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TematicheMedio Oriente e Nord AfricaAttentato con droni armati: il Premier Al-Kadhimi è sopravvissuto

Attentato con droni armati: il Premier Al-Kadhimi è sopravvissuto

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Il Primo Ministro iracheno Mustafa al-Kadhimi è sopravvissuto all’attentato con droni armati verificatosi a Baghdad nella scorsa domenica. L’attacco aumenta drammaticamente la tensione nel Paese, già messa a dura prova nelle settimane precedenti nel clima post-elettorale. Gli Stati Uniti hanno condannato l’attacco, definendolo un atto terroristico.

Un drone armato nella Green Zone

Domenica 7 novembre, il Primo Ministro iracheno Mustafa Al Kadhimi è sopravvissuto ad un drone carico di esplosivo che si è infranto sulla sua residenza a Baghdad. Al Kadhimi ha riportato solamente lievi ferite, ma circa sei delle sue guardie personali sono rimaste ferite. L’attacco è avvenuto verso le 2.30 del mattino quando tre droni hanno superato le barriere e sono entrati nella Green Zone. All’interno di questo distretto si trovano edifici governativi, ambasciate straniere e residenze di alti funzionari. La risposta all’attacco ha condotto all’abbattimento di due droni, mentre il terzo è riuscito a colpire la casa del Primo Ministro per poi deviare la rotta verso la zona nordoccidentale di Hurriyah. Inoltre, nelle prime indagini post-esplosione è stato reperito un razzo inesploso nei paraggi del tetto.

La capitale irachena, nei giorni antecedenti all’attacco, era già stata teatro di scontri aventi come protagoniste le milizie filo-iraniane, derivanti dalle numerose proteste per i risultati delle elezioni di ottobre. Vi sono state inoltre diverse minacce dirette al premier Al-Khadimi. Il Consiglio di Sicurezza Nazionale, così come l’Agenzia di stampa statale, hanno condannato l’accaduto dichiarandolo un attacco diretto alla sicurezza irachena, messo in atto da gruppi armati criminali “codardi e terroristi”. Anche il Presidente Barham Salih si è espresso in merito e ha mantenuto la stessa linea del Consiglio di Sicurezza Nazionale, definendo l’azione stessa come un’aggressione terrorista.

Subito dopo l’attacco, Al Kadhimi è apparso in un video sul suo account Twitter volto a tranquillizzare i suoi cittadini e a comunicare il suo stato di salute. Il Primo Ministro ha più volte invitato civili e le istituzioni alla calma, insistendo per un impegno di tutte le fazioni orientato al bene dell’Iraq e al suo futuro attraverso un dialogo costruttivo.

Un punto interessante riguarda la rivendicazione dell’attacco. Inizialmente nessun gruppo ha preso posizioni precise, ma il portavoce delle forze armate Yehya Rassoul ha prontamente dichiarata aperta un’indagine per identificare il punto di lancio dei droni.

Non sono mancate le polemiche, a partire dalla posizione di Qais Khazali, leader del gruppo militante Asaib Ahl Al Haq: per Khazali la priorità risiede nell’affidare alla giustizia i responsabili e ha insinuato che l’attacco fosse stato premeditato; a tal proposito ha chiesto un comitato tecnico specializzato per la riesamina dell’incidente. I primi referti riconoscono similitudini tra i droni utilizzati in questo assalto e i droni di fabbricazione iraniana utilizzati nei precedenti attacchi in Iraq.

Le tensioni post-elezioni e la reazione dei leader politici

Secondo i risultati preliminari del voto, il blocco Fataj di politici e comandanti delle milizie legate a Teheran ha ottenuto circa 15 dei 329 seggi in Parlamento, in calo rispetto ai 48 che deteneva in precedenza. Il suo conteggio lo ha reso il secondo blocco più grande. Il grande vincitore, con più di 70 seggi, è stato il movimento di Al Sadr, un predicatore sciita che ha basato la sua campagna sul nazionalismo e sulla critica dell’Iran.

Alcune milizie e partiti sciiti hanno respinto i risultati iniziali, accusando di frode l’Alta Commissione Elettorale Indipendente. Per settimane, i loro sostenitori hanno protestato fuori dalla Green Zone, chiedendo un nuovo conteggio manuale di tutti i voti.

La Commissione ha censito più di 2.000 urne elettorali da varie parti dell’Iraq per le quali sono stati accolti gli appelli. Il conteggio manuale non ha corrisposto ai risultati iniziali.

Lo scorso venerdì la situazione è peggiorata quando sono scoppiati nuovi scontri tra le forze di sicurezza e i manifestanti che hanno cercato di avanzare nella Zona Verde. I sostenitori delle milizie allineate all’Iran, che negli ultimi anni hanno accresciuto il loro potere in Parlamento e nel governo, sono stati tra i primi a protestare contro i risultati delle elezioni di ottobre.

Analisti indipendenti affermano che i risultati delle elezioni riflettono la rabbia nei confronti dei gruppi armati sostenuti dall’Iran, ampiamente accusati di coinvolgimento nell’uccisione di quasi 600 manifestanti che sono scesi in strada in manifestazioni antigovernative separate nel 2019.

Il religioso sciita iracheno Moqtada Al Sadr, vincitore delle elezioni del mese scorso, ha parlato con Al Kadhimi subito dopo l’attacco. Così come gli altri leader precedentemente citati, anche Al Sadr vede l’incidente come un chiaro tentativo di minare la più alta autorità del Paese. Il religioso ha letto nell’azione il tentativo di alimentare la tensione nel Paese e nel suo popolo, mettendo in discussione la sicurezza nazionale. 

Il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Ned Price, ha dichiarato pubblicamente: “Questo apparente atto di terrorismo, che condanniamo fermamente, è stato diretto al cuore dello Stato iracheno”. Prince ha insistito nel ribadire il costante impegno degli Stati Uniti verso questi partner, non mutando la stretta collaborazione con le forze di sicurezza irachene incaricate di difendere la sovranità e l’indipendenza dell’Iraq. Prince ha inoltre offerto l’assistenza americana a fianco delle indagini su quanto accaduto. Anche gli Emirati Arabi Uniti hanno condannato con la massima fermezza l’attacco, esprimendo la propria solidarietà all’Iraq e il sostegno di fronte al terrorismo.

La missione speciale delle Nazioni Unite in Iraq ha inizialmente denunciato il tentativo di assassinio nei “termini più forti”, esprimendo sollievo per il fatto che Al Kadhimi sia rimasto illeso. La preoccupazione del terrorismo, della violenza e degli atti illeciti è sempre alle porte, ma il pensiero principale va al processo democratico messo in atto dall’Iraq e il suo possibile deragliamento. United Nations Assistance Mission for Iraq (Unami) incoraggia fortemente tutte le parti ad assumersi la responsabilità della riduzione dell’escalation e ad impegnarsi nel dialogo per allentare le tensioni politiche, sostenendo sempre l’interesse nazionale dell’Iraq.

Chi è Al-Khadimi?

Il Primo Ministro iracheno è uscito illeso quando la sua casa è stata presa di mira da droni armati, ma chi è Mustafa al-Kadhimi e perché colpirlo?

Kadhimi è un ex giornalista che ha scritto articoli contro il dittatore iracheno Saddam Hussein dall’esilio. È tornato in Iraq dopo l’operazione guidata dagli Stati Uniti che nel 2003 ha rovesciato Saddam. Al-Kadhimi è subentrato nel maggio 2020 al posto di Adel Abdul Mahdi, dimessosi a seguito di proteste di massa contro il governo. Dal 2016 al 2020 è stato a capo dell’intelligence, svolgendo un ruolo centrale nella campagna contro lo Stato islamico sostenuta dagli Stati Uniti. È diventato premier con il sostegno da parte degli Stati Uniti e da parte dell’Iran, trovandosi così nella posizione di bilanciare le relazioni dell’Iraq tra Teheran e Washington. Le tensioni con i gruppi paramilitari iracheni sostenuti dall’Iran sono state una caratteristica distintiva del suo mandato. Alcuni di questi gruppi nutrivano profondi dubbi sulla sua nomina, alimentando sospetti nei suoi confronti a causa dei suoi buoni rapporti con gli americani. 

A lui si deve l’impegno delle forze di sicurezza irachene nel cercare di tenere a freno i gruppi sostenuti dall’Iran, soprattutto in seguito alle accuse mosse dai funzionari statunitensi per i razzi contro le basi che ospitano il personale statunitense. Ma poco è stato ottenuto su questo fronte, e nelle rare occasioni in cui le forze di sicurezza irachene hanno arrestato membri di questi gruppi, sono stati presto rilasciati. Il Primo Ministro ha più volte visitato Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed è stato alla Casa Bianca con il compito di trovare nuove modalità per migliorare le relazioni irachene con gli stati del Golfo che competono con l’Iran per l’influenza in tutto il Medio Oriente. Nel tentativo di alleggerire le tensioni tra Arabia Saudita e Iran ha ospitato un incontro a Baghdad che ha riunito funzionari di entrambi gli Stati.

Durante un incontro con il presidente Joe Biden alla Casa Bianca ha siglato un accordo per terminare formalmente la missione di combattimento degli Stati Uniti in Iraq entro la fine del 2021, rimanendo sul territorio con un solo ruolo consultivo. Il governo iracheno ha mantenuto una linea più dura e non si è spostato dalle sue precedenti posizioni: ha infatti criticato a più riprese gli attacchi aerei condotti dagli Stati Uniti al confine tra Iraq e Siria avvenuti a luglio, definendo l’intervento una violazione della sovranità irachena.

In definitiva, si può dunque concludere che l’attacco ha riacceso il dibattito tra Iran e Stati Uniti. L’attentato al Primo Ministro è stato letto come una sfida alla democrazia e alla progressiva stabilità dell’Iraq. È stato un affronto diretto alla classe politica, ma va sottolineata la mancanza di rivendicazioni ufficiali e la presenza di prove meramente circostanziali circa la responsabilità iraniana.

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