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Quale futuro nella gestione delle risorse idriche nelle grandi città del Sud del mondo?

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La gestione delle risorse idriche sta attirando sempre più attenzione nella lista delle prerogative per istituzioni nazionali e internazionali. Il controllo dei livelli d’acqua disponibili è riconosciuto come un elemento fondamentale soprattutto nelle aree urbane, dove circa metà della popolazione mondiale risiede e dove la maggior parte delle attività socioeconomiche ha luogo. La rapida crescita della popolazione e il riscaldamento climatico stanno facendo emergere ancora più vigorosamente le problematiche che risiedono nella distribuzione d’acqua soprattutto nel Sud del mondo, comunemente chiamato nella letteratura Global South. La scarsa pianificazione urbana, i continui fallimenti a livello di governance e le flebili istituzioni, stanno infatti continuando a compromettere i tentativi di migliorare l’accesso all’acqua nelle città

Articolo precedentemente pubblicato nell’ultimo numero di Prisma Africano, la newsletter del Centro Studi Geopolitica.info dedicata all’Africa Subsahariana. Iscriviti qui!

Nell’Africa Sub-Sahariana, dove è prevista una sostenuta crescita della popolazione urbana, il problema della gestione delle risorse idriche sembra essere ancor più prominente, specialmente nelle aree informali delle grandi città, che pur convivendo con quelle formali, rimangono escluse dai servizi delle infrastrutture centralizzate. L’ideale moderno di costruzione di una città, trapiantato dai colonizzatori europei nelle colonie africane, ha di fatto ostacolato e non favorito lo sviluppo di infrastrutture che potessero soddisfare i bisogni delle popolazioni locali. Gli stati neo-indipendenti, guidati da una classe politica ferma ancora a quegli stessi ideali, segno in qualche modo di pregio agli occhi della comunità internazionale, faticarono a distaccarsi dall’ormai datato paradigma. Ne è chiaro esempio la capitale del Kenya, Nairobi. Fondata dagli inglesi nel 1899 come deposito ferroviario, la città era stata pensata dai primi colonizzatori come una ‘città europea sull’equatore’. Dato che però aveva bisogno di forza lavoro che potesse garantire ai primi abitanti europei degli standard di vita pari a quelli presenti in patria, fu permesso a popolazioni locali e indiane – con i secondi principale manodopera della ferrovia che collegava la costa kenyota all’entroterra fino all’Uganda – di poter co-abitare la città. Tuttavia, fu adottata una sorta di segregazione abitativa e di servizi basata proprio sull’etnia. Nel 1934, la domanda stimata per gli europei era ben oltre i 220 litri per persona al giorno, mentre era di 135 e 90 litri rispettivamente per asiatici e africani. 

Fin dalla sua nascita, Nairobi ha assistito numerose volte a periodi di grave mancanza di acqua. Nel 1926 per esempio non ve ne era abbastanza nemmeno per rifornire gli idranti antincendio. Le continue difficoltà portarono quindi le varie amministrazioni a dover cercare nuove fonti ancora non sfruttate per soddisfare la crescente sete della città. Ad oggi, la disponibilità idrica riesce a soddisfare solo circa il 64% della domanda. Nel 2009 sono quindi partiti i primi studi di fattibilità su un progetto per raccogliere più acqua dai fiumi che scorrono a nord della città, in modo da poter stare al passo con la domanda dei prossimi decenni. Quest’ultimo è un esempio di strategia di gestione delle risorse idriche basata sul lato dell’offerta, che appunto prevede lo sfruttamento di nuove fonti ancora vergini per far fronte al fabbisogno cittadino. Tuttavia, la letteratura è ormai critica nei confronti di questa visione, non sostenibile nel lungo periodo, specialmente in un contesto come il Kenya, dove l’esponenziale crescita della popolazione urbana e gli effetti del riscaldamento climatico stanno mettendo a dura prova le già scarse risorse idriche del Paese. Per questo motivo, le strategie sul lato della domanda stanno trovando sempre più sostegno negli ultimi anni. Queste includono ogni azione o progetto volto a promuovere la conservazione o l’efficienza nel consumo d’acqua. 

L’azienda responsabile della distribuzione idrica per la città, la Nairobi City Water and Sewerage Company (NCWSC) ha adottato un programma di razionamento, in modo da poter raggiungere i cittadini della capitale in modo più equo. Nonostante ciò, determinate parti della città e fasce della popolazione rimangono più spesso non servite. Questa problematica deriva soprattutto dal fatto che gestire un sistema creato per un’offerta continua in modo intermittente porta con sé varie criticità. L’ acqua che fuoriesce dagli impianti di trattamento viene poi distribuita nel resto della città principalmente grazie alla gravità. Tuttavia, questo sistema favorisce chi sta a valle rispetto a chi invece risiede a monte nel sistema di distribuzione. Per questo motivo la quantità d’acqua che raggiunge un’abitazione dipende molto dalla pressione a cui è soggetta. Inoltre, la competizione per la risorsa nei momenti in cui questa viene distribuita dalla NCWSC fa sì che la pressione diminuisca a sua volta. Gli utenti utilizzano quindi varie strategie per far fronte alla competizione e alla conseguente scarsità. Tra questi vi sono l’installazione di pompe elettriche, cisterne e l’utilizzo di fonti alternative, come il traforo di pozzi, acqua distribuita tramite autocisterne e la raccolta di acqua piovana. L’adozione di questi sistemi dipende però dalla disponibilità economica dell’utenza. La distribuzione torna, quindi, ad essere diseguale, nonostante i tentativi delle autorità di servire ogni cittadino di Nairobi. 

Ecco che quindi delle misure per contenere la domanda diventano di vitale importanza. Ne è testimone anche il fatto che nei quartieri più abbienti della città vi è un consumo che varia dai 200 ai 300 litri a persona, mentre negli insediamenti informali si aggira intorno ai 20 litri. Uno studio sui fattori che influenzano il livello di consumo è un requisito fondamentale per creare un intervento efficace nel favorire la conservazione d’acqua. Delle politiche pubbliche cosiddette comportamentali sono un prezioso strumento per questo fine. La mia tesi magistrale si è concentrata sulla prima parte dell’approccio comportamentale alle politiche pubbliche, che consiste nella definizione del problema. In collaborazione con la NCWSC e attraverso l’uso di metodi quantitativi e qualitativi, ho cercato di mappare gli stakeholder coinvolti nel consumo e nella distribuzione della risorsa e le problematiche che incontrano quotidianamente, oltre ad identificare i comportamenti che vengono adottati dall’utenza per far fronte alla scarsità che affligge la città. 

I risultati dello studio sottolineano la discrepanza nella scarsità percepita prima e dopo che l’acqua abbia raggiunto gli utenti. Prima di ricevere l’acqua nella propria abitazione, vengono infatti adottate delle strategie per far fronte all’incertezza attorno alla distribuzione della risorsa da parte della NCWSC, come spiegato sopra. Questi meccanismi sono quindi sintomo del fatto che le persone in un certo senso percepiscono la scarsità. Tuttavia, una volta che l’acqua ha riempito le cisterne di raccolta o che le fonti alternative sono in funzione, la percezione della scarsità viene attenuata proprio in base a quanta acqua è a disposizione dei singoli utenti. L’attenuarsi della percezione della scarsità spinge quindi le persone a consumare la risorsa in modo meno responsabile, questo forse perché l’adozione di strategie per far fronte alla scarsità agisce da promemoria di scarsità, che spinge gli utenti ad adottare dei comportamenti più egoistici. Lo studio, parte del programma Leveraging Africa’s Collective Intelligence (LACI), frutto della collaborazione tra l’Università di Trento e la Jomo Kenyatta University of Agriculture and Technology di Nairobi, è uno dei primi ad aver applicato un approccio comportamentale alla creazione di politiche pubbliche volte a rendere più efficiente il consumo d’acqua. Soluzioni ingegneristiche o strutturali sono sicuramente necessarie, come testimonia il tasso di perdite del sistema di tubature, stimato attorno al 37% per Nairobi. Tuttavia, la crescente pressione sulle risorse idriche richiama l’attenzione delle istituzioni e delle organizzazioni su interventi di tipo comportamentale che mirino ad un consumo sostenibile. Oltre ad essere più economiche e sostenibili nel lungo periodo per le aziende responsabili di assicurare un’adeguata offerta d’acqua per i propri cittadini, questo tipo di misure mirano anche ad includere la società civile nella gestione delle risorse comuni, così da creare degli effetti a cascata su altre sfere della comunità. Perciò sono necessarie più risorse e iniziative per sviluppare questo approccio, che può essere scalato a diverse città del Global South che vivono problematiche simili a quelle della capitale kenyota. 

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