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Brexit e Sicurezza Europea: i motivi di un accordo imprescindibile

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In seguito ad un lungo incontro tra Theresa May e le principali figure del suo governo avvenuto nella notte tra il 14 e il 15 novembre, la bozza dell’accordo sui termini della Brexit è stato rilasciato alla stampa unitamente ad una dichiarazione dell’Ue circa i futuri rapporti tra i due attori. Uno dei pochi temi sui quali le controparti hanno sempre mostrato grande comunità d’intenti è quello della sicurezza e difesa, tema ampiamente trattato nei due documenti. Perché, in questo ambito, il Regno Unito e l’Ue non possono fare a meno l’una dell’altra? E a quali rischi andrebbero incontro qualora l’accordo dovesse saltare?

 

Anche nei momenti più bui delle contrattazioni circa i termini di un accordo sulla Brexit, l’ambito della sicurezza e difesa ha rappresentato un argomento sul quale le parti hanno sempre condiviso la medesima posizione. Infatti, mentre le divergenze riguardanti il versante economico-commerciale e il confine tra Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord rischiavano di spalancare le porte ad una no deal Brexit, tanto il Regno Unito quanto l’UE hanno più volte sottolineato la necessità di far perdurare le collaborazioni in questo ambito. Per fornire un’idea di quanto questo tema fosse considerato un pilastro, è sufficiente guardare al recente passato. Nonostante la delusione diffusa in seguito al vertice europeo di Salisburgo dello scorso settembre, le forti dichiarazioni del Commissario Europeo per l’Unione della Sicurezza Julian King hanno contribuito a lasciare aperte finestre di dialogo. Parlando da Bruxelles pochi giorni dopo la chiusura del vertice austriaco, King aveva affermato che “su alcune tematiche ci saranno vincitori e perdenti, ma quando si parla di sicurezza e difesa ci sono reciproci interessi nel far perdurare una collaborazione”, dichiarandosi inoltre ottimista sulla possibilità di raggiungere un accordo su questi temi. A stretto giro di boa, anche il Ministro della Difesa britannico Gavin Williamson ha confermato la volontà di non vanificare le cooperazioni esistenti. Dalla Germania, dove si trovava per una visita istituzionale, il Ministro si è dichiarato speranzoso circa la possibilità di trovare un accordo che permettesse di incanalare i cospicui sforzi sostenuti dal paese nel corso degli anni all’interno del quadro fornito dall’UE.

Mantenere le collaborazioni: l’apertura di Bruxelles

I contenuti del documento presentato da Theresa May ai membri del suo governo vertono principalmente sui termini della fuoriuscita del Regno Unito dal gruppo dei 28 paesi membri dell’UE, mentre gli aspetti relativi al futuro delle relazioni tra i due attori lasciano ampi spazi all’interpretazione. Diverso è invece il discorso per quanto riguarda il testo della dichiarazione politica rilasciata quasi contemporaneamente dalla Commissione Europea. Infatti, come suggerito dal titolo del documento “Setting out the framework for the future relationship between the EU and the UK”, esso si prefigge l’obiettivo di fornire indicazioni sulle collaborazioni future. All’interno della dichiarazione della Commissione, un’intera sezione è stata dedicata alla partnership in tema di sicurezza e difesa, la quale sembra poter rimanere tra le più solide. Infatti, in seguito ad un’analisi caso per caso, il Regno Unito potrà continuare a prendere parte ad operazioni relative alla Common Security and Defence Policy (CSDP) attraverso il Framework Participation Agreement (FPA). La fase di pianificazione di tali operazioni vedrà intense interazioni tra UE e Regno Unito, le quali saranno proporzionate al livello di contribuzione del paese in ogni singola missione. Inoltre, qualora un invito a partecipare dovesse essere recapitato a Londra da un membro attivo della Permanent Structured Cooperation (PESCO), il paese potrà aderire ai progetti portati avanti all’interno di questo quadro. Il Regno Unito potrà altresì continuare a collaborare ai progetti della European Defence Agency (EDA) grazie ad un Administrative Agreement già garantito dall’UE. Infine, anche nei settori di cyber security, lotta all’immigrazione irregolare e antiterrorismo rimarranno attivi continui dialoghi e cooperazioni mentre, sul piano industriale, enti britannici potranno beneficiare dei finanziamenti stanziati dallo European Defence Fund (EDF).

Una mutua necessità

Il desiderio di proseguire sulla via di una stretta collaborazione anche quando il Regno Unito avrà perso il suo status di paese membro dell’Unione ha radici profonde, e sottolinea una mutua interdipendenza in materia di sicurezza e difesa. Per quanto riguarda l’Ue, la volontà di ottenere l’autonomia strategica invocata dalla Commissione già nel 2016 non può prescindere dalla partecipazione britannica. Infatti, il Regno Unito è il paese europeo che spende maggiormente nel campo della difesa (46 miliardi di euro nel 2016), e da solo contribuisce alla spesa per la sicurezza dell’Unione per più del 7%. In aggiunta, metà delle portaerei e delle armi nucleari potenzialmente utilizzabili dall’UE sono messe a disposizione dal Regno Unito, così come il 16% delle navi da guerra e l’11% degli aerei da combattimento. Anche nel campo delle innovazioni il ruolo del Regno Unito risulta essere fondamentale in quanto i fondi stanziati dal paese per ricerca e sviluppo nel settore militare ammontano al 43% del totale degli investimenti effettuati dai paesi partecipanti alle attività dell’EDA (Clindengal Institute, 2017). Inoltre, tenendo fede al suo ruolo di iniziatore della CSDP, il Regno Unito non ha mai fatto mancare il suo sostanziale contributo alle attività portate avanti dall’UE. Nel 2017, contingenti britannici sono stati impegnati in ben 5 delle 6 missioni militari condotte tramite la CSDP, alle quali si aggiunge l’impiego di personale in 7 delle 10 operazioni attive di tipo civile. Dunque, rinunciando alle capacità messe a disposizione da Londra, ed evitando il coinvolgimento britannico nelle sue attività, l’Ue vedrebbe notevolmente ridotto il suo potenziale come attore internazionale di primo piano.

Dal lato del Regno Unito, la necessità di prendere parte alle attività dell’UE risulta altrettanto importante. Stante la natura transnazionale delle minacce alla sicurezza del vecchio continente, appare chiaro che queste vadano fronteggiate in maniera cooperativa. Fenomeni quali il terrorismo o i rischi connessi al dominio cyber risultano pressoché impossibili da fronteggiare a livello di singolo stato. A questi si aggiungono i molteplici focolai d’instabilità che affliggono l’immediato vicinato europeo e che sono stati più volte definiti come una delle cause principali alla base di terrorismo e migrazioni di massa, i quali richiedono interventi strutturali anche in paesi terzi che i singoli stati faticherebbero non poco a mettere in atto. Non da ultimo, la preoccupante postura assunta dalla Russia del presidente Putin negli ultimi anni, e la sempre più chiara volontà degli Stati Uniti di ridurre il proprio ruolo di principale garante della sicurezza del vecchio continente rendono necessario un approccio cooperativo tra i paesi europei (sia membri dell’Ue che paesi terzi). Pertanto, indipendentemente dagli accordi bilaterali che il Regno Unito potrebbe sottoscrivere e dalla sua special relationship con gli Stati Uniti, l’essere tagliato fuori dalle attività di un solido ente sovranazionale che permette la cooperazione strutturata tra i paesi europei comporterebbe considerevoli difficoltà aggiuntive nel fronteggiare le minacce sopraelencate.

In conclusione, in tema di sicurezza e difesa le posizioni di Regno Unito ed UE sono sempre state similari, e il desiderio di mantenere un forte legame anche in seguito alla Brexit ha rappresentato una costante. La bozza di accordo circa le modalità di separazione tra i due attori ha tenuto ampiamente in considerazione questa volontà, e il perdurare dello stretto legame esistente sembra essere garantito. Indipendentemente dalle controversie legate ad una moltitudine di altri fattori, in tema di sicurezza e difesa la mancata ratifica di un accordo finale comporterebbe mutui svantaggi troppo grandi per poter essere ignorati. Di certo, quello della sicurezza non sarà l’unico fattore determinante nella decisione finale, ma, se ad oggi una no deal Brexit sembra meno probabile che nel recente passato, parte del merito va attribuito a questo ambito in cui entrambi gli attori avrebbero molto da perdere e poco o nulla da guadagnare da una separazione conflittuale.

 

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