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Cresce l’allarme per le tecnologie al servizio delle mire cinesi nel mondo

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In tutto il mondo si è ormai diffusa la preoccupazione per le ambiguità e le opacità che caratterizzano gli investimenti e le iniziative della Cina comunista all’estero. Le cronache recenti ci hanno raccontato di quanto avvenuto in Polonia, la cui Agenzia per la sicurezza nazionale ha arrestato un cittadino cinese, dirigente della mega azienda Huawei, con l’accusa di spionaggio. Secondo i media di Varsavia l’arrestato avrebbe passato informazioni sensibili all’intelligence di Pechino.

Altri organi di stampa hanno scritto che anche il Paese motore dell’Unione Europea, la Germania, starebbe valutando l’esclusione di Huawei dalle aste delle nuove reti mobili 5G, tecnologia di cui l’azienda cinese è leader, per garantire la propria sicurezza nazionale. Negli Stati Uniti un gruppo di parlamentari ha presentato una Proposta di Legge per tagliare le forniture al colosso cinese, già da tempo nel mirino dell’amministrazione Trump, e di iniziative analoghe si discute apertamente in Australia, Regno Unito e Nuova Zelanda, nel timore che gli apparati targati Huawei vengano usati dal Partito comunista cinese per spiare e/o sabotare.

Fa ora un certo effetto che anche un Paese meno al centro delle vicende internazionali si interroghi pubblicamente sulla natura della presenza di infrastrutture tecnologiche cinesi nel proprio territorio. Si tratta della Svezia, la cui Agenzia della difesa ha avvertito che il Paese scandinavo sta affrontando una sfida crescente in termini di sicurezza da parte della Cina. Oggetto della contesa una stazione satellitare finanziata e costruita dai cinesi a Kiruna, il principale centro abitato della regione svedese al di sopra del Circolo polare artico: la China Remote Sensing Satellite North Polar Ground Station. Secondo fonti ufficiali del regime di Pechino, la stazione aiuta la Cina a “migliorare la capacità di acquisire dati globali di telerilevamento in modo efficiente”. Nel 2016, dopo l’inaugurazione, l’Accademia cinese delle scienze affermò che “Kiruna è il luogo ideale per la ricezione di dati satellitari a distanza. I satelliti cinesi per l’osservazione terrestre acquisiranno i dati globali in modo più efficiente e quindi risponderanno meglio a situazioni quali un disastro naturale”.  La stazione in terra svedese si aggiunge a quelle già in funzione nel territorio cinese.

La stampa svedese ha evidenziato l’esistenza di un allarmante nesso tra la presenza della stazione di Kiruna e il rischio di una crescente influenza cinocomunista nel proprio Paese. Fonti dell’Agenzia svedese della difesa hanno affermato che la cooperazione formalmente civile con la Cina potrebbe avere risvolti di altro tipo. I ricercatori della stessa Agenzia hanno apertamente sostenuto, anche in televisione, che la Cina sarà in grado di usare la stazione per attività di intelligence militare e per garantire a Pechino una forma di sorveglianza satellitare supplementare utilizzabile in caso di un conflitto armato. A loro volta vari media di Stoccolma hanno rivelato che ditte locali produttrici di semiconduttori avanzati, anche per applicazioni militari, sono finite in mani cinesi.

La satellite ground station della Repubblica Popolare Cinese al Polo Nord

Fantascienza o, nel migliore dei casi, un’esagerazione generata dalle crescenti preoccupazioni? Domanda non facile cui rispondere. Di certo impressiona, tornando agli Stati Uniti, l’iniziativa di un gruppo di senatori democratici eletti negli Stati vicini al Distretto federale di Washington, che si sono rivolti alla dirigenza dell’Agenzia che gestisce la metropolitana della Capitale chiedendo di valutare i rischi connessi al possibile coinvolgimento della China Railway Rolling Stock Corp, azienda statale cinese, che vorrebbe fornire nuovi mezzi partecipando a un imminente gara. Secondo i senatori democratici, tra i quali vi è il Vicepresidente del Comitato Intelligence del Senato, ricorrere alla forniture cinesi consentirebbe a Pechino di utilizzare i convogli della metropolitana per condurre spionaggio elettronico sulla città cuore della vita istituzionale e politica degli Stati Uniti.

Lo sviluppo tecnologico è potenzialmente e strettamente collegato allo sviluppo militare della Cina, il cui regime comunista si presenta nel mondo in modo apparentemente interessato a nient’altro che non sia collegato all’obiettivo di incrementare le relazioni economico-commerciali e di piazzare i propri investimenti. Ma si tratta della stessa Cina che minaccia apertamente la pacifica e democratica Taiwan di usare la forza delle armi per costringerla alla “unificazione” e, allo stesso tempo, mette sotto enorme pressione vari Paesi della regione Asia-Pacifico con la finalità di impossessarsi di isole, di acque territoriali e di spazi aerei a vantaggio della sua espansione politica, economica e militare. In questo scenario l’utilizzo strumentale delle tecnologie nelle comunicazioni e negli apparati satellitari è un ulteriore potente strumento nelle mani del regime pechinese e delle sue enormi ambizioni geostrategiche che confliggono con i valori, i principi e gli interessi del mondo libero fondato sulla libertà, sul “Rule of Law” e dunque sui diritti umani, civili, religiosi e politici di ogni persona.

Occorre una grande cautela  – questo il messaggio che sta emergendo su vari fronti internazionali – nei confronti di una Cina guidata da un nomenklatura comunista sempre più aggressiva e sprezzante dietro l’apparente copertura del “soft power” e della finta non ingerenza negli altrui affari interni. Una cautela che andrebbe presa in considerazione anche in Italia, dove nello scorso settembre, inopportunamente nel periodo di chiusura della gara per l’assegnazione delle frequenze 5G, alla Camera dei Deputati proprio Huawei organizzò un seminario sulla trasformazione digitale alla presenza dei vertici politici del Ministero dello sviluppo economico (cioè l’amministrazione responsabile dei bandi di gara in questione).

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