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Colombia: la pacificazione di Santos. (Breve) storia degli accordi con le Farc

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L’Avana, 12 maggio 2016. Dopo tre anni e mezzo di negoziati, il processo di pace tra il governo colombiano di Juan Manuel Santos e il gruppo guerrigliero delle Farc sembra essere arrivato a un decisivo punto di svolta. Nella capitale cubana, i delegati delle due controparti hanno annunciato di aver raggiunto l’intesa per la firma dell’accordo finale. La pace porrà fine a un conflitto che, in circa cinquant’anni, ha causato 220mila morti, centinaia di sequestri e quasi sette milioni di sfollati.

Un lunghissimo conflitto armato

Il fenomeno della guerra civile ha caratterizzato tutta la seconda metà del XX secolo colombiano. Il 9 aprile 1948, a Bogotá, l’omicidio del popolare candidato alla presidenza Jorge Eliécer Gaitán diede inizio a un lungo scontro tra conservatori e liberali (Violencia) che divampò presto in tutte le province, anticipando il conflitto tra Stato e guerriglie di sinistra, e poi di gruppi paramilitari e cartelli narco-terroristici, che avrebbe insanguinato il paese fino ai giorni nostri. La nascita delle Farc (1964) è da ricollegare all’esperienza delle comunità di auto-difesa contadina che vennero create durante gli anni ‘50 e si inserì, a livello generale, nel panorama rivoluzionario continentale segnato dall’azione violenta di gruppi guerriglieri nati sull’onda della rivoluzione castrista.

Durante la prima fase le Farc, sotto la guida dello storico leader Manuel Marulanda, intrapresero una massiccia guerriglia clandestina per sovvertire l’ordinamento statale e instaurare una democrazia popolare e socialista, radicandosi soprattutto nei dipartimenti contadini del Cauca, del Valle e del Tolima. Nel corso degli anni ‘80, grazie ai proventi del narcotraffico e delle estorsioni, l’organizzazione rivoluzionaria crebbe notevolmente, trasformandosi da gruppo guerrigliero tradizionale a forza belligerante di media grandezza con ramificazioni trans-nazionali e in affari con altri gruppi criminali latino-americani. Con l’approvazione della Ley General de Amnistìa (1982), il nuovo presidente Belisario Betancur si adoperò per un accordo temporaneo con la guerriglia.

Durante i mesi del primo processo di pace, le Farc fondarono una propria unità politica, l’Unione Patriótica (UP), che esordì alle elezioni del 1986, strappando 14 seggi del Congresso ed eleggendo numerosi rappresentanti nelle assemblee dipartimentali e comunali. La tregua inizialmente stabilita durò fino al 1990 quando il presidente Gaviria ordinò un attacco militare contro lo Stato maggiore delle Farc, che portò a una ripresa della belligeranza tra le due parti. Questa fase fu segnata da una generale recrudescenza dello scontro tra Esercito nazionale e Farc, acuito delle violenze da parte di altri organizzazioni guerrigliere (Eln) e gruppi paramilitari (Auc) e dall’esplosione del fenomeno del narcotraffico (Cartello di Medellín e di Cali).

Crisi e trasformazioni tra XX e XXI secolo

Alla fine degli anni ’90, le Farc erano arrivate a contare su una forza in armi di circa 17.000 combattenti, distribuiti su 60 fronti, e sul sostegno diffuso di moltissimi cocaleros, contadini indigenti e studenti universitari del paese. Contemporaneamente, con il diluirsi degli ultimi retaggi ideologici della Guerra Fredda anche in America Latina, il gruppo abbandonò l’originaria impronta marxista per operare una transizione ideologica verso il bolivarianismo, in linea con la piattaforma offerta dal presidente venezuelano Hugo Chávez. In questo decennio, le Farc – ma pure gli altri gruppi guerriglieri –, grazie ad una significativa disponibilità finanziaria, conobbero un’incredibile crescita dell’apparato militare che permise loro, attraverso una logica di disposizione centrifuga, di disseminare colonne mobili in moltissimi punti del paese.

Favorevole a una soluzione pacificatrice, nel 1998, il nuovo presidente Andrés Pastrana decise di avviare una nuova iniziativa di dialogo (Proceso del Caguán). Il progetto prevedeva la creazione di una zona smilitarizzata, in cui si sarebbero dovuti svolgere i colloqui, e la sottoscrizione di un’agenda condivisa intorno alle riforme economiche, politiche e agrarie da adottare e alla nuova disciplina in termini di diritti umani e internazionali. L’azione sviluppata da Andrés Pastrana si incrociò poi con le disposizioni introdotte dal Plan Colombia, un accordo bilaterale firmato con gli Stati Uniti che, a partire da un primo stanziamento di quasi un miliardo e mezzo di dollari, aveva l’obiettivo di sradicare il problema del narcotraffico, porre fine al conflitto armato e rafforzare la democrazia del paese. Il piano stimolò una immediata modernizzazione delle Forze Armate e un potenziamento della capacità di intervento nelle enclavi di coltivazione illecita e nella realizzazione di operazioni di intelligence, oltre a frenare la capacità commerciale dei gruppi criminali.

Ciononostante, in questa fase, si registrò un vertiginoso aumento delle azioni violente delle organizzazione guerriglieri e i negoziati in corso furono caratterizzati da una lunga serie di crisi, culminate, nel febbraio 2002, con il sequestro del senatore Eduardo Gechem Turbay che spinse Pastrana a porre fine al negoziato. Le elezioni del maggio successivo si svolsero così in un clima di forte tensione per la paura di un’escalation terroristica. A spuntarla fu il candidato Alvaro Uribe che, nelle vesti di presidente, inaugurò un nuovo corso di politica ispirato dalla dottrina della seguridad democrática, volto al recupero del monopolio della forza da parte dello stato e alla lotta a tutto campo contro le organizzazioni terroristiche e i gruppi criminali.

I dialoghi de l’Avana

Tra il 2002 e il 2010, lo sforzo militare compiuto dal governo di Uribe riuscì a ridimensionare significativamente la capacità militare e finanziaria delle Farc. Ad essere colpiti nel corso delle varie operazioni contro-insurrezionali dell’esercito non furono solo le roccaforti strategiche della guerriglia, ma pure obiettivi sensibili legati alla filiera del traffico di stupefacenti. In questa fase, il complessivo depotenziamento del gruppo terroristico e la congiuntura distensiva in cui si aprì la nuova presidenza di Santos (2010-2018) hanno creato un terreno favorevole per l’inizio di un processo di pacificazione nazionale. Già ministro della difesa del governo di Uribe, Santos è stato il maggiore sostenitore dell’inizio di nuove trattative, avviate effettivamente nel novembre 2012 a L’Avana, con Cuba e Norvegia nella veste di mediatori. Dopo la firma dell’accordo preliminare dello scorso settembre – in cui si è raggiunta l’intesa per la creazione di una commissione speciale, l’istituzione di un tribunale misto per il giudizio sui reati commessi durante il conflitto, il procedimento di amnistia per i reati politici, la consegna delle armi da parte dei guerriglieri e la trasformazione delle stesse Farc in movimento politico –, si è arrivati, negli ultimissimi giorni, al concordato rispetto all’amnistia per i bambini-soldato di meno di 15 anni.

A questo punto, come confermato dallo stesso ministro degli Interni Juan Fernando Cristo, la trattativa sembra essere in dirittura d’arrivo. L’accordo, che sarà siglato come Accordo Speciale, conformemente alla disciplina della Convenzione di Ginevra del 1949, si trasformerà in norma cogente e passerà attraverso la definitiva consultazione referendaria. Nel frattempo Santos ha varato un rimpasto di governo, integrato da quasi tutte le forze politiche nazionali. Sarà proprio il nuovo “gabinetto della pace” a gestire le ultime fasi del negoziato e a guidare la Colombia attraverso una delle fasi più importanti della sua storia.

 

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