L’interessante articolo di Mario Savina del 18 novembre sulla riforma costituzionale proposta dal governo algerino e approvata circa tre settimane fa con una consultazione referendaria, ribadisce l’attenzione su uno dei Paesi più importanti del continente africano sia in termini politici che economici. La Repubblica Democratica e Popolare di Algeria, dopo l’indipendenza ottenuta dal Sudan del Sud, è lo Stato africano con la maggiore estensione in superficie, prevalentemente occupata dal Deserto del Sahara.
Ma come esplicita l’Algeria questo suo essere “grande” nell’ambito del mercato globale e nei conseguenti rapporti geopolitici?
L’economia algerina è basata prevalentemente sul settore del petrolio e del gas, che esprime una quota tra il 95% e il 98% delle entrate da esportazioni, circa il 75% del bilancio statale e approssimativamente oltre un terzo del PIL del Paese. Un comparto baricentrico dell’economia nazionale, che fa ancora dell’Algeria uno dei Paesi più importanti dell’area mediterranea e dell’area MENA (Middle East and North Africa) e uno dei principali produttori di gas naturale al mondo. Una potenzialità, ma nello stesso tempo un forte elemento condizionante, soprattutto in una fase di transizione e trasformazione del sistema energetico come quella attuale. L’esposizione frontale alle variazioni dei mercati internazionali degli idrocarburi, ha evidenziato una carenza strutturale dell’economia algerina, che ha mostrato di non avere una rete di salvaguardia e protezione sociale a garanzia di pesanti ricadute interne. Il punto di pareggio produttivo per l’equilibrio economico e delle finanze del Paese è intorno a 80 dollari al barile. Le diminuzioni del prezzo del petrolio degli ultimi anni (a partire dal 2014) hanno generato conseguenze sulla spesa pubblica, un aumento della pressione fiscale e dell’inflazione, un tasso di disoccupazione all’11% ed un rapporto PIL pro capite fermo. E’pertanto cresciuto in questo periodo il malessere sociale, l’instabilità e la delegittimazione della politica. In questo clima a fine 2019 si sono tenute le elezioni politiche, che hanno determinato l’attuale assetto di governo, mettendo fine al ventennio di governo di Bouteflika, anche se rimane ancora forte la sua impostazione istituzionale ed il condizionamento sull’attuale gruppo di potere. Ma come si articola ed è organizzato il comparto energetico algerino? Quali previsioni a breve medio termine si prospettano per il settore? Che posizione assumerà l’Algeria negli equilibri mediterranei e a livello internazionale a valle della trasformazione del sistema energetico?
Al centro del sistema si colloca il gruppo SONATRACH, che è l’”ammiraglia” nazionale ed è la più grande Spa africana con una dimensione non soltanto algerina, ma che si rivolge a livello internazionale. Sonatrach, controllata completamente dallo Stato, opera in Africa, in Europa ed in Sudamerica, con oltre 115 mila dipendenti. E’ un gruppo integrato, con attività che vanno dall’Esplorazione e Produzione al Trasporto, Distribuzione e Commercializzazione di Idrocarburi, alla Raffinazione e alla Petrolchimica. E’ una delle aziende pioniere nella liquefazione e nella separazione del GNL (Gas Naturale Liquido), carburante ad alte potenzialità ecologiche in utilizzo soprattutto per l’alimentazione dei mezzi pesanti, e che sta consolidando la crescita anche nella generazione elettrica, nella diversificazione verso le Fonti di Energia Rinnovabile e nella desalinizzazione delle acque marine. Interagisce con accordi commerciali e di scopo con alcune Oil Companies internazionali, a partire dalla nostra ENI, con la francese Total, con British Petroleum. Nel 2018, il Gruppo Algerino ha definito l’acquisizione della proprietà della raffineria di Augusta, in provincia di Siracusa, da Exxon Mobil; l’operazione destò sorpresa per il valore simbolico nei rapporti tra Algeria e USA. Ad oggi su questo caso specifico si concentrano molte perplessità, anche presso l’attuale governo algerino sia per i costi dell’operazione che per la specificità del business, in un contesto di transizione come quello attuale che accompagnerà l’intero sistema globale almeno per i prossimi 40-50 anni. Questo scenario a medio termine e quanto già precedentemente esposto, introduce il tema della tenuta complessiva del sistema economico e sociale algerino nei prossimi anni. L’Algeria vive una fase estremamente delicata proprio considerando il progressivo cambio del mix energetico nella prospettiva temporale a medio termine; infatti su ammissione stessa del governo algerino a novembre 2019 in occasione dell’approvazione della nuova legge sull’energia, le riserve di idrocarburi sono in calo progressivo: ad oggi il 60% è stato utilizzato per consumi interni e esportazioni (dichiarazione del Ministro dell’Energia, Mohamed Akrab, resa all’Agenzia Al Monitor il 30 ottobre 2019). I riflessi di questo scenario pongono delle questioni nodali per il Paese; la nuova legge sull’energia, precedentemente citata, cerca di porre rimedio al conseguente calo delle entrate statali derivante dalla riduzione delle riserve e delle esportazioni degli idrocarburi e per rendere il settore più attrattivo nei confronti degli investitori. Uno degli strumenti individuati è quello dell’ingresso di capitali stranieri nel sistema energetico, condizione interessante anche dal punto di vista geopolitico per le implicazioni che potrebbero emergere nell’ingresso degli assetti proprietari delle imprese algerine dell’energia, di alcune importanti Gruppi internazionali. Questa condizione di rallentamento delle riserve, in particolare del gas naturale, pone un serio problema di approvvigionamento e di sicurezza energetica non soltanto per diversi Paesi della sponda mediterranea dell’Unione Europea, ma in generale per tutti e 27 i Paesi UE (che importano complessivamente l’11% del fabbisogno totale di gas naturale dall’Algeria). I Paesi maggiormente esposti sono Portogallo (per il 50% delle importazioni di gas naturale), Spagna con il 41%, Francia l’11%, e l’Italia con il 14,39%. L’Italia ha un forte rapporto di dipendenza energetica con l’Algeria, anche se in decisa contrazione per gli effetti delle diminuzioni precedentemente indicate; nel 2019 l’importazione di gas naturale è stata di 10,2 miliardi di metri cubi (pari al 14.5% del totale), con un netto calo del 40% rispetto al 2018 (17 miliardi di metri cubi rappresentavano il 25% del fabbisogno complessivo). L’approvvigionamento è garantito attraverso l’infrastruttura sottomarina del metanodotto Transmed (gestito da una società partecipata al 50% tra ENI e Sonatrach), che approda a Mazara del Vallo al punto di riconsegna per l’immissione nella rete SNAM. Inoltre lo scorso anno Eni e Sonatrach hanno prolungato l’accordo di fornitura del gas naturale algerino sino al 2027. E’ un accordo significativo, soprattutto per la precaria situazione politica ed economica dell’Algeria; accordo però basato su tempi non più lunghissimi come in passato (c’è un’opzione sino al 2029): infatti considerando l’avvio del periodo di transizione energetica con la crescita progressiva delle FER (Fonti Energia Rinnovabile) e una crescente offerta di Gnl (Gas Naturale Liquido), la durata dei contratti si sta riducendo. Altra intesa importante confermata è quella tra ENEL e Sonatrach per la fornitura di 3 miliardi di metri cubi di gas annui. Da citare anche il mancato completamento del gasdotto GALSI, che avrebbe dovuto collegare l’Algeria all’Italia, attraverso la Sardegna, isola ancora sprovvista di una rete di trasporto del metano. Inoltre ENI, Sonatrach e Total hanno sottoscritto un’intesa per l’esplorazione e la ricerca di nuovi giacimenti off shore a largo di Orano. Infine un riferimento ai progetti di diversificazione verso le Fonti di Energia Rinnovabile in atto nelle strategie algerina, via maestra obbligata a maggior ragione per un Paese produttore di idrocarburi fossili come l’Algeria. La Società Sonelgaz, società pubblica di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, e la Sonatrach hanno avviato un programma di potenziamento e sviluppo delle energie rinnovabili per favorire i processi di riconversione energetica a partire dalla decarbonizzazione delle produzioni elettriche. E’ in atto un piano di potenziamento delle infrastrutture elettriche, ad oggi ancora fragili, che in prospettiva dovrà cambiare gli utilizzi dell’energia in tutto il Paese, anche nelle zone più disagiate, attualmente alimentate prevalentemente da impianti a gasolio, piuttosto impattanti dal punto di vista ambientale, viste le alte emissioni di CO2, che questi producono. Il piano prevede in 20 anni investimenti per oltre 26 miliardi di euro, 15 dei quali dedicati a uno sfidante progetto di realizzazione di impianti per energie rinnovabili che dovrebbero contribuire nel 2030 alla produzione di circa il 40 per cento dell’energia elettrica totale, considerando che l’obiettivo dichiarato dal governo è quello del raggiungimento già entro il 2022 di una produzione di 22.000 MW. Il territorio algerino, come del resto quello africano, si presta allo sfruttamento dell’energia solare e di quella eolica. L’Algeria infatti ha un enorme potenziale per le energie rinnovabili. Per la sua morfologia e le caratteristiche climatiche, può contare su una durata del sole da 2,000 a 6,000 Wh / m2, misure che rappresentano 10 volte il consumo mondiale. Sono già stati realizzati alcuni significativi progetti a partire dall’importante struttura fotovoltaica da 10 MW Bir Rebaa North, ultimata a fine 2018 attraverso un ulteriore accordo tra ENI e Sonatrach, che hanno costituito la Società GSA (Groupment Sonatrach Agip). Un’altra centrale elettrica ad energia solare si trova a Sedret-Leghzal (ovest di Naama), inaugurata nel 2016, produce a regime circa 20 megawatt di energia. La prospettiva a breve sarà la realizzazione di altre infrastrutture diffuse sul territorio in grado di raccogliere e mettere a frutto le potenzialità naturali. Da segnalare infine anche il programma specifico della Sonelgaz per lo sviluppo dell’energia eolica, altro settore dalle forti potenzialità; infatti in diverse aree territoriali dell’Algeria, il vento può raggiungere i 15-20 km al secondo. Dai dati riscontrati, i paesi dell’Africa settentrionale producono una potenza eolica di 20 GW, grazie ai nuovi impianti e alle condizioni ambientali e climatiche favorevoli e a costi per il consumo estremamente concorrenziali. Di questi l’Algeria arriva a produrne oltre 5 GW. Altri investimenti sono stati indirizzati nelle produzioni “verdi” da biomasse, cogenerazione e geotermia. A queste nuove opportunità sarà collegata la costruzione del nuovo elettrodotto che collegherà il territorio algerino all’Italia, attraverso la Tunisia; investimento che vede protagonista TERNA, il nostro monopolista nella trasmissione elettrica. Nella prospettiva di cambiamento radicale nell’utilizzo di nuove fonti energetiche, sarà interessante capire come e se i futuri governi algerini saranno in grado di continuare ad avere una loro centralità politica rispetto al continente africano e nei rapporti con l’Unione Europea, oggi garantito dalle produzioni e dalle esportazioni di idrocarburi fossili, in particolare di gas naturale. Le capacità di tenuta del sistema economico e politico sono poi messe a dura prova dalle conseguenze della pandemia da COVID 19 e dagli effetti del crollo del prezzo del petrolio. La strada della collaborazione e della cooperazione, soprattutto con l’Europa, per l’Algeria sarà una prospettiva obbligata a breve termine, per evitare ulteriori profonde lacerazioni interne.
Antonello Assogna,
Fondazione Ezio Tarantelli