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TematicheItalia ed EuropaBielorussia, migranti: la risposta dell’UE all’“attacco ibrido” di Lukashenko

Bielorussia, migranti: la risposta dell’UE all’“attacco ibrido” di Lukashenko

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Da giugno 2021 l’Unione Europea (UE) sta fronteggiando una nuova ondata migratoria: la Commissione Europea afferma che nel 2021 sono stati 7831 i migranti provenienti dal Sud-Ovest Asiatico e dall’Africa ad essere entrati illegalmente nei territori di Lettonia, Lituania e, più recentemente, Polonia, Paesi membri dell’UE, attraverso i confini comuni con la Bielorussia. A questi si aggiungono circa 10mila migranti, di cui la metà donne e bambini, attualmente bloccati in una “no-man’s land” tra la Bielorussia e UE.

Novembre 2021: drammatica escalation al confine polacco 

Dall’autunno nei territori lituani, lettoni, e polacchi al confine con la Bielorussia è in vigore lo stato di emergenza, che di fatto sospende le garanzie previste dal diritto internazionale relativamente al diritto di asilo, ma anche la possibilità di libera informazione da parte dei media e ONG. In Polonia, la nuova normativa viola il principio di non respingimento, permettendo l’allontanamento dal Paese dei migranti che riescono ad attraversare il confine con la Bielorussia e che, in base al diritto internazionale e al regolamento di Dublino, potrebbe chiedere asilo nel Paese di “prima accoglienza”. Il governo polacco ha infatti reso un lembo di 3km lungo il confine Kuznica-Bruzgi inaccessibile a giornalisti ed organizzazioni umanitarie. Proprio in quest’area, l’8 novembre 2021, all’indomani dell’imposizione di una nuova ondata di sanzioni sulla Bielorussia da parte dell’UE, le autorità bielorusse hanno scortato circa 1000 migranti, la maggior parte curdi iracheni, verso il confine polacco, facendo degenerare rapidamente la drammatica situazione alle porte orientali dell’UE. Determinato a “difendere i confini polacchi ed europei”, il primo ministro polacco Morawiecki ha reagito dispiegando ulteriori guardie di frontiera (il “Guardian” riporta che sono ormai più di 20mila le unità impiegate nella regione). Nel respingimento dei migranti, definito dai media occidentali come “pushback”, sono stati utilizzati anche gas lacrimogeni e cannoni ad acqua.Per far fronte alla crisi e sulle orme di Riga e Vilnius, Varsavia ha anche annunciato la costruzione di un muro alto 5.5m e lungo 180km al confine con la Bielorussia, dal costo di circa 353 milioni di euro. 

Nonostante la dura risposta di Varsavia, è improbabile che la crisi stia giungendo al termine: anche se è difficile predire se ci saranno nuovi tentativi di varcare la frontiera dell’UE in massa, la presenza di 15-20mila migranti ammassati nelle foreste al confine tra Polonia e Bielorussia è allarmante. Malgrado il 17 novembre la Commissione Europea abbia annunciato lo stanziamento di 700mila euro di aiuti umanitari (indirizzati alla Croce Rossa, Mezzaluna Rossa ed altre ONG) ai migranti al confine bielorusso, senza cibo e riparo, a causa delle temperature sotto lo zero, già otto persone sono state dichiarate morte di ipotermia.  

La risposta dell’UE

Secondo i funzionari dell’UE, questa nuova rotta migratoria è stata artificialmente creata dal presidente bielorusso Lukashenko, impegnato in un “attacco ibrido”, ovvero nella strumentalizzazione dei migranti per ottenere riconoscimento politico e la rimozione delle sanzioni economiche imposte dall’UE contro il regime di Minsk. 

Per i vertici dell’Unione non è stato facile decidere come reagire alla drammatica escalation di novembre 2021. Prima di tutto è importante tenere in considerazione che per i Paesi membri dell’UE confinanti con la Bielorussia, passati dall’esperienza sovietica all’indipendenza attraverso una forte spinta nazionalista, l’accoglienza dei migranti è un punto vulnerabile. In particolare, la Polonia, Paese dal quale entrano la maggior parte dei migranti, già durante la crisi migratoria del 2015 si era rifiutata di conformarsi al meccanismo temporaneo di ricollocazione da Italia e Grecia di richiedenti asilo.Già ad ottobre 2021 i ministri dell’Interno di 12 Paesi membri dell’Unione, tra cui Polonia, Lettonia e Lituania, avevano richiesto, in una lettera indirizzata alla Commissione europea, nuovi strumenti per proteggere le frontiere esterne dell’Unione di fronte ai flussi migratori, anche col finanziamento europeo di recinzioni. 

Alla richiesta della Polonia di aiuti comunitari per la costruzione del muro con la Bielorussia, il capo del Consiglio Europeo Michel e la Presidente della Commissione Europea von der Leyen hanno assunto posizioni contrastanti. Michel ha aperto la possibilità di finanziamenti comunitari, mentre Von der Leyen, pur ammettendo di non avere nulla in contrario alla costruzione di nuove barriere, ha negato la possibilità di finanziare recinzioni e muri con fondi comuni europei, per poi riportare l’attenzione sulla necessità di adottare il quinto regime di sanzioni contro il regime di Minsk, entrato in vigore il 2 dicembre 2021. 

Malgrado tale scontro, la posizione della Commissione Europea rivela la priorità attribiuità dall’UE ai propri interessi politici e securitari rispetto alla necessità di mettere al sicuro i migranti e proteggerne i diritti umani, come evidenziato anche dalla presenza di più di mille chilometri di recinzioni costruite sui territori Balcanici e dell’Europa Centrale dalla crisi migratoria del 2015 ad oggi. Anche la decisione di stanziare 700mila euro di aiuti umanitari per i migranti bloccati alle frontiere esterne dell’UE con la Bielorussia rivela come invece di costruire una politica comune sull’immigrazione, l’UE abbia scelto di occuparsene esternalizzando il problema

Gli obiettivi non raggiunti di Lukashenko 

In un discorso ufficiale durante una cerimonia alla fortezza di Brest, il 22 giugno 2021 quando la crisi non aveva ancora raggiunto il suo apice, Lukashenko ha affermato che la crisi dei migranti finirà quando l’Occidente lo riconoscerà come presidente della Bielorussia e alleggerirà, fino a poi rimuovere, le sanzioni che da mesi danneggiano pesantemente l’economia del Paese (Minsk stima che i danni derivanti dalle attuali sanzioni ammontino al 2,9 per cento del PIL). 

Lukashenko è riuscito a colpire l’EU in un colpo debole e, secondo il “Guardian” potrebbe anche aver fin dal principio sperato di ricreare uno scenario simile a quello della crisi dei rifugiati del 2015, quando in cambio del contenimento del flusso migratorio sulle isole greche, l’UE ha  sostenuto con aiuti economici e incentivi non finanziari la Turchia di Erdogan. Chiudendo un occhio sulle violazioni dei diritti umani della Turchia, è stata l’UE ad aver utilizzato per prima i migranti come merce di scambio, di fatto stabilendo un precedente.In seguito all’escalation al confine polacco, la cancelliera tedesca uscente Merkel ha chiamato il presidente bielorusso (il primo contatto tra un leader europeo e Lukashenko dalle elezioni bielorusse di agosto 2020), e Bruxelles ha deciso di inviare aiuti economici alla Bielorussia per finanziare gli aiuti umanitari al confine. Tuttavia, l’UE tuttora non riconosce Lukashenko come presidente della Bielorussia e nemmeno la minaccia di Lukashenko di interrompere il transito del gas verso l’Europa (attraverso la Bielorussia passa il gasdotto Yamal-Europa, che trasporta il gas russo in Polonia e poi in Germania) in risposta a un nuovo pacchetto di sanzioni da parte dell’EU ha impedito l’approvazione di quest’ultimo. 

Proprio in riferimento alla minaccia di bloccare il transito del gas russo sembra sgretolarsi l’ipotesi di un possibile allineamento Minsk-Russia, avanzata in virtù dello stanziamento di circa 90mila militari russi lungo la frontiera con l’Ucraina contemporaneamente all’escalation della crisi migratoria in Bielorussia. Putin ha infatti risposto tempestivamente alle minacce di Lukashenko circa la possibilità di chiudere il transito di gas, definendola una “violazione del contratto” che danneggerebbe le relazioni tra Bielorussia e Russia, invitando poi Bruxelles a dialogare direttamente con Lukashenko per porre fine alla crisi. 

Se da una parte Lukashenko non è riuscito a raggiungere i suoi obiettivi, trovandosi a inizio gennaio 2022 con ancora nessun riconoscimento da parte dell’UE, le sanzioni contro il proprio regime ancora in atto, e alcune migliaia di migranti al confine, dall’altra l’UE ha confermato ancora una volta come l’accoglienza ai migranti costituisca un suo punto debole. Finché Paesi Membri tratteranno i migranti come un pericolo, leader autoritari continueranno a manipolare le ondate migratorie verso l’Europa, e gli esseri umani a pagarne il prezzo.

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