Il «caso Rodman» ha aperto una finestra sulla realtà politica e sociale della Corea del Nord dove il controllo dell’informazione ha contribuito a mantenere in vita il regime oligarchico di Pyongyang rappresentato dalla famiglia Kim, che dal 1948 ha in mano il potere. L’esecuzione, per ordine del leader Kim Jong-un, di Jang Song-thaek, marito della sorella di suo padre Kim Jong-il, e, come sembra, dei suoi parenti più stretti, apparentemente non per aver architettato un coup d’état ma semplicemente per aver cercato di appropriarsi indebitamente dei proventi di attività commerciali considerate vitali per la sopravvivenza del regime stesso, alimenta alcuni dubbi sulla stabilità del regime nordcoreano sempre più isolato, economicamente e politicamente, sul piano internazionale.
Il «caso Rodman» ha finito per rendere ancora più manifesta la determinazione del leader nordcoreano Kim Jong-un nel voler preservare, ad ogni costo, la stabilità del regime di Pyongyang. Il famoso cestita americano Dennis Rodman si è, dunque, recato in Corea del Nord per organizzare un incontro tra la rappresentativa nazionale locale e un team di ex professionisti della prestigiosa lega di pallacanestro americana NBA, prima del quale ha canticchiato “Happy Birthday” per il trentesimo compleanno di Kim Jong-un (8 gennaio scorso), sebbene la sua età non sia mai stata confermata ufficialmente. E nel corso di un’intervista con la CNN, incalzato dal giornalista Chris Cuomo, asseriva in modo inequivocabile che si trovava in Corea del Nord al solo scopo di incontrare il suo amico Jong-un e che ogni questione politica era, quindi, da considerarsi disgiunta dall’evento prettamente sportivo. In altre parole, egli non era lì per convincerlo a rilasciare il prigioniero americano Kenneth Bae meritevole, a suo avviso, della condanna a 15 anni di lavori forzati. Successivamente, Rodman si sarebbe scusato pubblicamente con la sua famiglia per quanto espresso, incautamente, sotto l’effetto dell’alcool.
Il leader nordcoreano Kim Jong-un sta consolidando il suo potere eliminando i suoi nemici. La storia, da Joseph Stalin a Saddam Hussein, ci offre alcuni esempi di «pulizia politica». La sanguinosa lotta intestina tra le due fazioni ha evidenziato, in realtà, la frattura esistente nell’élite di Pyongyang riguardo alla gestione del denaro straniero, soprattutto renminbi, essendo la Cina il principale alleato militare e partner commerciale della Corea del Nord. Il generale Jang Song-thaek era il numero due nelle gerarchie del regime di Pyongyang che, come reggente, avrebbe dovuto sopperire alla inesperienza nella gestione degli affari interni e internazionali del giovane Kim Jong-un.
Un lucroso business per le autorità nordcoreane è costituito dalle esportazioni di carbone, di cui ha bisogno la Cina, ma anche di crostacei e molluschi molto apprezzati dal suo mercato. Da anni i profitti commerciali finiscono in mano all’élite militare che finora li ha utilizzati principalmente per mantenere alto il tenore di vita della famiglia Kim. Jang si era distinto per essere un fautore della restrizione del potere economico del North KoreanPeople’sArmy, uno degli eserciti più numerosi al mondo.
La lotta intestina potrebbe inasprirsi e minare il regime di Kim Jong-un soprattutto se questi non avesse più la legittimazione popolare. La società nordcoreana è una società di controllo, dominata dalla propaganda degli organi d’informazione di cui il «caso Rodman» non è che un esempio di strumentalizzazione politica. Gli slogan del regime, una sorta di linguaggio propagandistico tendenzioso, o «newspeak», che distorce la realtà per assicurarsi la lealtà del popolo, esaltano, difatti, la sua abilità nel tenere in scacco il mondo intero, e in particolare gli Stati Uniti. Lo dimostrano le recenti minacce contro i governi di Washington e di Seoul per le annuali esercitazioni congiunte (KeyResolveeFoalEagle) alle quali partecipano reparti militari americani e sudcoreani per un addestramento periodico finalizzato al contenimento di un attacco armato della Corea del Nord.
Il Comitato per la Riunificazione Pacifica della Patria, uno degli organi di propaganda del regime di Pyongyang, ha paragonato le esercitazioni militari congiunte, che gli Stati Uniti e la Corea del Sud condurranno nel periodo marzo-aprile e in prossimità del confine tra le due Coree divise politicamente e territorialmente dal 1945, al tentativo di invadere ed annettere la Corea del Nord.
L’obiettivo primario degli Stati Uniti è un «cambio di regime» in Corea del Nord. Nel mentre, essi provano a dissuadere la famiglia Kim dal bellicoso disegno di trasformare la Corea del Nord in uno «stato nucleare». La Corea del Nord continua ad effettuare lanci missilistici per migliorare la capacità vettoriale di condurre a bersaglio ordigni atomici (nuclear strike capacity). L’ultimo test nucleare risale invece al febbraio del 2013.
Il rischio è che tensioni incontrollate possano sfociare in un nuovo conflitto nella Penisola di Corea dopo la guerra del 1950-53. Ad esempio, il ministro della Difesa della Corea del Sud ha affermato di recente che se durante le esercitazioni congiunte con l’alleato americano i nordcoreani dovessero rendersi protagonisti di iniziative militari, essi «saranno puniti senza pietà». Intanto il Pentagono ha appena annunciato la decisione di inviare altri 800 soldati, oltre a nuove armi ad alta tecnologia, a sostegno delle forze americane-sudcoreane schierate a protezione della linea di demarcazione territoriale (DMZ) tra le due Coree. Essi appartengono alla 1st US Cavalry Division; per nove mesi saranno di stanza in Corea del Sud dove sono già operativi circa 28.000 soldati statunitensi.Potrebbero, inoltre, essere impiegati temporaneamente alcuni aerei da combattimento (F-16 fighter jets).
Mentre i negoziati di Pechino, che la Cina ha voluto ospitare per preservare lo status quo nella Penisola di Corea, sono in un’impasse dal 2009. Ad essi prendono parte dal 2003, oltre alle due Coree, gli Stati Uniti, la Cina, il Giappone e la Federazione Russa.
Non solo la stabilità e la sicurezza nel Nord-Est asiatico sono a rischio, ma gli stessi equilibri di potere (balance of power) potrebbero essere alterati da una nuova guerra o da un improvviso collasso del regime di Pyongyang che determinerebbero un vuoto di potere (politicalvacuum) nel nord della Penisola di Corea.