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NotizieCoalizione globale anti-ISIS: vecchie preoccupazioni e nuove minacce

Coalizione globale anti-ISIS: vecchie preoccupazioni e nuove minacce

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Il viaggio del Segretario di Stato Blinken in Europa ha rappresentato un’ulteriore occasione per rinsaldare i rapporti tra gli Stati Uniti e il Vecchio Continente. Dopo essersi recato in visita in Germania e Francia, è stato il turno dell’Italia. Uno dei momenti salienti nonché più rappresentativi del multilateralismo che permea la nuova Amministrazione democratica è stata la partecipazione al meeting della Coalizione Globale anti-Daesh.

Il contrasto all’ISIS passa dall’Africa

La ministeriale, convocata da Stati Uniti e Italia, ha visto la partecipazione delle delegazioni di oltre quaranta Paesi, del Segretario Generale della NATO Stoltenberg e dell’Alto Rappresentante dell’Unione Europea Borrell. La Coalizione, istituita nel 2014, è stata un elemento cruciale che ha permesso la sconfitta dell’ISIS in Iraq e Siria, ha ricordato il Segretario di Stato statunitense nel suo discorso di apertura. L’ultimo incontro in presenza della Coalizione risaliva a due anni prima. Il summit ha consentito la riunione degli ottantatré Stati membri al fine di valutare lo stato dell’arte delle strategie attuate finora per contrastare il terrorismo nelle aree maggiormente a rischio. Alle aree critiche, oramai tradizionali, come l’Iraq e la Siria, si sono aggiunte anche l’Asia occidentale e il Sahel. Dunque, la lotta congiunta al terrorismo non si appresta a subire una battuta d’arresto, anzi dovrà continuare a modularsi secondo un’azione “esauriente, coordinata e multidimensionale” come impone la natura della minaccia, multiforme e sempre pronta a ricostituirsi. A tal fine, è stato più volte sottolineato come sia necessario rinsaldare ulteriormente la partnership con gli Stati Uniti e tra i paesi della Coalizione per bloccare sul nascere le minacce terroristiche e tutelare la sicurezza di tutti i cittadini, attraverso un approccio sinergico.

Fronteggiare l’ISIS oggi vuol dire anche assumere una postura pronta al confronto e dunque agire con efficacia proprio dove si sta espandendo. Sahel, Africa orientale e Mozambico sono le aree che destano maggiori preoccupazioni. Tuttavia, Blinken ha dichiarato che, nonostante lo sforzo militare francese nel Sahel, la Coalizione non ha discusso ulteriori iniziative militari. La linea d’azione attuale si basa sostanzialmente sul prosciugare i fondi che supportano Daesh. Allo stesso tempo, molti Stati africani come la Mauritania, il Congo e la Repubblica dell’Africa Centrale così come lo Yemen sono entrati a far parte della Coalizione. Anche se la loro partecipazione è stata accolta come un segnale incoraggiante, i ministri hanno discusso lo stato di diritto, il rafforzamento delle funzioni di law enforcement e delle istituzioni locali, anch’essi prerequisiti per un’azione efficace. Vi è grande consapevolezza circa quello che serve davvero. L’elemento dirimente sarà riuscire a ingaggiare e acquisire leverage sul continente africano: una precondizione necessaria nella lotta all’ISIS. Se i benefici e i costi non saranno allineati tra le parti, sarà difficile per la Coalizione bloccare lo sviluppo di Daesh in Africa. 

Old but not forgotten: Iraq e Siria

Si deve peraltro considerare che Siria e Iraq sono territori tutt’altro che stabilizzati. La Siria, infatti, continua ad ospitare combattenti ISIS. A tal fine gli Stati Uniti hanno incitato i paesi d’origine a rimpatriare, riabilitare e, ove possibile, condannare questi soggetti. L’impegno della Coalizione in Siria è volto anche ad implementare la risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU 2254, per vigilare contro le minacce del terrorismo e supportare la ricostruzione e la stabilizzazione delle aree liberate. A riguardo, Washington ha annunciato che destinerà 436 milioni di dollari in assistenza umanitaria per i siriani e le comunità che li accolgono.

La Coalizione ha altresì riconosciuto gli sforzi dell’Iraq per costituire forze di sicurezza per contrastare Daesh, seppur sia emersa la necessità di un incremento del numero. Infatti, l’Inviato speciale statunitense della Coalizione ha precisato che il numero di cellule di Daesh e network che pianificano attacchi sta crescendo. Sul tema si è registrato un sostanziale allineamento dell’Alleanza Atlantica. Il Segretario Generale Stoltenberg ha discusso con il Primo Ministro iracheno della missione NATO nel paese. Per la NATO Mission Iraq, durante la ministeriale Difesa di febbraio, è stato previsto un ampliamento basato su un maggiore addestramento delle forze locali e sull’espansione dell’area di competenza alleata prima limitata a Baghdad. I ministri hanno accolto con favore la progressiva espansione delle attività non-combat della missione, che ricomprendono funzioni di consulenza, addestramento e capacity-building in Iraq, rispondendo alle esigenze e alla volontà delle autorità irachene che così agiscono a supporto degli sforzi della Coalizione. Un plauso è stato elargito anche all’impegno europeo profuso nello European Union Advisory Mission in Iraq.

Considerazioni conclusive della Coalizione

Nonostante le conseguenze positive per i civili – circa otto milioni di persone sono state liberate dal giogo di ISIS in Iraq e Siria – la loro protezione rimane una priorità che richiede ancora un impegno costante e cospicuo. Secondo gli Stati Uniti le priorità principali, che ricalcano molto quelle italiane, sono quelle di riaffermare l’impegno a combattere le forze residuali dell’ISIS, il che implica mantenere l’impegno nell’Operazione Inherent Resolve e nella costruzione della capacità civile di contrastare il terrorismo. Recuperando un passaggio del Ministro degli Esteri italiano Di Maio, Blinken ha enfatizzato l’importanza di supportare la stabilizzazione di Iraq e Siria per evitare che cellule residuali dell’ISIS ricostituiscano enclavi territoriali dalle quali minacciare nazioni, popoli e interessi. Nonostante il grande impegno, la Coalizione non è attiva dappertutto. Sono proprio le aree in cui la Coalizione non opera che richiedono un monitoraggio attento e maggiore cooperazione, come emerge dalla Dichiarazione finale.

Proprio in tale dichiarazione conclusiva è stato ribadito l’impegno a sconfiggere il gruppo terroristico – unico obiettivo della Coalizione stessa – attraverso un approccio coordinato, comprensivo e articolato. La protezione dei civili nonché l’affermazione del diritto internazionale, anche umanitario, rimangono obiettivi altrettanto importanti per la Coalizione. Nell’apprezzare la necessità di uno sforzo totale e collettivo, gli Stati membri hanno convenuto che la Coalizione si incontrerà in plenaria entro giugno 2022, mentre una sessione ristretta ai Direttori Politici si terrà nell’autunno del 2021 a Bruxelles, se le circostanze lo permetteranno.

A margine della ministeriale, ha avuto luogo un incontro per discutere nel dettaglio la crisi in Siria che ha visto coinvolti una pletora di Stati, tra cui Stati Uniti, Italia, Canada, Francia, Germania, Egitto, Iraq, Regno Unito, Norvegia e Unione Europea. In questa sede, è stata ribadita la centralità dell’assistenza umanitaria per contrastare la pandemia e ridurre il numero di rifugiati. Le Nazioni Unite rimangono a capo degli sforzi di implementazione dell’UNSCR 2254, il cessate il fuoco nazionale immediato e la fornitura di aiuti umanitari. Le parti hanno concordato che l’implementazione della risoluzione è l’unica via per la sicurezza e la fine del conflitto.

Le dichiarazioni conclusive, però, potrebbero celare numerose insidie e qualche imprecisione. Nonostante si parli spesso delle missioni in Iraq e Siria in maniera congiunta queste differiscono sensibilmente. In primis il consenso all’addestramento delle forze locali di sicurezza è stato prestato in un caso ma non nell’altro. Entrambi i paesi ospitano, volenti o nolenti, attori non statuali fuori dal controllo governativo e i conflitti sviluppatisi hanno assunto sempre più il carattere di guerre per procura. Tuttavia, la Siria è stato spesso considerato un territorio accettabile per colpire le milizie filo-iraniane ivi locate, eludendo il rispetto dell’integrità e della sovranità territoriale. Potenze regionali come la Turchia, però, non concordano sull’utilizzo di milizie da lei considerate terroristiche per combattere un altro gruppo terroristico, come sta avvenendo – ad esempio – nel Nord della Siria, proprio perché le conseguenze ricadono anche su Ankara. Il gruppo Forze Democratiche Siriane, nonostante le preoccupazioni della NATO, è il destinatario di addestramento ed equipaggiamento militare proveniente dagli Stati Uniti. Dunque, formule come “rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale” di uno Stato rischiano di perdere il loro valore nel marasma di conflitti sovrapposti e lotte per l’egemonia regionale.

Di fronte alla necessità di non lasciare spazi vuoti, che potrebbero favorire la ricostituzione dell’ISIS in Iraq e Siria, il supporto finanziario potrebbe sostenere le forze locali. A riguardo il 2021 Pledge Drive for Stabilization è uno strumento cruciale per sostenere il recupero delle aree liberate e la loro stabilizzazione, pur nella consapevolezza che una pressione costante può essere esercitata aumentando la condivisione delle informazioni, attraverso le cosiddette information operations e organismi preposti al contrasto della propaganda negando così spazi di manovra sui social media utilizzati dai gruppi terroristici. A tal fine, istituzioni come l’INTERPOL ricoprono un ruolo cruciale. Ma rimane altrettanto necessario affrontare i driver che rendono le comunità vulnerabili ed esposte all’attrazione di Daesh. Laddove il supporto internazionale potrebbe fungere da strumento per sottrarsi ad una lunga e complessa fase di tensioni regionali, la Coalizione dovrebbe agire, pur sempre nella consapevolezza che le finestre di opportunità tendono a chiudersi velocemente.

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