Dopo quasi 80 anni di pace, alla luce dell’invasione russa in Ucraina l’Unione Europea ha iniziato a contemplare nuove soluzioni per risolvere potenziali criticità di sicurezza e difesa.
Cos’è e come funzionerà?
Lo scorso 21 marzo il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato un piano d’azione in materia di sicurezza e difesa comune. La c.d. “Bussola Strategica” (Strategic Compass) prevede alcune novità sul piano di azione verso potenziali minacce: la capacità di dispiegamento rapido di 5 mila unità, la possibilità di schierare 200 esperti di missioni Politica di Sicurezza e di Difesa Comune (PDSC), la conduzione di esercitazioni periodiche (terrestri e/o navali), il rafforzamento della mobilità militare e delle missioni sia in ambito civile che militare. Al fine di anticipare, scoraggiare e rispondere alle sfide repentine, il Consiglio prevede il potenziamento delle capacità di analisi di intelligence, la creazione di un pacchetto di strumenti e gruppi di risposta contro le minacce ibride, lo sviluppo della diplomazia informativa, la creazione di politiche UE in materia di difesa cibernetica, spaziale, marittima e il contrasto dell’information warfare
Sebbene l’approvazione del nuovo documento strategico UE fosse già in programma prima dello scoppio del conflitto in Ucraina, non sono mancati riferimenti all’attuale scenario di crisi: la nota pubblicata sul sito del Consiglio ha evidenziato come la decisione sia stata presa “a fronte dell’accresciuta ostilità del contesto di sicurezza”. Per questo motivo, l’Unione – si legge ancora nel comunicato – vede necessario “compiere un decisivo salto di qualità e aumentare la [nostra] capacità e volontà di agire, rafforzare la [nostra] resilienza e investire di più e meglio nelle [nostre] capacità di difesa”.
Il dialogo con gli altri partner strategici
Il nuovo piano d’azione prevede un rafforzamento della cooperazione con altri attori quali NATO, Nazioni Unite, OSCE, Unione Africana (UA) e ASEAN. Si punta inoltre a sviluppare progetti di partenariato bilaterali più mirati con specifici Paesi che condividono gli stessi principi, quali ad esempio Stati Uniti, Canada, Norvegia, Regno Unito e Giappone. Non vengono tralasciati i Paesi del vicinato quali quelli presenti nei Balcani Occidentali, Medio Oriente e America Latina.
In occasione dei vertici straordinari di NATO, G7 e Consiglio dell’Unione Europea, tenutisi tra il 24 e il 25 marzo scorso, sono emersi dettagli sul coordinamento tra le parti: il mandato del Segretario Generale dell’Alleanza Atlantica è stato esteso di un ulteriore anno, si è concordato sulla necessità di sviluppare ulteriori capacità di difesa e deterrenza sul lungo termine ed è stata sottolineata l’importanza della cooperazione tra Europa e Nord America.
In quale ruolo si posiziona ora la NATO?
Sono state varie le figure istituzionali che hanno voluto subito chiarire l’assenza di contrapposizione tra le parti. Al contrario, è stata sottolineata una forte e decisa idea di complementarità. Josep Borrell, l’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, ha sottolineato che non vi sarà alcun rallentamento nell’attuale e futuro impegno europeo nel contesto NATO poiché questo rimarrà sempre al centro della sua struttura di alleanze per la difesa.
Nel frattempo, nelle ultime settimane l’Alleanza Atlantica ha deciso di rafforzare le sue capacità di difesa e deterrenza nel continente europeo per far fronte ad eventuali aggressioni. Nella conferenza stampa di giovedì 24 marzo, il Segretario Generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg ha riassunto i vari punti d’azione intrapresi. Prima fra tutte, la decisione di attivare per la prima volta parte della forza di intervento rapido dell’Alleanza (NATO Response Force) in ambito di difesa collettiva per ampliare le capacità difensive dell’organizzazione ove sia necessario. È stato inoltre concordato un incremento degli assetti aerei, navali e dei sistemi missilistici di difesa. Infine, è stata annunciata la creazione di quattro nuovi battaglioni multinazionali da integrare sul fronte est (Bulgaria, Romania, Ungheria e Slovacchia) a supporto di quelli già esistenti in Polonia e nei Paesi Baltici.
La difesa comune e i suoi tentativi pregressi
In realtà, l’idea di una difesa europea comune è tutt’altro che recente. Seppur la prima versione della Bussola Strategica sia stata proposta già tre anni fa e ufficialmente presentata dall’Alto Rappresentante nel novembre scorso, i primi tasselli per la creazione di un ambiente maggiormente cooperante in ambito securitario sono già stati individuati nei decenni scorsi. La Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC) è stata istituita nel 1993 attraverso il Trattato di Maastricht come secondo del sistema a tre pilastri. Da quel momento in poi, l’Unione ha cercato di consolidare sempre di più i rapporti dei Paesi membri, lo scambio di informazioni cruciali e lo sviluppo di obiettivi securitari comuni. Con il trattato di Amsterdam del 1997, viene istituito un processo decisionale più efficiente: viene inclusa l’astensione costruttiva e il voto a maggioranza qualificata. Nel 2004 il Consiglio dell’Unione Europea ha istituito l’Agenzia Europea per la Difesa (EDA) al fine di migliorare le capacità difensive europee nella gestione delle crisi. Attraverso la promozione della tecnologia, della ricerca, la cooperazione tra gli armamenti e la creazione di un mercato europeo di attrezzature, si è fissato uno dei più recenti sviluppi in materia di sicurezza. Infine, con il trattato di Lisbona del 2009 sono state apportate ulteriori modifiche: viene creata la carica di Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza (che è anche il vicepresidente della Commissione), nasce il Servizio Europeo per l’Azione Esterna (SEAE) e viene aggiornata la Politica di Sicurezza e di Difesa (PESD).
Sfide e vantaggi delle nuove relazioni strategiche euro-atlantiche
In un contesto internazionale plasmato dall’idea della NATO come unica alleanza militare realmente strutturata, regolata quindi da trattati e specifiche convenzioni, la nascita del nuovo progetto europeo sottolinea la presenza di nuove esigenze securitarie del mondo occidentale. Se da un lato rappresenta un ulteriore apporto di risorse e azione, dall’altro ne riconfigura l’assetto geopolitico. A dimostrazione di ciò, per quanto l’Alleanza Atlantica abbia creato le basi di un coordinamento strategico essenziale per l’equilibrio europeo (e non solo), dall’altro lato non ha potuto fare a meno di far emergere esigenze strategiche diverse: oltre alle naturali differenze geostrategiche (per gli Stati Uniti, un continente separato con assenza di confini dichiaratamente “ostili” mentre, per il contesto europeo, la presenza di un vicinato particolarmente ampio e potenzialmente problematico – vedi caso Russia, Medio Oriente e Nord Africa), nasce quindi il bisogno di alleggerire e velocizzare i tempi di reazione europei in fasi critiche in prossimità del proprio territorio. Sebbene quest’iniziativa possa apparire ad alcuni osservatori come un progetto svantaggioso o economicamente dispersivo, la realtà dei fatti è che rafforzare e diversificare gli obiettivi strategici di Paesi già alleati permette di puntare a diverse capacità militari e di ampliare il raggio d’azione rispetto a future minacce comuni.