Da un punto di vista terminologico, i programmi di sviluppo promossi dalla Cina sono identificabili più come una forma di cooperazione, piuttosto che come un’assistenza: quest’ultima delinea una condizione nella quale inevitabilmente viene ad instaurarsi un rapporto di subalternità tra un donatore e un beneficiario. Al contrario, e in linea con il principio della south-south cooperation, Pechino si propone di offrire al continente africano l’opportunità di conseguire lo sviluppo e di crescere autonomamente mettendo a frutto quelle potenzialità che il Dragone, forse prima dell’Occidente, ha colto in anticipo e in modo lungimirante.
Non si instaurerebbe, quindi, un rapporto di natura gerarchica tra la Cina e l’Africa ma una relazione di cooperazione su basi e condizioni di equità. Sono emblematiche a tal proposito le parole pronunciate dal Presidente cinese Hu Jintao in occasione del 4° Forum di Cooperazione sino-africana (2006) a Pechino : «The different civilisations can learn from each other through communication so as to enrich and develop themselves respectively in this way».
L’aiuto allo sviluppo offerto dalla Cina non si sostanzia in donazioni unilaterali verso il continente africano, ma in un supporto fornito all’Africa attraverso l’apertura di canali commerciali, risorse ed investimenti diretti che la Cina impiega per progetti da realizzarsi sul continente.
La natura degli aiuti finanziari offerti dalla Cina è inoltre difficilmente riconducibile alla tradizionale definizione di Official Development Aid (ODA), fornita dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico (OCSE).
Gli ODA sono definiti come un flusso di finanziamenti ufficiali concessi a Paesi o territori o ad organizzazioni multilaterali, enti governativi statali, locali o agenzie istituzionali di altro tipo. Essi hanno come scopo principale quello di promuovere lo sviluppo economico e il benessere dei Paesi in via di sviluppo e si caratterizzano per offrire condizioni di prestito agevolate rispetto a quelle di mercato (es. tassi di interesse particolarmente bassi).
Sono esclusi da questa definizione i prestiti concessi da parte di agenzie di credito con lo scopo di favorire le esportazioni, oltre che le risorse stanziate per l’aiuto militare, comprese quelle per le operazioni di peacekeeping.
A questi si aggiungono poi gli Other Official Flows (OOF), definiti come quel flusso stanziato da parte di enti governativi per scopi diversi da quelli inerenti lo sviluppo del Paese.
Diversamente, l’assistenza cinese, svincolata da condizionalità politiche ed economiche verso i paesi beneficiari, prevede donazioni, prestiti senza interesse e prestiti a condizioni agevolate, che comportano un abbuono di interesse e riduzioni del debito. Spesso la restituzione del prestito è legata all’esportazione di prodotti locali come nel caso dell’Angola, per la quale i prestiti cinesi sono subordinati all’offerta di greggio.
Le prime due forme di finanziamento sono gestite dal Ministero del commercio; mentre l’ultimo viene trasferito direttamente dalla China EXIMBank – sulla base delle indicazioni fornite dal governo cinese – al governo del Paese beneficiario.
Molto spesso poi negli aiuti per l’estero la Cina include anche spese militari o borse di studio per la formazione tecnica, o ancora, sovvenzioni alle imprese cinesi che operano all’estero.
Data la natura di questi strumenti di assistenza è logico ritenere che buona parte degli strumenti usati dalla Cina sono classificabili più come OOF anziché come ODA.
Ispirandosi alla propria esperienza di crescita conseguita nel corso degli ultimi trent’anni, Pechino sembra seguire un modello di sviluppo particolarmente attento alle componenti economiche di un Paese. Tra i principali settori per cui la Cina fornisce assistenza all’Africa, vi sono infatti quello infrastrutturale, agricolo, industriale e dell’assistenza umanitaria; mancano invece programmi relativi allo sviluppo politico ed istituzionale dei Paesi africani, dato il principio di non interferenza, cardine della politica estera cinese, che indurrebbe Pechino a non intervenire nell’impianto politico di un Paese.
Le grandi opere infrastrutturali hanno una rilevanza notevole per Pechino, che dal 2000 ad oggi continua ad investire moltissimo in questo settore, riuscendo così a guadagnare la fiducia e la stima da parte delle popolazioni africane. In un trend riportato dal network di ricerca Afrobarometer risulta che per il 48% della popolazione africana, il fattore che contribuisce maggiormente a rendere positiva l’immagine della Cina nel continente siano proprio gli investimenti nelle infrastrutture; e nel complesso il 56% dei Paesi africani si dice soddisfatto dell’assistenza fornita dalla Cina.
Non va dimenticato, infine, che la crescita del continente africano può rivelarsi una carta fondamentale per una potenza economica come la Cina, che necessita di soddisfare una crescente domanda interna di beni e materie prime.
In tal senso, il settore commerciale (utile a garantire le importazioni dei beni e delle materie prime necessarie al fabbisogno interno), quello agricolo (vitale per compensare la carenza di campi coltivabili di cui la Cina non dispone più per via dell’eccessiva urbanizzazione) e infine, ma soprattutto, il settore energetico, costituiscono tutt’ora dei punti fondamentali nell’agenda politica di Pechino per lo sviluppo dell’Africa.