello confronto/scontro politico e tema di dibattito accademico, di analisi e di studi. Insomma: sono tempi duri per la democrazia. Ma non a Taiwan.
Poco più di una settimana fa, il 20 maggio scorso, nella Repubblica di Cina (Taiwan) si è insediato il suo nuovo Presidente, il quattordicesimo: Tsai Ing-Wen. Proveniente da una famiglia della media borghesia imprenditoriale taiwanese, laureata in giurisprudenza, dottorato in Diritto presso la “London School of Economics and Political Science”, esperta di politica economica internazionale, Tsai Ing-Wen è la prima donna a divenire presidente di Taiwan. Inoltre il nuovo Presidente è il primo candidato del Partito Democratico Progressista (Dpp) ad aver ottenuto la Presidenza della Repubblica e la maggioranza dei seggi nello Yuan legislativo (il parlamento taiwanese, nda). Un avvenimento interpretato da più parti, interne ed esterne all’isola di Formosa, come l’ennesimo passo in avanti della giovane democrazia taiwanese, ormai annoverabile tra i sistemi democratici dotati di stabilità e alternanza. Un’alternanza, quella tra il Dpp e il Kuomintang, che rappresenta il segno più evidente di un sistema fortemente bipolare, praticamente bipartitico, fondato soprattutto su una frattura politica tra i due partiti su una questione storicamente centrale per Taiwan: i rapporti con la Cina popolare.
Nel suo discorso di insediamento la Presidente Tsai Ing-Wen ha esposto quali saranno le principali direttrici della sua azione di governo: la prima, una riforma del sistema economico che punti maggiormente sull’innovazione tecnologica, sull’occupazione e una più equa distribuzione della ricchezza; la seconda, un rafforzamento della rete di protezione sociale dei cittadini, partendo dalla sicurezza fino ad arrivare alle pensioni; la terza, equità sociale e giustizia, anche in questo caso intesa su un ampio spettro di temi, quali ad esempio la questione delle comunità indigene dell’Isola di Formosa o la riforma del sistema giudiziario; la quarta, i rapporti con la Cina popolare; la quinta, un maggior impegno del governo sulle relazioni internazionali e le questioni sul tavolo a livello globale, dai rapporti bilaterali con altre democrazie (Stati Uniti, Giappone e i paesi dell’Unione Europea) fino a quelle inerenti il cambiamento climatico, come l’accordo COP21. Sebbene siano stati posti nella seconda metà del discorso, molti commentatori ritengono che saranno proprio gli ultimi due punti ad essere centrali per il futuro di Taiwan, sia sotto il profilo strettamente politico che sotto il profilo economico.
Dopo anni di forte spinta diplomatica per una normalizzazione dei rapporti con la Repubblica Popolare portata avanti dal precedente Presidente, Ma Ying-jeou, Tsai Ing-Wen ha venato la sua campagna elettorale con un deciso indipendentismo. Tuttavia, nel suo discorso di insediamento, non ha mancato di sottolineare la necessità di maggiori sforzi per riavvicinare le parti, nonostante la Cina popolare, dopo le elezioni, abbia mostrato la propria insoddisfazione per la nuova linea politica del governo di Taipei. Anche perché la crescita economica di Taiwan è stata costruita soprattutto sulla base del legame sempre più stretto tra economia taiwanese ed economia della Cina comunista, creando così una situazione che ha reso l’economia di Taiwan dipendente da quella di Pechino.
È in questa difficile situazione che dovrà destreggiarsi la nuova Presidente: da una parte, dovrà cercare di migliorare le relazioni con Pechino sia per questioni geopolitiche che economiche senza per questo cedere a prepotenze di sorta; dall’altra, dovrà cercare di rendere meno dipendente Taiwan dalla Repubblica popolare – soprattutto a livello economico – aumentando i propri sforzi nel campo di accordi commerciali con paesi dell’area partecipando ad accordi e tavoli internazionali su questioni di carattere globale e migliorando ulteriormente i rapporti bilaterali con altre democrazie. Un ambito su cui l’azione del Presidente Ma era stata già molto incisiva non solo verso i paesi alleati più vicini, ma anche verso altri paesi o regioni, come ad esempio l’Unione Europea. Ed è una strada che, come sottolineato dal nuovo Presidente, Taiwan continuerà a percorrere.
C’è da aspettarsi quindi che i rapporti tra Taiwan, la Cina e il resto del mondo, saranno le questioni centrali dell’azione del governo di Taipei, anche sul piano economico. Lo status di Stato de facto, ma non riconosciuto dalla stragrande maggioranza della comunità internazionale – essenzialmente per ragioni di buoni rapporti tra la stessa comunità internazionale e la Cina comunista – rimane ancora il principale ostacolo per il commercio e l’economia di Taiwan nel suo complesso. E sarà la principale sfida per Tsai Ing-Wen. Ci vorrà del tempo per valutare l’azione del nuovo esecutivo, tenendo conto anche degli equilibri e delle strategie degli altri attori dell’area, in particolare della Cina popolare. Tuttavia Taiwan ha mostrato negli ultimi anni di sapersi destreggiare con intelligenza e scaltrezza all’interno del contesto internazionale ed è su questa abilità diplomatica che il governo di Taipei dovrà puntare per garantire al paese ulteriore sviluppo e benessere.