Nella notte tra il 2 e il 3 gennaio il generale Qasem Soleimani è rimasto ucciso in un raid aereo presso l’aeroporto internazionale di Baghdad, in Iraq. Tale operazione è stata ordinata dal Presidente statunitense Donald Trump che, subito dopo il raid, ha pubblicato simbolicamente sul suo profilo Twitter la bandiera degli Stati Uniti d’America. Il generale era da tempo nel mirino di Washington perché considerato responsabile di molti attacchi contro obiettivi americani organizzati in tutto il Medio Oriente.
A
- Soleimani non era comandante Pasdaran ma faceva parte della divisione Quds (operazioni esterne).
- L’attacco non è stato improvvisato, il generale era nel mirino di Washington da tempo.
- Gli Stati Unti hanno approfittato della presenza in Iraq di Soleimani. Il messaggio è chiarissimo: la red line è ampia ma reale. Tale red line riguarda solo i diretti interessi degli Stati Uniti. C’è grande differenza con l’amministrazione Obama.
- L’Iran era preparato alla vicenda. Ci sarà la stessa catena di comando e verrà promosso il vice di Soleimani.
- La reazione dell’Iran ci sarà ma non sarà diretta e colpirà gli alleati degli Stati Uniti. L’obiettivo è quello di screditarli nel golfo e addossare su di loro la colpa dell’escalation.
- Soleimani era una figura fondamentale della dottrina militare iraniana, è stato il vero artefice dell’area di influenza conosciuta come mezzaluna sciita.
- Da non sottovalutare i motivi che superano l’assalto all’ambasciata: Soleimani era inviso da anni all’apparato di sicurezza degli Stati Uniti. Veterani e testimoni di guerra ne parlano con rabbia, lo accusano di vari attentati negli anni. In molti volevano togliersi il sassolino dalla scarpa.