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TematicheItalia ed EuropaIl conflitto russo-ucraino incombe sulla Romania

Il conflitto russo-ucraino incombe sulla Romania

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Da Ivan il Grande a Vladimir Putin, dettame funzionale alla strategia del potere russo è quello di difendersi implacabilmente dai nemici. Priva di confini naturali all’infuori degli oceani Artico e Pacifico, la Russia fu in condizione di soddisfare questo soffocante impulso per molti secoli, avanzando nell’Asia centrale, nel Caucaso, nei Balcani, nell’Europa orientale, in Scandinavia fino a lambire frontiere cinesi e giapponesi, per dominare il Baltico, l’Oceano Pacifico e il Mar Mediterraneo. Se forte, comportandosi con l’incoercibile sicurezza di una potenza superiore, se debole, mascherando la propria vulnerabilità magnificando immensurabili riserve di forza.

Propensione che ad oggi il Cremlino stenta a celare nella guerra mossa a Kiev, culla della comunità di Rus’, “madre di tutte le città russe” a cui Putin non sembra voler rinunciare. Ex repubblica socialista sovietica, l’Ucraina vorrebbe per motivi di sicurezza avvicinarsi alla Nato. Con Mosca che la concupisce neutrale o per sé, per difendersi da Occidente, incalzata dalla linea di quel contenimento che la Guerra Fredda ebbe a tracciare dall’Elba alla foce del Danubio e che, già ridotta di circa 1500 km, senza Kiev arriverebbe sulla soglia di casa. Dall’altra parte della barriera, i Paesi assurti a bastione difensivo del fianco orientale a cui gli Stati Uniti lo hanno appaltato. 

Lo scoppio della crisi ucraina nell’inverno 2013-14, l’annessione russa della Crimea e il supporto russo alle forze filoseparatiste nella regione ucraina sudorientale del Donbass hanno portato ad un deterioramento permanente delle relazioni fra Mosca e Kiev. Sino all’invasione dell’Ucraina e alla guerra il 24 febbraio scorso. Per ragioni di sicurezza, se lo spazio ucraino non costituisse con la Bielorussia il cuscinetto strategico che separa a occidente la Federazione Russa dai Paesi Nato, e per la rilevanza, ossia l’accesso alle acque calde del Mediterraneo.

E la vicinanza geografica alle terre ucraine infuocate dalla guerra, impensierisce anche la Romania, che vede riemergere la longa manus del Cremlino. Nella sfera di influenza sovietica, alla proclamazione della Repubblica Popolare di Romania il 30 dicembre 1947, seguono azioni per realizzare il modello sovietico, con Gheorghiu-Dej e gli stalinisti della Romania che ricalcano stricto sensu il sistema di terrore dello stato sovietico, a detrimento dei romeni stessi. 

Tra le mosse di Putin nel primo giorno delle ostilità, la conquista dell’Isola dei Serpenti (Insula Serpilor), equidistante dalle coste romene e ucraine. Già ottomana, acquisita dai romeni con il Trattato di Berlino (1878) e ceduta a seguito del Trattato di collaborazione e mutua assistenza fra Romania e URSS del 1948, la piccola isola è stata nel decennio precedente oggetto di una aspra contesa tra Romania e Ucraina per l’assegnazione di una zona economica esclusiva.

Già allo scoppiare della guerra romeno-russo-turca (1877-1878), a seguito della quale la Romania avrebbe ottenuto l’indipendenza, la Russia zarista invoca la libertà di navigazione del Mar Nero e attraverso gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, per espandersi a sud.

Da un punto di vista economico e commerciale, l’Isola dei Serpenti potrebbe costituire un significativo punto di partenza per l’ampliamento della “ZEE russa”, a scapito di quella romena nel quadrante nord-occidentale. Immediate sarebbero le ripercussioni nel settore della pesca, la cui intricata regolamentazione in un mare condiviso da più Paesi è mediata dal progetto BlackSea4Fish. Altro aspetto rilevante è legato ai giacimenti sottomarini di gas naturale, che vede il Presidente del Senato romeno Florin Cîțu impegnato in prima linea per accelerarne il progetto di sfruttamento. Un ampliamento della ZEE russa potrebbe ostacolare il sogno di una indipendenza energetica da Mosca, sul cui altare la Romania ha sacrificato i giacimenti di gas di scisto nella Dobrugia nel 2010. Se per un verso il sodalizio russo-turco ha portato alla realizzazione del TurkishStream, privando anche la Romania dei ricavi derivati dal transito del gas, dall’altro la realizzazione del progetto Neptune Deep promette di soddisfare il fabbisogno energetico del Paese. Sempre che le ZEE non cambino.

Da un punto di vista militare, armare l’Isola dei Serpenti consentirebbe ai russi di tenere sotto scacco la base aerea Mihail Kogălniceanu, a nord ovest di Costanza, impedendone qualunque interferenza con un ponte aereo fra Tiraspol, nella russofila Transnistria, e Sebastopoli. Dal distretto di Rîbnița, sulla riva sinistra del fiume Nistru, gran parte dell’arsenale stoccato potrebbe così raggiungere la Crimea. 

I fiumi Nistru e Prut, che a turno nei secoli hanno rappresentato per i russi il limes di un potere da edificare necessariamente, delimitano la regione geografica della Bessarabia, oggi appartenente alla Republica Moldova. Con il Trattato di Bucarest seguito alla guerra russo-turca (1806-1812), l’Impero zarista annettè proprio quel territorio appartenente al Principato di Moldavia, stato tributario della Sublime Porta. Contesa, la Bessarabia rappresentò l’ultimo tassello del processo di creazione della Grande Romania (Romania Mare) nel primo dopoguerra. 

Nel 1940, a seguito del patto Molotov-Ribbentrop, ceduta da Bucarest a favore dei russi, gran parte della regione andò a costituire la Repubblica Socialista Sovietica Moldava, e lembi di territorio settentrionali e meridionali incorporati alla RSS Ucraina. Riconquistata temporaneamente quando con Antonescu la Romania aderì al Patto Tripartito e riperduta quando la disfatta di Stalingrado e la rinculata della Wehrmacht convinsero Bucarest ad affiancare l’Armata Rossa nell’atto finale del secondo conflitto mondiale. Sfumata la sovranità sul territorio, il legame primigenio con la sua parte moldava è per buona parte dei romeni incrollabile.

Dopo la “liberazione” di Mariupol, che assicura il controllo del Mar d’Azov alla Federazione Russa e completa l’accerchiamento a sud-est dell’Ucraina, stringere Odessa consentirebbe a Mosca di consolidarsi sulle coste nord-occidentali del Mar Nero, attingendo alle risorse transnistriane, e ne agevolerebbe l’accesso al territorio sud-occidentale ucraino del Budjak (o Bessarabia storica), prossimo al Delta del Danubio. Territorio da cui avanzare per esporsi nella fascia di terra contenuta tra i fiumi Siret e Danubio, anima fragile e assillo della difesa romena. Del popolo romeno, per buona parte persuaso dall’idea che l’Occidente abbia attuato avanzamenti rovinosi e che abbia respinto più e più volte l’Orso russo, al punto da sospingerlo sino ai mari Nero, Mediterraneo e Rosso, secondo floride rotte commerciali da non escludersi. Il disorientamento russo nei primi anni dalla dissoluzione dell’URSS ha consentito ai romeni di decidere come vera una storia nazionalista fondata sulla loro latinità e non slavità. Da allora, per circa dieci anni, la TV romena ha incessantemente dibattuto di integrazione euroatlantica, ispirando desiderio e speranza. Ma oggi, generalizzata è la cautela dei romeni nei riguardi della sollecitudine di Washington a difenderla. Propensione espressa nell’art. 5 del Trattato Nord Atlantico, fondamento dell’alleanza difensiva occidentale, e palesata dalla recente visita del Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg e del Presidente della Romania Klaus Iohannis ai militari presso l’aeroporto di Mihail Kogălniceanu. 

A metà del 2010 è sembrato addirittura che la Romania si avvicinasse alla Cina a grandi passi. Tendenza che, se compiuta, equivarrebbe a nuove inintelligibili relazioni con Mosca che, schiacciata dalle sanzioni dei Paesi occidentali, potrebbe volgersi a Pechino. 

Proporzionali all’evoluzione e alle sorti dello sventurato conflitto in atto, sono i timori e le legittime aspirazioni della Romania, in cui destato è lo slancio per esserci, in quel Marea Neagră, semichiuso all’orizzonte. 

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