È ormai ben noto che i cambiamenti climatici abbiano ripercussioni sempre più allarmanti sulla vita della popolazione globale. Andando oltre la retorica per cui il riscaldamento globale è un fenomeno che influenza solo le temperature, oggi è evidente come la crisi climatica condizioni le attività produttive, in particolar modo l’agricoltura. A pagare il prezzo più caro sono prevalentemente i lavoratori agricoli nei Paesi in via di sviluppo, in particolar modo quelli africani che hanno a disposizione minori risorse per adattarsi e fronteggiare il cambiamento climatico.
Crollo vertiginoso dei raccolti in Africa entro il 2050
Secondo un recente rapporto del Fondo Internazionale delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Agricolo (IFAD), entro il 2050 potrebbe verificarsi un crollo fino all’80% della produzione di cibo in Africa. I Paesi maggiormente colpiti sono Angola, Lesotho, Malawi, Mozambico, Ruanda, Uganda, Zambia e Zimbabwe. Le colture maggiormente a rischio sono cereali, mais ma anche piselli, fagioli, soia, miglio e patate dolci. Dalla ricerca IFAD, condotta insieme ai ricercatori dell’università di Cape Town, emerge che in questi Paesi vi sarà un aumento di 2°C che potrà addirittura arrivare a 2,6°C in alcune zone. Un cambiamento di questo tipo implica non soltanto climi più caldi tutto l’anno, ma anche una maggiore incidenza di eventi climatici eccessivi e un calo delle piogge che potrebbe essere di più di 20 mm nelle stagioni secche e superare addirittura i 100 mm all’anno nei Paesi più colpiti. Adattare i metodi di coltura o addirittura modificare il tipo di prodotti per i campi è estremamente costoso. Si stima, infatti, che i Paesi in via di sviluppo abbiano bisogno di una cifra compresa tra 70 e 100 miliardi di dollari all’anno per poter innescare un cambiamento adeguato alle sfide poste dalla crisi climatica. Come sottolinea Jyotsa Puri, vicepresidente associato del Dipartimento Strategia e Conoscenze dell’IFAD, “Gli sforzi rivolti alla mitigazione sono essenziali, ma non daranno risultati prima di due o tre decenni. Dobbiamo investire, urgentemente, nell’adattamento ai cambiamenti climatici, in modo che i piccoli agricoltori, possano continuare a produrre le colture su cui fanno affidamento per guadagnarsi da vivere o per alimentare le loro nazioni.” Azioni concrete in questo senso puntano a sviluppare nuovi sistemi di irrigazione efficaci e con minori sprechi, ridurre l’uso del mais a favore di altri legumi o cereali più resistenti al clima caldo e secco, preferire sementi migliorate e materiale vegetale variando le tecniche di semina e, infine, rafforzare le infrastrutture di stoccaggio e lavorazione dei prodotti permettendo così di conservare più a lungo ciò che viene prodotto.
Soluzioni avanzate per l’agricoltura
Secondo un recente studio, condotto dalla Fondazione CMCC con la collaborazione di TIMAC AGRO Italia S.p.A. e commissionato dalla FAO, i Paesi del Vicino Oriente e del Nord Africa (regione NENA) costituiscono una delle regioni del mondo con la minore disponibilità di risorse naturali pro capite e una delle più vulnerabili ai cambiamenti climatici. Il settore agricolo rappresenta il principale mezzo di sussistenza per la popolazione rurale, che costituisce il 38% della popolazione totale della regione. Le crescenti pressioni sull’agricoltura e sulle risorse rendono urgente per la regione, e soprattutto per il settore primario, sviluppare e attuare piani e azioni di adattamento per far fronte alle sfide poste dal clima che cambia. Dallo studio è emerso come l’integrazione di diverse tecniche di gestione agricola, ovvero la combinazione di tecniche di gestione della coltura, dell’acqua e del suolo possa apportare maggiori benefici rispetto all’applicazione di una sola pratica. Inoltre, l’applicazione delle tecniche di climate smart agriculture, un approccio alla gestione agricola che tiene conto delle interrelazioni tra sicurezza alimentare e cambiamenti climatici e dell’agricoltura conservativa, che evita o riduce al minimo la lavorazione dei terreni e prevede una loro copertura organica costante e la diversificazione colturale, possono apportare benefici sia in termini di adattamento che di mitigazione dei cambiamenti climatici, mantenendo o addirittura aumentando la resa dei raccolti da un lato e aumentando il sequestro di CO2 e riducendo le emissioni di gas serra dall’altro. Altrettanto importante è includere le conoscenze tradizionali come fonte di informazione per orientare pratiche di adattamento efficaci.
Fondamentale il sostegno della comunità internazionale
Negli ultimi 40 anni, i 15 Centri internazionali di ricerca agricola del CGIAR (Consultative Group for International Agricultural Research), finanziato da organizzazioni internazionali tra cui l’UE, governi nazionali e fondazioni di ricerca private, sono stati protagonisti indiscussi della ricerca agricola. Le varietà migliorate di frumento, di riso, di mais e di molte altre piante coltivate uscite dai loro laboratori e dai loro campi sperimentali sono quelle che hanno permesso di trasformare l’agricoltura arretrata di molti Paesi in via di sviluppo e aumentarne la produttività in quella che è stata denominata la Rivoluzione Verde. Mediante gli avanzamenti tecnologici ottenuti e diffusi dai centri del CGIAR, è stato possibile affrontare la travolgente crescita demografica delle ultime decadi e di produrre alimenti sufficienti a sfamare tutti gli abitanti del pianeta. Risulta fondamentale che l’intera comunità internazionale sostenga misure vincolanti per limitare e superare la crisi climatica e promuova passi coerenti verso un sistema alimentare globale sostenibile. Non solo singoli governi nazionali ma anche organismi multilaterali come FAO e IFAD, rappresentanti dei fori regionali della ricerca agricola e dei paesi in via di sviluppo e ONG devono svolgere un ruolo attivo nel canalizzare con urgenza finanziamenti finalizzati ad aiutare i contadini in condizioni di vulnerabilità ad adattare metodi di coltivazione e prodotti coltivati per far fronte al cambiamento climatico. Infine, un altro strumento importante contro i cambiamenti climatici e i loro effetti può essere la promozione dell’agroecologia. Un accesso sicuro a cibo sano e a prezzi accessibili non sarà possibile senza una trasformazione sostenibile e locale dell’agricoltura. Per i governi e i donatori internazionali sono quindi necessari investimenti globali nell’agricoltura agroecologica. Tali investimenti non solo rendono le pratiche agricole più rispettose del clima, ma rafforzano anche la sicurezza alimentare e nutrizionale a lungo termine e la resilienza climatica delle comunità. I gruppi svantaggiati, come i piccoli agricoltori e le donne, ne traggono particolare beneficio”.