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LibriÁxeinos! Geopolitica del Mar Nero

Áxeinos! Geopolitica del Mar Nero

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Pubblichiamo un estratto del volume “Áxeinos! Geopolitica del Mar Nero” di Mirko Mussetti edito da goWare (2018). Finanziato dal Centro Studi Strategici Carlo De Cristoforis, il lavoro è impreziosito dalle prefazioni del direttore della Nato Defence College Foundation, Alessandro Politi, e dell’esperto di geoeconomia Laris Gaiser. -> ACQUISTALO QUI

Il Póntos Áxeinos si presenta come un ricettacolo di potenziali conflitti regionali in ambito diplomatico, commerciale e militare. Via terra e via mare.

La pressione verso ovest della cardinale Russia smuove le acque e spinge le mutevoli Ucraina, Turchia e Moldova al riposizionamento geopolitico. Le restanti nazioni fisse cercano prudentemente di guadagnare tempo, resistendo ad un pericoloso mutamento dello status quo.

L’Italia deve intuire come i principali attori rivieraschi sapranno interagire tra loro allo scopo di proteggere al meglio i propri interessi commerciali, energetici e logistici. La Russia (economia complementare), la Turchia (concorrente diretto) e la Romania (alleato affidabile) sono gli osservati speciali.

  • RUSSIA: a seguito del beffardo allargamento della Nato e alla rivoluzione pilotata di Euromaidan in Ucraina, il Cremlino ha deciso di orientare i propri sforzi politici, militari e ingegneristici per mantenere il controllo dell’intera costa settentrionale del Mar Nero. Ripercorrendo le vincenti esperienze del passato, la Russia è determinata a controllare il centro del bacino, egemonizzando quello che sostanzialmente è un mare chiuso, ovvero un “lago russo”. Per Mosca si tratta di un atteggiamento necessario per poter garantire alla vastissima nazione eurasiatica l’accesso ai mari caldi e alle floride rotte commerciali sulle quali si impernia gran parte del commercio globale.

  • TURCHIA: privata della solidarietà atlantica a seguito del fallito golpe dell’estate 2016 e messa alle strette da Mosca, Ankara ha accelerato sul programma di riforme interne e sul proprio riposizionamento geopolitico, entrambi concepiti e iniziati anni prima. Incerta sul proprio futuro e mascherando le proprie debolezze, la Turchia sta adottando una politica estera spregiudicata, imprevedibile e pluridirezionale. Consapevole di non poter competere militarmente con lo storico nemico russo, preferisce adottare un approccio aggressivo nei confronti dei vicini più piccoli, proponendosi come protagonista nel Mediterraneo orientale. Ma l’attivismo in Siria potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio: qualora calpestasse i piedi a Mosca nel tentativo di bloccare la costruzione del gasdotto Iran-Iraq-Siria (bramando quindi la realizzazione della pipeline Qatar-Turchia), metterebbe a rischio la propria integrità territoriale. L’idea di spezzare la penisola anatolica in due tronconi, favorendo la nascita di uno stato indipendente curdo, non è un’opzione presa in considerazione solo da Washington. Ankara ne è cosciente, ma è disposta a giocarsi tutto nel tentativo di ripristinare l’antica gloria della Sublime Porta. Erdoğan ha due assi nella propria manica per scongiurare lo smembramento dello Stato e gonfiare il proprio potere di ricatto verso le grandi potenze europee: il posizionamento geografico in veste di hub del gas per l’Europa e il “raddoppio” del Bosforo mediante la costruzione di un nuovo canale parallelo (Kanal İstanbul), che potrebbe portare al superamento del regime securitario derivato dalla Convenzione di Montreux.

  • ROMANIA: vedendo accresciuto il proprio peso geostrategico e intimorita dall’assertività russa, Bucarest cerca di proporsi come baluardo dei valori occidentali e come attore stabilizzante dello spazio eusino. Le principali premure sono rivolte alla piccola Moldova, che bene vedrebbe assorbita entro i propri confini. Il fenomeno unionista è crescente e le speranze di vedere realizzata l’Unirea dei due stati rumenofoni è via via più concreta. Bucarest si sta sagacemente adoperando per svincolare Chișinău dalla dipendenza del gas russo e legarla definitivamente al mercato romeno dell’energia elettrica. Mediante l’implementazione di progetti infrastrutturali e tramite l’assistenza tecnica e finanziaria, la Romania spera di cannibalizzare la piccola nazione sorella. Il rischio è però quello di cozzare contro gli interessi geostrategici del Cremlino in Transnistria, finendo involontariamente per far precipitare la tenuta del fragile status quo nel quadrante nord-occidentale del Mar Nero. Per tale ragione Bucarest prende in considerazione la possibilità di un “patto col diavolo”, ovvero un tacito accordo con Mosca per lo smembramento della Moldova e la fissazione di una concordata linea rossa sul fiume Nistru/Dnestr.

In questo imprevedibile contesto, l’Italia si trova a dover ideare e implementare una strategia che comporti la ricostruzione del proprio strategico asse commerciale ovest-est. Vale a dire il superamento diplomatico delle sanzioni contro la Russia e la rimozione degli ostacoli logistici che si frappongono tra Roma e Mosca. Per nulla semplice.

Se la situazione richiede l’implementazione di un piano strategico organico e audace, l’approccio che meglio si confà alle esigenze italiane è indubbiamente min-max, ovvero di minimizzazione del massimo rischio possibile.

  • SANZIONI: le sanzioni economiche imposte dall’Unione Europea alla Russia in generale e alla Crimea in particolare costituiscono uno sciocco ed effimero strumento di pressione diplomatica. Sulla base dell’evidenza empirica, esse danneggiano, e danneggeranno anche in futuro, entrambi i grandi mercati coinvolti senza peraltro che sussista una logica speranza di appianamento delle divergenze politiche. L’economia agroalimentare e manifatturiera italiana è più di altre colpita. Un vero peccato se si pensa che l’economia russa e e l’economia italiana sono strutturalmente complementari. Caso più unico che raro a livello globale, Russia e Italia non sono in concorrenza in alcun segmento economico di rilievo: è un vero rompicapo trovare anche un solo settore industriale in cui gli interessi di Roma e Mosca possano indirettamente confliggere. L’interscambio sia merceologico sia tecnologico è netto e di reciproco vantaggio per entrambi gli stati sovrani, che attingono dalla controparte quanto la produzione interna non è in grado di sopperire quantitativamente o qualitativamente.

È dunque imperante per l’Italia attivarsi diplomaticamente affinché questa assurdità possa ufficialmente cessare. In caso contrario, in prospettiva, l’Italia ne risentirebbe pesantemente in termini di positività della bilancia commerciale. Un guaio serio per un Paese dal mercato interno limitato, dalle risorse naturali carenti e da un debito pubblico gravoso. A meno che l’imprenditoria italiana, prendendo spunto da quella tedesca, sia in grado di aggirare le norme e instaurare un sistema strutturato di triangolazioni finanziarie e commerciali. Con buona pace di Bruxelles.

  • OSTACOLI LOGISTICI: la guerra nel Donbass e l’incertezza sui futuri transiti attraverso il Bosforo costituiscono ostacoli geografici concreti – terrestri e marittimi – per il transito delle merci italiane verso la Russia e i mercati dell’Asia Centrale. L’ottimale transito terrestre lungo la costa nord del Mar Nero non è attualmente sicuro o consigliabile; il più lungo tracciato logistico attraverso la Bielorussia (con le connesse triangolazioni finanziarie) costituisce un costoso impaccio per Roma, che dovrebbe guardarsi anche dall’egemonico attivismo di Berlino. Anche il transito navale nel Mar Nero verso la Crimea e i porti russi costituisce un rischio: lo stretto del Bosforo potrebbe essere di volta in volta chiuso arbitrariamente dalla Turchia, naturale concorrente commerciale dell’Italia. Per garantirsi sempre e comunque un sicuro passaggio delle merci, il “piano B” per Roma dovrebbe essere costituito da mirati investimenti infrastrutturali nel porto di Costanza (Romania) e dall’istituzione di nuove rotte commerciali che leghino la costa bulgaro-romena alla Crimea. Soprattutto in considerazione del fatto che a breve il lungo Ponte (viadotto) di Kerch diverrà completamente praticabile, rendendo sicure le operazioni di cabotaggio stradale delle merci verso il distretto meridionale della Federazione Russa.

Non si può escludere che, in ottica futura, anche il porto commerciale di Mariupol sul Mar d’Azov possa rivelarsi una valida alternativa; molto dipende da come evolverà il conflitto bellico nel Donbass e da quale sarà il destino geopolitico di questa importante città russofona situata in prossimità della linea di contatto dei due eserciti.

Il mix logistico terra-mare – seppur dispendioso – in caso di urgente bisogno garantirebbe un sicuro transito mercantile. Inoltre, rappresenterebbe una grossa occasione per l’Italia per l’acquisizione di nuove quote di mercato nella penisola crimeana – soprattutto in ambito turistico e agroalimentare – e di approfondimento dei legami storici con l’amico russo.

In virtù dei buoni rapporti intrattenuti sia con Bucarest che con Mosca, Roma dovrebbe favorire l’istituzione di una riconosciuta amity line tra la Romania e la Russia, onde scongiurare la seppur bassa possibilità che le due nazioni possano confliggere militarmente. Il fiume Nistru/Dnestr è il soddisfacente punto di incontro e scambio tra i due contendenti: agevola l’unione della Moldova alla Romania e riconosce la presenza russa in Transnistria a tutela dei propri interessi geostrategici.

Favorire i rapporti cordiali tra Romania e Russia è per l’Italia una missione fondamentale sia per garantirsi sagaci transiti logistici verso est, sia per permettere alle proprie aziende nazionali (Eni in primis) di operare con sicurezza nel ricco quadrante nord-occidentale del Mar Nero (risorse naturali offshore).

L’Italia ha la possibilità di contribuire con successo alla stabilizzazione della regione, permettendo al Mar Nero di tornare ad essere un mare ospitale. Un mare chiamato nuovamente Póntos Éuxeinos.

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