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TematicheRussia e Spazio Post-sovieticoLa bomba atomica è un'arma normale?

La bomba atomica è un’arma normale?

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Durante la guerra fredda un assunto su tutti garantiva la stabilità del sistema internazionale, quello della “mutua distruzione assicurata”. La bomba atomica è sempre stata considerata più come uno strumento politico di deterrenza che come uno strumento militare vero e proprio e questo impediva, in sostanza, a entrambe le superpotenze un utilizzo delle armi nucleari per fini militari.

La crisi dell’ordine internazionale liberale guidato dagli Stati Uniti, dopo la sfida aperta revisionista lanciatagli da Russia e Cina, ha portato con sé, tra le conseguenze teoriche, una nuova idea sul concetto e sulla funzione dell’arma nucleare, la quale, con la guerra in Ucraina in corso, viene considerata da Mosca – che è la principale sostenitrice di detta teoria – come un’arma “reale” da poter utilizzare anche per raggiungere i propri obiettivi tattici direttamente sul campo di battaglia, il che è una novità assoluta.

Se quella nucleare si trasforma in arma “tattica” e non solo “strategica”, ne avviene irrimediabilmente uno sdoganamento politico e persino psicologico che ne fa non più un simbolo della deterrenza – e quasi una “valvola di sicurezza” per la pace quando ogni altro canale salta – ma normale ed accettato strumento di guerra. 

Il fattore della deterrenza, annullato dallo spostamento da strategico a tattico dello strumento atomico, implica, di conseguenza, un nuovo approccio alla questione. 

In uno scontro diretto tra potenze nucleari, certamente, la teoria della bomba atomica quale arma “normale” avrebbe meno possibilità d’applicazione, ma dinanzi ad un conflitto come quello ucraino, che veda confrontarsi una potenza nucleare ed una potenza non nucleare, essa potrebbe essere, a fronte di determinate condizioni, applicata. Dinanzi ad una eventualità del genere, a cambiare drasticamente è il grado di “accettabilità” internazionale di una condotta bellica che faccia dell’arma nucleare uno strumento utilizzabile.

Restano da vedere quali siano i canoni di utilizzo dell’arma nucleare “tattica” (che, in situazione normale, resterebbe comunque una extrema ratio), poiché in una guerra, checché ne dicano i convinti seguaci dello Jomini, è sempre il fattore imponderabile a dominare e non il calcolo bruto. 

In un conflitto come quello tra Russia ed Ucraina, i teorici del revisionismo russo hanno più volte espresso l’idea secondo cui l’ordigno nucleare tattico sarebbe un’arma legittima per sconfiggere Kiev. Si confermerebbe il caso di scuola secondo cui in una guerra tra due potenze, delle quali una nucleare ed una no, si possa parlare quasi liberamente di un ordigno atomico come di un qualunque sistema d’arma, senza considerare la reazione della comunità internazionale di fronte ad una idea del genere che potrebbe essere “uguale e contraria”, si pensi solo al caso in cui la nube radioattiva causata dallo scoppio della bomba nucleare tattica sul campo di battaglia si spostasse sul territorio di uno Stato confinante aderente ad un sistema d’alleanza ostile come la NATO.

La stessa differenza tra strategia e tattica, che include anche un diverso livello di percezione delle situazioni d’emergenza sul campo, può portare a considerare un’arma atomica come un “normale strumento militare” in battaglia, da non utilizzare, però, a fini meramente strategici, ovvero creare artatamente una differenziazione tra una bomba atomica tattico-militare dagli effetti limitati al campo di battaglia (utilizzabile) ed una bomba atomica strategico-politica con un potenziale distruttivo enorme  (da non utilizzare).

Esistono oggi armi nucleari trasportabili anche da un singolo soldato come lo statunitense Special Atomic Demolition Munition (SADM), delle quali esiste una dottrina d’impiego sia offensivo che difensivo, che hanno un potenziale considerato “limitato”, ma che di fatto può causare – in piccolo – gli stessi danni e le stesse incertezze “politiche” di un missile balistico nucleare intercontinentale come i russi Kh-101 o Iskander-M (divenuto famoso per essere stato schierato anche nell’exclave russa di Kaliningrad).

Le costanti allusioni russe all’utilizzo tattico del nucleare sono parte integrante di una attenta “comunicazione strategica” volta ad intimidire la NATO e l’UE e ad aprire un canale di dialogo con gli Stati Uniti – che stanno sostenendo ancora convintamente l’Ucraina mentre gli europei, per tutta una serie di ragioni, iniziano a vacillare – ma è pur vero che la dottrina militare della Russia prevede, tra le varie opzioni, che in caso di “stallo operativo” (che è diverso dal rallentamento delle operazioni, come sta avvenendo in Ucraina) la bomba atomica possa essere utilizzata per sbloccare e ribaltare la situazione.

Risulta evidente quanto una teoria del genere possa essere lontana dalla realtà del sistema internazionale e che sia fin troppo legata a formule e “teorie dei giochi” matematiche, espressione di quella che, per quanto concerne la bomba atomica, appare come una artificiosa distinzione tra strategia e tattica.

Allo stesso tempo, però, è innegabile che la guerra in Ucraina abbia scavato un ampio fossato tra un “prima” dove la deterrenza nucleare era un fatto acclarato ed un “dopo” dove l’arma atomica è considerata utilizzabile tatticamente e, dunque, anche in una situazione che non implichi una emergenza tale da mettere a repentaglio la sopravvivenza dello Stato che ne fa uso.

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