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Verso un nuovo governo israeliano: il ruolo di Ben-Gvir e delle forze di estrema destra

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La vittoria di Benjamin Netanyahu nelle elezioni israeliane di inizio novembre vede insediarsi in parlamento come deputato Itamar Ben-Gvir, un militante di estrema destra del quale molti leader mondiali si dicono preoccupati.

I vincitori delle elezioni israeliane

Tra le più rilevanti novità dell’ultima tornata elettorale in Israele si registra l’affermazione del Partito Sionista Religioso, il quale ha ottenuto 14 dei 120 seggi parlamentari grazie all’alleanza con il partito Noam, con posizioni omofobe, e con il partito di estrema destra Potere Ebraico di cui Itamar Ben-Gvir, figura in ascesa del momento, è leader. Alla luce di questo risultato è del tutto probabile che la fazione di Ben-Gvir possa aspirare a un ruolo di peso nel futuro governo guidato da Netanyahu. Il leader dell’estrema destra ambirebbe al ruolo di ministro della Pubblica sicurezza per esercitare il controllo sulla polizia. Parallelamente, il leader del Partito Sionista Religioso, Bezalel Smotrich, punta al ministero della difesa, sebbene nelle ultime ore si sia aperta anche la possibilità del ministero delle Finanze. Nell’analisi complessiva dei risultati delle elezioni, il Likud, risulta essere il vincitore con 32 seggi. Il secondo posto, con 24 seggi, è ricoperto dal partito Yesh Atid, guidato dal premier uscente Yair Lapid, di affiliazione centrista. Al terzo posto troviamo per l’appunto il Partito Sionista Religioso. Per quanto riguarda i rimanenti 50 seggi sono suddivisi tra 7 liste. Con 65 seggi assegnati ai partiti di destra, il possibile nuovo governo di Netanyahu potrebbe contare su una relativa stabilità di maggioranza. 

La linea politica del Partito Sionista Religioso

Tra i principali punti programmatici con cui si è presentato alle elezioni, il Partito Sionista Religioso si è pronunciato a favore di una riduzione graduale dell’indipendenza della magistratura, condizione che potrebbe indebolire la democrazia israeliana, poiché punta a modificare le modalità di elezione dei giudici della Corte Suprema dando al potere esecutivo la capacità di scavalcare quello giudiziario. A ciò si aggiunge la volontà del partito di sostenere la decriminalizzazione delle denunce contro Netanyahu in chiave retroattiva. Netanyahu, infatti, nel 2019 è stato incriminato per abuso di fiducia, frode e corruzione ma il processo risulta essere tutt’oggi in corso. La vittoria alle elezioni potrebbe però permettergli uno slittamento nella condanna poiché, secondo la legge israeliana, un primo ministro condannato non può essere fatto dimettere finché non abbia esaurito tutte le possibilità di appello, il che può richiedere molti anni; inoltre, l’eventuale insediamento di un governo da lui guidato potrebbe far decadere totalmente il procedimento penale.

Il Partito Sionista Religioso supporta inoltre la pena capitale e detiene una linea più permissiva nell’uso del fuoco aperto da parte delle forze armate. Politicamente sostiene lo smantellamento dell’ANP (Autorità Nazionale Palestinese) che tutt’ora amministra una parte dei territori palestinesi. Un’eventualità che porterebbe i palestinesi della Cisgiordania di nuovo sotto il controllo israeliano.

La figura di Itamar Ben-Gvir

Itamar Ben-Gvir, figlio di immigrati ebrei laici iracheni, residente nella comunità di Hebron in Cisgiordania, si unì in età adolescenziale al movimento giovanile Kach del rabbino Meir Kahane. Quest’ultimo fu fondato negli anni ’70 ma posto fuori legge negli anni ’90 poiché, oltre ad essere un movimento di estrema destra anti-arabo, assunse posizioni razziste, talvolta considerate terroristiche. Il movimento cercò di candidarsi come partito e partecipare alle elezioni del 1973, 1977 e 1981 ma venne puntualmente escluso a causa di un programma politico che incitava al razzismo. Nel 1990 il leader del partito morì e il movimento fu scisso in due fazioni. Entrambe concorsero alle elezioni del 1992 ma furono a loro volta messe fuori legge per i medesimi motivi. Nel 1994 vennero entrambe dichiarate organizzazioni terroristiche e messe fuori legge in seguito del massacro presso la moschea della Tomba dei Patriarchi di Hebron che portò alla morte di 29 palestinesi musulmani.

Ben-Gvir assurse agli onori delal cronaca già nel 1995 quando minacciò di morte il primo ministro Yitzhak Rabin, tre settimane prima che quest’ultimo venisse ucciso da un estremista ebreo a Tel Aviv. A causa di queste posizioni di estrema destra venne respinto dall’esercito israeliano, fattore che spesso compromette la carriera politica in Israele. A seguito di ciò Ben-Gvir decise di dedicarsi alla giurisprudenza per diventare avvocato.

La sua linea politica continuò a seguire tali tendenze e ciò lo portò a raccogliere 46 incriminazioni, tra le quali istigazione al razzismo, sostegno a un’organizzazione terroristica e supporto alla violenza tra ebrei e arabi in città miste. 

I sostenitori di Ben-Gvir

Nonostante la sua linea dura e repressiva, l’ascesa al potere di Ben-Gvir è da rintracciarsi come risposta a sentimenti di paura e vulnerabilità nei confronti degli arabi. La sua leadership si è dunque affermata grazie all’appoggio da parte di alcuni settori della società israeliana attraversati da un sentimento nazionalista i quali, seppure minoritari, lo hanno portato da una lista con poco più di 80.000 voti nel 2019 ad una di 225.000 nel 2021. L’aumento dei consensi è da rintracciarsi dapprima in seguito a una recrudescenza conflitto israelo-palestinese nella Striscia di Gaza, con l’escalaltion del maggio 2021, e successivamente nell’ondata di attacchi terroristici da parte dei palestinesi contro gli israeliani che vivono in Cisgiordania e in Israele. 

La maggior parte di voti favorevoli proviene dai giovani, soprattutto i neo-maggiorenni, dall’esercito, dagli elettori laici della classe medio-alta residenti in Israele e da molti centristi.

I timori di un governo di estrema destra

Grande apprensione si è mossa a livello internazionale per il possibile nuovo governo e soprattutto per le figure controverse che ne potrebbero far parte. La preoccupazione fa riferimento al possibile inasprimento dei rapporti tra israeliani e palestinesi, fattore che comprometterebbe l’attuale situazione di stallo e incrinerebbe le relazioni arabo-ebraiche nel Paese. Nello specifico, Abdullah Bin Zayed, Ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti, ha direttamente avvertito Netanyahu che l’affermazione di un governo con l’ultradestra rappresenterebbe un rischio per i loro rapporti bilaterali. 

L’insediamento di Ben-Gvir, assieme agli altri ultranazionalisti, paventa inoltre il rischio di pregiudicare il legame fondamentale con gli Stati Uniti e con la comunità ebraica americana, i quali invece seguono una linea più moderata. A tal proposito, Robert Menendez, capo della Commissione Affari Esteri del Senato americano, ha ammonito Netanyahu stesso per la posizione di rilievo concessa a Ben-Gvir nella sua coalizione. Funzionari dell’amministrazione Biden si dice preoccupata soprattutto riguardo alla nomina del futuro Ministro della difesa. Al riguardo, prima delle elezioni, il Segretario di Stato americano Tony Blinken e il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan avrebbero accennato alla possibilità di degradare la cooperazione con quei dicasteri guidati da esponenti della destra estrema. Secondo la stampa israeliana proprio in seguito ai timori e alle riserve avanzate dall’alleato americano, negli ultimi giorni si sarebbero tenuti dei contatti tra Netanyahu, Lapid e Gantz (Ministro della difesa in carica), al fine di formare un governo di unità nazionale che escluda l’ala di estrema destra del nuovo parlamento israeliano. Tali contatti sono stati comunque smentiti da Netanyahu. Incaricato dal presidente della Repubblica Herzog di formare il nuovo governo, il leader del Likud ha pubblicamente evidenziato come non abbia alcuna intenzione di creare un nuovo governo di unità nazionale.

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