Il 24 febbraio le forze della Federazione Russa hanno avviato una campagna militare contro l’Ucraina. Il conflitto, che ha assunto la dimensione di una guerra – per il momento – simmetrica, rappresenta il ritorno ad operazioni su vasta scala su suolo europeo, che si stanno sviluppando su diversi piani.
Si riscontrano da parte russa operazioni sul campo condotte da forze di terra con il supporto limitato dell’aviazione, cui si somma l’azione per ora marginale della Flotta del Mar Nero. La resistenza ucraina si sviluppa invece attraverso l’utilizzo delle forze terrestri regolari, integrate dai reparti territoriali, mentre l’aviazione, che pure ha conteso per quanto possibile il dominio aereo, risulta ormai scarsamente operativa, ad eccezione dei mezzi UAV (droni), i quali hanno svolto una egregia azione sul campo ma il cui numero e future prospettive di utilizzo rappresentano al momento un’incognita. Ancora efficace appare la capacità antiaerea/antimissilistica ucraina.
La guerra si è inoltre estesa fin dall’inizio al campo dell’informazione/disinformazione e a quello del cyberspazio. Va peraltro evidenziato come l’andamento effettivo delle operazioni e l’evidentemente inaspettata resistenza delle forze ucraine abbiano rappresentato un significativo scacco politico per il governo russo.
Alcune osservazioni si rendono necessarie relativamente ai mezzi utilizzati. Si nota dalle immagini diffuse in questi giorni l’ampia presenza tra le forze d’invasione di mezzi datati, che rappresentano per altro buona parte di quelli nella disponibilità dell’Armata Russa. Al momento non si vedono carri armati (MBT) e blindati per il trasporto truppe di ultima generazione, che erano stati ampiamente pubblicizzati nel corso degli ultimi anni e che forse sono in numero ancora troppo ridotto per essere impegnati in un conflitto che per altro a Mosca si riteneva di poter condurre con un limitato impegno effettivo. Le cifre circolate in questi mesi sulle forze schierate dai russi possono sembrare consistenti, ma relativamente ad un’operazione su vasta scala, quale il conflitto si è tramutato, e su un territorio vasto come quello ucraino, risultano tutto sommato limitate. Al tempo stesso va tenuto presente che l’esercito russo è ancora in gran parte composto da truppe di leva e che le unità di prima schiera, ovvero quelle sufficientemente addestrate per il combattimento rappresentano un numero limitato. Tolte le necessarie riserve strategiche è verosimile che la Russia non abbia poi così tante forze da poter mandare in azione a breve. Ipotesi che potrebbe essere confermata dalle voci di arruolamento di volontari stranieri circolate nelle scorse settimane.
Continuano gli attacchi aerei e missilistici su obbiettivi essenzialmente civili con il duplice scopo di danneggiare le infrastrutture, soprattutto energetiche (distribuzione elettricità e riscaldamento) e generare terrore tra la popolazione. Per quanto riguarda lo sviluppo delle operazioni terrestri, oggettivamente rallentate a partire dal 4 marzo, con l’eccezione delle operazioni nell’area di Mariupol e Mykolaïv è ipotizzabile che le forze d’invasione si stiano riorganizzando in attesa di una nuova fase.
Le direttrici dell’operazione
Si sono profilati tre principali filoni di azione: in primo luogo la già citata tendenza russa a tagliare fuori le città dalla griglia energetica e dai riscaldamenti. Va ricordato che in quasi tutto lo spazio ex-sovietico il riscaldamento è centralizzato a livello cittadino o di quartiere, con delle centrali che possono essere quindi colpite o isolate. Essendo gran parte dell’energia prodotta da centrali nucleari, se non propriamente isolate, i difensori potrebbero continuare a disporre di elettricità senza doversi preoccupare per diversi mesi dell’approvvigionamento della materia prima. Questo spiega la priorità data alla presa di questi impianti.
L’accerchiamento delle principali città in prossimità del fronte rappresenta l’altro importante aspetto della tattica fin qui adottata. È stato ipotizzato che inizialmente si pensasse di poter prendere Kiev con facilità. Fallita questa prospettiva rimane di fatto solo l’alternativa dell’accerchiamento. Non assedio vero e proprio, poiché data la dimensione della città questo richiederebbe forze molto superiori a quelle fino ad ora schierate in campo. Analoga dinamica si riscontra a Kharkiv. Se i russi riuscissero a superare la città e a prendere o bloccare Dnipro sull’omonimo fiume, si profilerebbe la formazione di una sacca se non la caduta definitiva delle forze ucraine schierate nel Donbass. Non è escluso che si sia pensato a una simile azione ma al momento non pare realizzabile. Diversa la situazione di Mariupol. La città è un obbiettivo prioritario e dal punto di vista russo deve cadere. È quindi ipotizzabile che se l’assedio in atto non dovesse a breve portare ai risultati sperati – come pare sia in effetti il caso – potrebbe esservi la tentazione di rischiare un combattimento urbano su vasta scala. Il che appare però rischioso in termini di perdite e dannoso per l’immagine e la propaganda russa.
Rimane poi la questione di Odessa. Non può essere scartata l’ipotesi di un’azione sulla città del Mar Nero, probabilmente in caso di avanzata dalle foci del Dniepr (Dnipro), in congiunzione con un’operazione anfibia. Appare però come un’opzione per ora rischiosa e più che altro come un’azione in potenza. Poco rilevanti appaiono annunci e riferimenti ad utilizzo di armi di nuova tecnologia (missili ipersonici) che appaiono tatticamente poco necessari vista la tipologia dei rispettivi bersagli e il cui uso sembra essenzialmente dovuto ad esigenze propagandistiche, che in un certo senso evidenza piuttosto delle fragilità.
Le forze ucraine hanno dimostrato la volontà di resistere e di contestare al nemico il controllo del terreno, con buoni risultati sul piano tattico. È possibile che il comando russo si orienti verso una guerra di attrito. Il vero problema, per entrambi ma soprattutto per i difensori è il tempo. La Russia può essere piegata dalle sanzioni e dallo stillicidio delle sue forze e dei suoi mezzi, in combattimento e per usura. L’Ucraina invece dalla sofferenza della popolazione e dal progressivo esaurirsi degli armamenti pesanti. Quale sarà l’effettiva capacità di resistenza quando i carri armati, i blindati e l’artiglieria ucraini saranno esauriti? I razzi anticarro e antiaerei forniti dalla NATO sono estremamente letali, ma possono essere utilizzati in due scenari: in presenza di una effettiva linea del fronte (insostenibile senza mezzi pesanti) o all’interno di specifici ambienti, ovvero città e montagne. Le aree montuose si trovano solo ad ovest, il che implicherebbe che buona parte del paese sarebbe perduta prima che i russi si trovino in condizioni di essere nuovamente e massicciamente bersaglio di queste armi. Le città invece saranno difficilmente “invase” dal nemico. Una simile mossa sarebbe quasi un suicidio, poiché metterebbe le truppe attaccanti nell’unica situazione in cui i difensori potrebbero infliggergli perdite consistenti recuperando l’iniziativa. Ovviamente però anche decisioni “incomprensibili” possono pur sempre essere assunte in un momento di crisi strategica.
Possibili prospettive
Qualsiasi risultato si configurerà al termine dei combattimenti, sul piano politico la Russia avrà oggettivamente perso. La distruzione delle forze ucraine e gli ampi danni alle infrastrutture e al tessuto urbano rappresentano un elemento di rottura definitiva tra aggredito e aggressore. La guerra ha rafforzato l’identità ucraina e sta visibilmente contribuendo alla creazione di un mito fondante della nazione attraverso la resistenza armata all’invasore. In caso di vittoria sul campo, l’esercito russo ne uscirà comunque provato, anche e soprattutto in termini d’immagine. Il territorio potrebbe essere ampiamente contestato anche in seguito alla fine formale dei combattimenti e ad ogni modo difficilmente controllabile sul piano politico vista l’opposizione della società civile nei confronti dell’invasore. Eventuali modifiche al territorio ucraino, seppur accettate, non sarebbero necessariamente considerate definitive. La vastità dell’Ucraina la rende difficilmente controllabile. Esiste per altro la possibilità che le forze russe siano sconfitte sul piano strategico pur in presenza di vittorie tattiche sul campo. Tutto ciò costerà inevitabilmente un numero crescente di vittime e rifugiati. Saranno inevitabilmente gli sviluppi sul campo a condizionare qualsiasi possibilità di sviluppi negoziali.