0,00€

Nessun prodotto nel carrello.

0,00€

Nessun prodotto nel carrello.

TematicheCina e Indo-PacificoLe aree di libero scambio fanno tanto “ventesimo secolo”....

Le aree di libero scambio fanno tanto “ventesimo secolo”. Biden e la strategia economica per l’Indo-Pacifico

-

La Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti d’America Katherine Tai descrive all’incirca in questo modo gli accordi di libero scambio. L’Indo-Pacific Economic Framework dell’amministrazione Biden si pone proprio in contrapposizione a questo strumento come principale piattaforma di scambi commerciali internazionali. La ragione di questa scelta, stando proprio alle parole della Rappresentante Tai durante la sua audizione congressuale di marzo, è da ricercarsi nei “notevoli contraccolpi” che questi accordi avrebbero causato all’economia americana. Stanno proprio così le cose?

Come commerciano gli Stati tra di loro?

In effetti, il numero di Aree di Libero Scambio (ALS) si può contare sulle dita di una mano. Se ogni dito valesse cento. Secondo il World Economic Forum, nel 2016 esistevano ben 420, approssimativamente, accordi di commercio costituiti dagli Stati, da quelli “mega-regionali” a quelli che, sebbene non si possano propriamente definire “ALS”, comunque influenzano il commercio internazionale. Nel 2021 è entrata in vigore l’African Continental Free Trade Area (AfCTFA) e nel 2022 la Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP). Queste sono le più grandi aree di scambio rispettivamente per numero di Paesi coinvolti e per volume di scambi commerciali.

Questi accordi prevedono la riduzione progressiva delle barriere doganali tra i Paesi firmatari che in genere impiegano una decina di anni per raggiungere gli obiettivi preposti. Ciò avviene non per volontà arbitraria degli Stati stessi, ma perché viene stabilito così nei trattati costituenti, cioè viene stabilito l’intercorrere di anni, il più delle volte ad intervalli regolari, dopo i quali scattano le riduzioni percentuali dei dazi. In alcuni casi fino addirittura allo 0% del valore del bene.

Dazi ridotti per beni prodotti all’interni delle Aree di Libero Scambio

Formalmente, gli Stati che aderiscono all’Ordine Mondiale del Commercio (OMC) non possono imporre dazi agli altri membri. Possono, però, contrarre ALS con altri Stati per concordare tra di loro la menzionata riduzione tariffaria per quei beni che vengono prodotti all’interno del loro territorio. Stabilire l’origine di un bene, pertanto, diventa un’altra questione cruciale che viene considerata durante le negoziazioni delle ALS, e si tramuta in Regole di Origine (RdO). Gli Stati, quindi, si accordano su requisiti tecnici generali, o specifici per ogni bene, che, se rispettati, attribuiscono l’origine legale di un bene.

Studi economici hanno dimostrato come la diversa natura di queste RdO produce effetti eterogenei sulle economie degli Stati aderenti alle ALS con quelle regole. Uno studio del 2018, in particolare, stima come l’adesione alla North American Free Trade Area (NAFTA), e quindi alle RdO annesse, abbia condotto le imprese americane a divergere il proprio approvvigionamento di beni intermedi verso Canada e Stati Uniti. Pertanto, il NAFTA ha esercitato una funzione fortemente protezionistica dal 1992, anno di adesione del Messico all’ALS, al 2012, anno in cui erano previste le ultime riduzioni tariffarie. Convince poco, quindi, la dichiarazione della Rappresentante Katherine Tai.

Indo-Pacific Economic Framework

Stando al Financial Times, l’amministrazione Biden sta “diluendo” il suo Indo-Pacific Economic Framework (IPEF) per convincere più Paesi possibile a farne parte. L’IPEF, in effetti, non prevede adesioni a trattati che costituiscano ALS, quindi riduzioni tariffarie, o degli impegni vincolanti. Delinea formalmente quelli che sono gli obiettivi prioritari di Washington e che si pongono in continuità con quella che è stata la postura americana nei confronti di questi: contenimento militare ed economico del Dragone. L’ambizione statunitense, quindi, parrebbe essere quella di voler riscrivere le regole del commercio internazionale dagli ultimi decenni a questa parte, con mutamento di paradigma economico annesso. Paradigma che ricordiamo essere stato proprio delineato dall’influenza statunitense. Non a caso viene definito “Washington Consensus”.

L’amministrazione Biden, dunque, si pone in continuità con quella Trump per quel che concerne la visione un mercato internazionale senza vincoli, il quale danneggi l’America, secondo quella narrazione. Ma il NAFTA non ha condotto ad un indebolimento della struttura produttiva americana, tutt’altro. E per brevità in questa sede non si è menzionato l’effetto degli accordi di protezione della proprietà intellettuale previsti dall’OMC, effetti che diversi economisti stimano essere stati positivi per gli Stati Uniti. Insomma, potrebbero esserci delle altre ragioni per le quali l’amministrazione Biden non guarda di buon occhio alle ALS?

Partenariato Trans-Pacifico e RCEP

L’allora presidente Donald Trump ritirò gli Stati Uniti dal Partenariato Trans-Pacifico (TPP) nel 2017. Tuttavia, il Giappone non volle rinunciarvi e, nonostante depotenziando alcuni provigioni dell’accordo, lo ripropose sotto forma di Comprehensive and Progressive Trans-Pacific Partnership (CPTPP). Undici Paesi ne hanno aderito e per la maggior parte di questi, la Cina rappresenta un partner commerciale più importante degli Stati Uniti, secondo un’analisi del Peterson Institute of International Economics.

Ed è proprio la Cina ad aver avviato l’adesione formale alla CPTPP nel 2021. Inoltre, la Repubblica Popolare fa parte anche della RCEP. Questa è stata firmata dai Paesi dell’Association of Southeast Asian Nations (ASEAN) con Australia, Corea del Sud, Giappone, Nuova Zelanda e la già menzionata Cina, per un totale di quindici Stati. Di questi quindici, sette fanno già parte della CPTPP, mentre Corea e Tailandia stanno seriamente prendendo in considerazione la possibilità di avviare il processo di adesione.

L’attacco nemmeno troppo velato degli Stati Uniti nei confronti delle ALS, quindi, sembrerebbe manifestare la loro volontà di scrivere le regole del commercio internazionale dopo che altri Stati hanno adottato le stesse regole che loro hanno scritto decenni fa. Corea e Giappone hanno già dichiarato di voler aderire all’IPEF. Siamo sicuri che questi Stati non preferiscano svincolarsi dagli USA per le questioni economiche e commerciali? Non a caso, e non solo per la Cina, gli occhi di Washington rimangono fissi sull’Indo-Pacifico, mentre in Europa scoppia la guerra.

Corsi Online

Articoli Correlati

Chinese Covert Influence Operations: The Dawn of “Digital Opium”

Meta has recently taken down thousands of fake Chinese accounts and pages that were part of the largest known...

Alleanze indopacifiche per contenere la Cina: il ruolo di Taiwan e dell’Asean

La notizia della firma di un nuovo accordo commerciale tra Stati Uniti e Taiwan ha suscitato la reazione immediata...

Is China’s increasing reliance on coal undermining global climate efforts? 

China is the largest carbon emitter in the world and its growing reliance on coal is affecting the global...

A passage to India. Il corridoio indo-arabo e le strategie occidentali.

Il G20 di Delhi ha sancito un nuovo successo per l'India di Narendra Modi nel mondo. Dopo il riuscito...