La Korea Hydro & Nuclear Power Co., una sussidiaria della compagnia energetica nazionale, ha vinto un ordine di 2,25 miliardi di dollari per collaborare alla realizzazione della prima centrale nucleare egiziana. Una vittoria che si allinea con le intenzioni del Presidente conservatore Yoon Suk-yeol di “esportare” centrali nucleari sudcoreane all’estero. Nel frattempo, la città costiera di Ulsan, nella parte meridionale della Corea del Sud, centro industriale e città natale del fondatore della Hyundai, sta diventando anche il polo nazionale per quel che concerne la sperimentazione e la produzione di idrogeno. La Terra del Calmo Mattino ha ben le idee chiare su come affrontare la transizione energetica.
Middle East and Northern Africa Area: le ambizioni sudcoreane
La regione rappresenta un’area di interesse particolare per Seul, dal momento che i rapporti con la zona sono sempre più prolifici. Un caso eclatante è quello delle relazioni con gli Emirati Arabi Uniti, coi quali la Corea del Sud ha elevato i rapporti a partnership strategica nel 2009, anche grazie alla realizzazione della centrale nucleare di Barakah. Infatti, la cooperazione in materia di energia nucleare è uno dei perni delle relazioni bilaterali. La centrale egiziana di El-Dabaa non rappresenta quindi la prima alla quale la Corea del Sud abbia contribuito alla costruzione.
Oltre agli Emirati Arabi Uniti, ad inizio 2022 la Repubblica di Corea ha firmato un accordo con l’Arabia Saudita per la fornitura di ammoniaca e idrogeno a basse emissioni di CO2, in cambio sostanzialmente della realizzazione di infrastrutture per veicoli a idrogeno, inclusi anch’essi nell’accordo; i due Paesi hanno inoltre dichiarato di voler creare una “hydrogen economy”. Di fatto, Seul rappresenta un importante attore nell’industria di questo gas: primo Stato al mondo ad emanare una legge che ne regolamentasse il settore, i numeri evidenziano come sia il terzo per investimenti pubblici, sempre a livello globale.
La nuova amministrazione spinge sul nucleare, a casa e fuori
La presidenza del dem Moon Jae-in si è caratterizzata dall’abbandono del nucleare come fonte energetica e di conseguenza ha interrotto la costruzione di due nuove centrali, che al contrario l’attuale amministrazione ha dichiarato di voler riprendere. Il Presidente Yoon Suk-yeol, in questo senso, ha già ammesso ampiamente come voglia rendere l’“esportazione” di centrali nucleari sudcoreane un cardine della politica estera commerciale sudcoreana. Dopo l’elezione di Yoon nel marzo 2022, le multinazionali del Paese hanno annunciato un incremento nella serie di investimenti e collaborazioni internazionali per quel che concerne lo sviluppo e la realizzazione di small modular reactor (SMR), specialmente con aziende americane e giapponesi.
Tuttavia, l’entusiasmo governativo sul nucleare non si traduce in un altrettanto entusiasmo sul versante militare nautico. La Repubblica di Corea cerca di dotarsi di sottomarini a propulsione nucleare da diversi decenni ormai. Durante l’amministrazione Moon, era stato inaugurato un reattore disegnato per la ricerca nel campo della propulsione navale. Diverse sono state le iniziative bipartisan per la realizzazione di questi vascelli subacquei nel corso degli anni. Tuttavia, il Presidente Yoon non sembrerebbe interessarsene, financo a derubricare la questione come non prioritaria per Seul, nonostante l’utilità che questi mezzi può avere per la sicurezza e la difesa della penisola coreana.
Vettore che? Energetico!
Il caso dell’Egitto, ma anche dell’influenza sudcoreana nella regione, presenta delle questioni interessanti dal punto di vista delle implicazioni di lungo periodo. Come riporta Filippo Verre per Geopolitica.info, Il Cairo sta pianificando lo sviluppo di combustibili rinnovabili all’incirca da fine 2021, in particolar modo il c.d. Idrogeno Verde. La scala cromatica con cui si indica i diversi modi con cui produrre questo gas è basata sulla quantità di CO2 emessa dalla fonte energetica primaria. Infatti, l’idrogeno non è definibile strettamente “energia”, bensì rappresenta un modo per condurre l’energia dal punto di produzione fino al punto di utilizzo del gas (vettore energetico).
L’Idrogeno Verde è definito come tale quando viene prodotto dall’elettrolisi di fonti energetiche rinnovabili, mentre viene definito Rosa quando viene prodotto da energia nucleare. L’Arabia Saudita, in particolare, sembrerebbe essere intenzionata ad avvalersi di questo tipo di gas. È opportuno sottolineare come l’idrogeno sia un gas incolore, pertanto la scala cromatica applicata rappresenta solamente una convezione utilizzata per riconoscere le fonti energetiche con le quali è stato prodotto, ma di fatto, quale che sia l’etichetta con la quale si chiami, è impossibile distinguere un tipo di idrogeno da un altro.
E che c’entra la Corea in tutto ciò? La Corea, come è stato detto in precedenza, rappresenta uno dei principali Paesi che più investono soldi pubblici nella ricerca relativa a questo settore. Prima di lei, la Germania è un altro Paese che investe grandi somme pubbliche. L’Unione Europea, come ci ricordano Gianmarco Donolato e Raffaele Ventura per Geopolitica.info, nel 2020 ha dato vita alla Clean Hydrogen Alliance e prevede di produrre almeno 10 milioni di tonnellate di Idrogeno Verde entro il 2030. L’area Med rappresenta un importante regione sotto il profilo commerciale dell’Unione Europea. La domanda rilevante da porsi in questo caso è: la Corea competerà con l’UE in questo settore e in questa area? O la il soft power sudcoreano produrrà l’effetto di mettere i bastoni tra le ruote ai progetti europei?