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TematicheStati Uniti e Nord AmericaConseguenze della guerra in Ucraina sull’Ordine Liberale statunitense

Conseguenze della guerra in Ucraina sull’Ordine Liberale statunitense

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La Russia è impero o non è. La guerra in Ucraina ha manifestato la realtà, velata fino al 24 Febbraio, della Federazione Russa. Esistente sulla pianura Sarmatica percepisce lo spazio attorno a sé drammaticamente infausto. La geopolitica deve fare i conti non solo con la realtà geografica, ma come le collettività che vi abitano si rapportano con essa, come avrebbe sostenuto il padre della geopolitica Halford J. Mackinder.

I fattori della guerra sono molteplici, tra i quali vi rientra la narrazione moscovita, cioè non solo cosa racconta sulla guerra, ma come essa stessa storicamente si racconta e come percepisce lo spazio circostante. Tenderei quindi a non sottovalutare la narrazione del Cremlino, dalla quale potremmo comprendere cosa potrebbe o vorrebbe diventare la Russia di domani. 

Ma l’importanza del conflitto scatenato da Mosca ci ha ricordato una cosa che i realisti e i geopolitici da tempo tentano invano di sottolineare ad una popolazione tendenzialmente post-storica. La conflittualità nel sistema internazionale è endemica. I soggetti che agiscono sullo scenario hanno culture, valori, ideali diversi che si traducono in strategie differenti. Succede allora che due strategie differenti vengono a calpestarsi i piedi come avvenuto in Ucraina tra il mondo Occidentale e la Federazione Russa. 

Le notizie provenienti dal mondo occidentale degli ultimi anni hanno sobillato Mosca a operare in modo più assertivo sul teatro globale. Le traballanti democrazie, il malessere interno statunitense e come questo si estrofletteva sullo scenario globale, facendo vacillare la postura unipolare, le divisioni interne alla Nato, all’Unione Europea e altri fattori hanno corroborato l’idea russa di un Occidente in rapido declino e di uno scenario in apertura che consentisse al Cremlino di mostrare i muscoli. 

La narrazione della Federazione Russa manifesta la sua indisponibilità a subordinarsi all’Ordine Liberale statunitense, eretto alla fine della Guerra Fredda. Le istituzioni internazionali e l’Ordine che questi tendono a corroborare – secondo il Cremlino –  sono meramente funzionali alla sicurezza strategica di Washington e non riconoscerebbero il prestigio internazionale di altri attori in forte ascesa: la Russia e la Repubblica Popolare Cinese. L’allineamento tra Pechino e Mosca ha pertanto un mero valore di critica verso l’attuale sistema internazionale, più che una forte convergenza strategica. Su molti aspetti i due soggetti sono in una conflittualità latente, il prestigio concernente l’egemonia sull’Eurasia ne è un esempio. Pechino allora si mostra ambigua in merito all’invasione in Ucraina, decide di astenersi al voto in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ciò denota la sua volontà di non sostenere l’Occidente, che anzi critica aspramente riconoscendo al Cremlino la propaganda che ne fa sull’espansione della Nato, ma attraverso quel voto si pone mediamente vicina alla Russia, non strettamente sua alleata. 

Il declino dello strapotere statunitense ha posto nella testa della Repubblica Popolare Cinese e della Federazione Russa che il ventunesimo secolo potrebbe rappresentare la definitiva caduta dell’unipolarismo, da surrogare con un policentrismo. La Russia cerca di consolidare il suo «status di potenza mondiale, le cui azioni mirano a mantenere la stabilità strategica e partnership reciprocamente vantaggiose in un mondo policentrico», si legge  nel documento per la Strategia di Sicurezza Nazionale Russa del 2015. 

L’attacco a Kiev rappresenta la cristallizzazione del concetto di policentrismo internazionale, e di conseguenza la disconoscenza dell’attuale ordine vigente. L’attacco ha manifestato, secondo i russi, l’incapacità dell’universalismo occidentale a mantenere l’ordine sul suolo europeo – continente che ha un ruolo fondamentale per il mantenimento del prestigio statunitense; sminuisce allora l’unipolarsismo raccontato come il portatore di benessere e pacificazione nelle relazioni internazionali. 

La mera rivendicazione dello spazio, che Mosca percepisce suo cortile di casa, attraverso le armi, significa in primo luogo che Mosca ad oggi si sente pronta ad affrontare l’occidente – quantomeno nel suo cortile di casa; in secondo luogo manifesta, qualora riuscisse a portare a casa quanto richiesto, l’avvenuta ascesa a attore di importanza globale, guastando l’ex Presidente Barak Obama che riduceva la Russia a mera potenza regionale. 

Ma il policentrismo di Mosca assomiglia ai Grandi Spazi  di Schmitt? 

Nelle sue opere il giurista tedesco esprimeva il suo favore per un ordine internazionale costituito dai Grandi Spazi, cioè da aree limitate in cui la potenza di un determinato contesto spaziale ponesse in subordinazione gli altri attori regionali, un ordine basato su una chiara asimmetria tra soggetto dominante e soggetto dominato. Pertanto un ordine per nulla liberale ed universale, valori da cui Carl Schmitt si poneva a debita distanza. Il giurista non ha mai chiarito perfettamente come si sarebbero disposti tali grandi spazi, eppure allo stato attuale, attori in grado di minacciare l’Ordine Liberale sembrano ridisegnare più o meno l’idea schmittiana. 

Più volte Russia e Cina hanno chiesto all’occidente di porsi a debita distanza dai loro affari interni, delineando quindi un certo stigma per l’universalismo che pretende una certa interferenza. 

Non solo la guerra in Ucraina, ma anche il sostegno dato a Lukashenko per reprimere le manifestazioni di protesta in Bielorussia e la repressione delle manifestazioni  in Kazakistan ci restituiscono un quadro più completo del grande spazio russo. Ovvero, come la Federazione Russia si percepisce nel contesto spaziale che occupa e che vorrebbe controllare. 

Il policentrismo di cui parla Mosca si esterna in primo luogo attraverso il recupero della sua capacità di potenza, che si traduce quindi in un recupero dello spazio perso dal 1991 in poi, elemento, quello spaziale, imprescindibile per una potenza continentale, che vive di territorio e lo concepisce quale fattore di potenza. 

Tuttavia la semplice presenza della Nato in Europa Orientale, le problematiche economiche strutturali e militari russe – che si riflettono anche nella gestione inefficiente della guerra in Ucraina – limitano le ambizioni di Mosca al momento. Le deficienze strutturali e la mancanza anche di una narrazione appetibile per i vicini esteuropei costringerebbero la Russia a perseguire la neutralizzazione di Kiev o, nella migliore delle ipotesi, la subordinazione della stessa e nel recupero territoriale di alcune zone strategiche per la proiezione sul Mar Nero e quindi sul Mediterraneo. 

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