Il lancio del razzo Nuri di fine giugno, con conseguente inserimento in orbita di un gruppo di satelliti, rappresenta uno step fondamentale per quel che riguarda le capacità di lancio autonome della Corea del Sud. I progressi nel settore spaziale, che interesseranno tutt’altro che indirettamente anche le capacità militari della potenza asiatica, la pongono tuttavia sempre più sotto gli occhi attenti e ansiosi di Pechino. La cooperazione con gli Stati Uniti per quel che concerne materie spaziali, infatti, potrebbe suscitare le ire della Cina come accadde per il sistema THAAD, nel 2017. Che la Corea stia scomodando Taiwan da equivalente asiatico dell’Ucraina?
“La strada per lo spazio dalla Repubblica di Corea è aperta”
Il 21 giugno 2022 è un giorno storico per la Corea del Sud. Alle 16:00 KST (le 9:00 italiane), dalla rampa di lancio LC-2 del Naro Space Center è decollato il razzo di seconda generazione KSLV-2 (Korea Space Launch Vehicle), anche chiamato “Nuri”, interamente sviluppato dal Korea Aerospace Research Institute (KARI). Si è trattato del secondo tentativo di Seoul di accedere allo spazio esterno dopo il successo del lancio di un KSLV-1 nel gennaio 2013, un vettore tuttavia non interamente coreano. I primi stadi del KSLV-1 erano infatti costituiti dal modulo russo Universal Rocket Module URM-1, facendo in qualche modo dipendere il programma spaziale sudcoreano da forniture estere; lo stesso lancio del 2013 avvenne anche sotto la supervisione di ingegneri russi.
Un primo test con Nuri era stato fatto nell’ottobre dello scorso anno, quando il vettore, pur avendo raggiunto la quota prevista, a causa dello spegnimento prematuro (46 secondi in anticipo) del motore del suo terzo stadio, fallì proprio nell’inserire in orbita un dummy payload da 1,5 tonnellate (un carico non funzionale che viene utilizzato nei test dei vettori per evitare di “sprecare” strumentazioni ben più costose), il quale finì per ricadere sulla Terra, a Sud dell’Australia. Con il lancio di fine giugno, invece, per la prima volta la Corea del Sud inserisce con successo in orbita eliosincrona (a circa 700 km di distanza dalla superficie terrestre) un carico di 1,48 tonnellate comprensivo di PVSAT (Performance Verification Satellite) al cui interno sono stati montati quattro CubeSat realizzati da università coreane, i quali saranno rilasciati nei prossimi giorni. La Corea del Sud è dunque l’undicesimo paese nella storia a riuscire nell’impresa di inserire un satellite in orbita avvalendosi di capacità totalmente indipendenti.
Nel confermare ufficialmente il successo del lancio, il Ministro della Scienza e delle ICT, Lee Jong-ho, ha annunciato che il governo di Seoul finanzierà altri quattro lanci del Nuri entro il 2027, come parte degli sforzi di rafforzare ulteriormente il programma spaziale della Repubblica di Corea. Sebbene quest’ultima sia di fatto tra gli “ultimi arrivati” nel panorama della corsa globale allo sviluppo di tecnologie spaziali, grazie a ingenti investimenti pubblici viaggia a un ritmo elevatissimo, ponendosi obiettivi da grande potenza spaziale (è prevista per l’agosto di quest’anno l’inaugurazione della missione “Danuri”, che lancerà il primo orbiter lunare sudcoreano).
Il successo del lancio del KSLV-2 è dunque la più evidente testimonianza delle ambizioni spaziali di Seoul, che intende diminuire il gap con le altre potenze spaziali sul piano commerciale e non solo. Un programma spaziale che si rispetti ha infatti bisogno di una spina dorsale. Disporre di un lanciatore “indigeno” (come il Nuri) e avere, quindi, capacità di lancio autonome, è fondamentale anche e soprattutto perché permette di scegliere cosa inserire in orbita senza essere soggetti all’influenza di fornitori o potenze straniere. Un vantaggio strategico non indifferente, considerata la natura duale della stragrande maggioranza delle apparecchiature satellitari. La nazione asiatica non intende limitare le proprie capacità di accesso allo spazio alla sola orbita bassa (LEO). Seoul è pronta ad allocare miliardi di won per sviluppare tecnologia e componenti necessarie per la costruzione di un nuovo, più potente, motore a propellente liquido, fondamentale per la prossima generazione di lanciatori sudcoreani, finalizzati al raggiungimento di orbite “strategiche”.
La difesa dello spazio e la collaborazione con gli Stati Uniti
Lo “spazio Coreano”, come nel caso di quasi tutte le potenze spaziali del globo, non ha esclusivamente una dimensione civile. Nell’agosto dello scorso anno la Repubblica di Corea ha annunciato un piano di investimenti di 13 miliardi di dollari in 10 anni per migliorare il proprio potenziale difensivo nello spazio extra-atmosferico, inclusi 1,3 miliardi per sviluppare core-technologies per satelliti militari. Seoul ha intenzione di aumentare le proprie capacità (indipendenti) di osservazione satellitare della Terra (Earth Observation, EO). Programma particolarmente rilevante in tale contesto è il cosiddetto “Project 425”, avviato dal Ministero della Difesa sudcoreano nel 2018 per monitorare le attività militari della Corea del Nord. Il progetto prevede la messa in orbita bassa (LEO, a circa 6-700 km di altezza) di cinque satelliti, di cui uno elettro-ottico infrarossi (EO/IR) costruito dal KARI, e quattro satelliti dotati di radar ad apertura sintetica SAR, efficaci in ogni condizione atmosferica. Ciò che si vuole ottenere è un monitoraggio delle basi nucleari nordcoreane ad altissima risoluzione (30-50cm) ogni due ore. Il Ministero della Difesa starebbe inoltre portando avanti un piano che permetterebbe, tra le altre cose, di ridurre gli intervalli di “buio”, quando i satelliti del progetto 425 non si troveranno sopra le zone interessate, attraverso la messa in orbita di una costellazione di 30 satelliti dalle dimensioni ridotte, con una risoluzione di circa 1 metro, a un’altitudine di 510 km.
Tutti e cinque i satelliti del Progetto 425 saranno lanciati con il razzo Falcon 9 di SpaceX, grazie ad un accordo firmato lo scorso aprile. Il primo satellite (EO/IR) verrà lanciato intorno alla fine del 2023, mentre i restanti quattro SAR dovrebbero essere messi in orbita entro il 2025. Non è la prima volta che la Repubblica di Corea si affida ai servizi di lancio della compagnia di Elon Musk per lanciare in orbita strumentazioni destinate all’uso militare. Nel luglio 2020, infatti, un Falcon 9 aveva spedito in orbita geostazionaria (GEO) il primo satellite sudcoreano per le telecomunicazioni Anasis-2, il cui nome sta per Army/Navy/Airforce Satellite Information System. Il legame tra il programma spaziale sudcoreano e gli Stati Uniti non si ferma alla mera stipulazione di contratti con la principale compagnia privata operante nel settore spaziale a stelle e strisce, oppure alla cooperazione nell’ambito del programma Artemis a guida americana per l’esplorazione lunare. Di certo, dato il confine estremamente labile tra missili balistici e veicoli spaziali, il settore sudcoreano dei lanciatori ha risentito positivamente della caduta totale (tra il 2020 e il 2021) dei limiti allo sviluppo di capacità missilistiche sudcoreane, fissati con un accordo bilaterale tra USA e ROK nel lontano 1979. La Repubblica di Corea e gli Stati Uniti hanno forti legami nel dominio spaziale, anche (e soprattutto) per quanto riguarda la Difesa. Ultimo rilevante sviluppo di questa partnership è l’accordo di cooperazione siglato tra i due alleati lo scorso 25 aprile, il quale prevede l’impegno delle parti a condividere intelligence sullo spazio esterno, addestrare esperti e migliorare l’interoperabilità per operazioni combinate nel dominio spaziale.
L’Ucraina dell’Estremo Oriente?
In genere, le relazioni tra Stati Uniti e Corea del Sud, special modo per quel che concerne la loro alleanza militare, hanno sperimentato degli alti e bassi. Tendenzialmente, i primi avvengono con le amministrazioni “conservatrici”, mentre i secondi con quelle “progressiste”, compagine politica di cui l’ex presidente Moon Jae-in fa parte. È interessante notare, in realtà, come sia proprio sotto la precedente amministrazione sudcoreana che il Paese del Calmo Mattino ha compiuto o ha espresso la volontà di compiere dei passi in avanti per quel che concerne il miglioramento delle sue capacità militare.
Lo Stato asiatico, da questo punto di vista, sta diventando un attore geopolitico sempre più rilevante. Primo Paese dell’Asia ad entrare a far parte del Cooperative Cyber Defence Centre of Excellence della NATO, con l’elezione dell’attuale presidente, il conservatore Yoon Suk-yeol, ha compiuto timidi passi d’avvicinamento al Quad, cosa che il predecessore ha sempre accuratamente evitato di fare. A causa dei continui test missilistici da parte di Pyeongyang, da inizio 2022, entrambe le amministrazioni sudcoreane hanno ricominciato ad avere proficui rapporti con Washington e Tokyo, tant’è che sono state riprese le esercitazioni trilaterali.
In realtà, è stata proprio la postura tenuta nei confronti dei vicini, Cina e Corea del Nord, che molto verosimilmente ha causato la sconfitta elettorale del progressista Moon Jae-in. L’Amministrazione Moon è infatti iniziata con pesanti rappresaglie economiche da parte di Pechino nei confronti del settore turistico e di diverse multinazionali sudcoreane, causate dalla decisione dell’ex presidente Park Geun-hye di costruire il sistema missilistico THAAD. Questo era ritenuto, dalla Repubblica Popolare Cinese, in grado di spiare il proprio territorio, accuse simili a quelle che di recente sono state mosse anche nei confronti del sistema satellitare Starlink di SpaceX. L’accresciuta cooperazione tra Corea e Stati Uniti, sia per quel che concerne i contratti con la compagnia di Elon Musk, che le molteplici iniziative di cooperazione spaziale (anche) in materia di Difesa, sicuramente provocherà alla Cina non pochi malumori, paragonabili a quelli espressi dalla Russia relativamente all’allargamento della NATO in Ucraina.
Va detto che il contesto cinese attuale è diverso da quello del 2017. Infatti, i recenti lockdown imposti dal governo hanno causato non pochi malcontenti nella leadership di Pechino e nelle varie amministrazioni regionali. Come nel caso australiano, l’imposizione di sanzioni economiche non decreta automaticamente un vantaggio per lo Stato che le commina. Indi per cui non stupirebbe se la Cina, in questo momento, non fosse in grado di utilizzare la propria capacità coercitiva economica poiché tuttora alle prese con gli effetti delle quarantene imposte ad importanti centri produttivi come Shanghai. Tuttavia, cominciano ad aumentare le voci in disaccordo con la possibilità che la Taiwan sia l’Ucraina dell’Asia perché convinte che questo ruolo spetti alla Corea del Sud.