Utilizzando 6,5 miliardi di dollari sui 18 miliardi delle c.d. “riserve eccedenti” della Banca Centrale (BCRA), il Governo argentino intende creare il Fondo Bicentenario per lo Sdebitamento, un fondo speciale a garanzia del pagamento di almeno la metà del debito estero in scadenza nel 2010. Con questa manovra l’amministrazione Kirchner vuole assicurarsi il raggiungimento di due obiettivi: l’accesso al mercato internazionale di capitali ed il miglioramento delle condizioni del credito.
Dopo sei anni di doppio surplus fiscale e commerciale, l’Argentina ha affrontato un 2009 all’insegna del saldo fiscale negativo dovuto alla caduta della domanda interna e alla diminuzione delle esportazioni. Considerando che il 30% delle entrate fiscali del paese proviene dall’iva e che il 17% viene raccolto attraverso le tasse sull’export, il budget a disposizione del governo per la spesa pubblica negli ultimi mesi si è notevolmente ridotto. Per fronteggiare la situazione e cercare di recuperare gli introiti del fisco, il Ministro dell’Economia Boudou ha promosso un piano di facilitazione e dilazione per il pagamento delle tasse destinato ai contribuenti in mora. Una politica che lo stesso ha definito anticiclica ma che da sola non basta a rilanciare investimenti, produzione e consumi. L’Argentina si trova ad aver estremo bisogno di nuovo credito per il settore pubblico così come per quello privato.
Il default del 2001 e la decisione di non onorare i debiti nei confronti dei creditori stranieri, a cui deve ancora quasi 37 miliardi di dollari (30 miliardi ad azionisti privati e 6,8 al club di Parigi), ha praticamente isolato l’Argentina dal flusso internazionale dei capitali lasciandogli come unica possibilità il rafforzamento dei rapporti con il Venezuela, l’unico Paese che continua a garantirgli il supporto finanziario, sebbene a caro prezzo (il tasso d’interesse medio applicato è del 15%). Accedere liberamente ai mercati internazionali del debito, in questo momento difficile, consentirebbe all’Argentina di contare su maggiori risorse finanziarie, necessarie per approntare politiche anti-crisi, aumentare consumi e spesa pubblica ma soprattutto accedere a condizioni di prestito più vantaggiose rispetto a quelle attuali puntando a tassi di interesse sotto il 10%.
Da un punto di vista geopolitico, vanno tra l’altro presi in considerazione anche gli effetti che potrebbero ricadere sull’Argentina -nel caso dovesse rimanere isolata dal contesto internazionale-, di due importanti cambiamenti nell’equilibrio economico-politico dell’America del Sud. Il primo riguarda la vittoria della destra cilena alle elezioni politiche di gennaio 2010, che potrebbe portare il Cile a preferire un rafforzamento dei rapporti politico-commerciali con gli Stati Uniti a discapito di quelli con il Mercosur (al quale l’Argentina destina il 24% circa delle esportazioni). Il secondo si riferisce all’offensiva commerciale che il Presidente Brasiliano Lula Da Silva si appresterebbe a promuovere nei confronti delle importazioni dei prodotti cinesi in America Latina. La strategia brasiliana consisterebbe nel “credito vincolato”, ovvero nell’estendere le linee di credito ai paesi vicini dell’America Latina in cambio dell’acquisto di macchinari e prodotti brasiliani. Considerata la già forte alleanza commerciale tra Brasile ed Argentina, riconfermata anche recentemente nel corso di un Summit interministeriale tra Argentina e Brasile il 5 febbraio 2010, l’isolamento argentino dal contesto mondiale potrebbe portare ad una eccessiva dipendenza economica del paese da Brasile e Venezuela.
Che l’Argentina abbia bisogno di riottenere fiducia sui mercati internazionali è fuori discussione, ma che lo possa fare utilizzando le riserve della Banca Centrale per saldare il debito del Ministero del Tesoro secondo molti economisti locali è abbastanza dubbio. A parte la familiarità con questo strumento dell’Argentina che ne ha già fatto uso nel 2006 per onorare il debito – questa volta della Banca Centrale e non del Tesoro – con l’FMI, il Governo Kirchner deve oggi fare i conti con una diversa situazione storica e contestuale. Mentre il 2006 si apriva nella prospettiva di una rapida crescita della produzione e delle esportazioni, la congiuntura attuale si presenta segnata da una caduta del PIL dell’1%, una diminuzione della produzione industriale del 3%, una caduta dello 0,7% dei consumi privati rispetto all’anno precedente accompagnato da un aumento del consumo pubblico dell’8,1% ed un tasso di disoccupazione del 9%, un valore significativo ma pur sempre lontano dal 23,8% raggiunto a cavallo del 2001-2002.
Più che di crisi finanziaria, questa volta si tratta di crisi reale arrivata indirettamente nel paese attraverso il crollo della domanda globale e la caduta del prezzo delle materie prime che hanno inevitabilmente impattato sulle esportazioni argentine. Il 2009 si è comunque chiuso con una un bilancia commerciale in positivo grazie non tanto all’apporto dell’export, sceso del 20% rispetto al 2008, quanto alla maggiore diminuzione (-32%) delle importazioni.
Inoltre, le riserve internazionali della Banca Centrale nel 2009 sono diminuite del 7,8% rispetto al 2008 e si fermano a 46 miliardi di dollari portando il rapporto tra il debito in valuta straniera e le riserve a 165,3%. Il debito pubblico ha, invece, mantenuto il trend in discesa iniziato nel 2004 e alla fine del 2008 ha toccato una quota pari al 18,5% sul PIL. Lo stesso discorso vale per il debito estero che da un tasso del 155% sul PIL registrato nel 2002, nel III trimestre del 2009 ha raggiunto quota 41%.
Il problema più grande riguardo l’Argentina rimane, quindi, rappresentato dal rischio politico. L’ultima crisi istituzionale che ha portato alla destituzione del Governatore del Banco Central de la Republica Argentina dimostra la debolezza dell’assetto costituzionale e la facilità di intromissioni dell’esecutivo in materie di non diretta competenza. Dopo l’aumento delle tasse sulle esportazioni in un momento di particolare benessere che http://www.wherecanibuycialisonline.com ha portato ad uno scontro diretto non ancora concluso tra il governo ed il “campo”, la nazionalizzazione dei fondi pensione e l’istituzione del Fondo Bicentenario, il Consiglio dei Ministri argentino su volere della Kirchner ha approfittato della chiusura estiva del Senato, al quale spetterebbero le decisioni in merito, per destituire Martin Redrado dal BCRA, contrario a trasferire i 6,5 miliardi di dollari di riserve al Tesoro. Il suo posto al Centrale viene rimpiazzato da Mercedes Marcó del Pont, già Presidente del Banco Nación e notoriamente “vicina” alla Kirchner tanto che la stampa locale l’ha definita una “economista hiperoficialista”.