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A tu per tu con Mahmoud Baziza: sindaco di Benghasi

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La città di Bologna ha ospitato una delegazione di imprenditori e amministratori libici, tra cui il sindaco di Benghasi Mahmoud Farag Baziza e la rappresentante del ministero della cultura libica Bahia Kanoun. Si tratta di un evento promosso da “Libia Consul” e da Hrs (spin off dell’università di Bologna) in collaborazione con il Comune emiliano. Geopolitica.info ha avuto l’occasione di incontrare il primo cittadino della seconda città della Libia.
 

Il ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino, ha denunciato a Bruxelles che sui barconi, oltre a poveri disgraziati, ci sono anche jihadisti infiltrati che vogliono arrivare in Europa. Le risulta una minaccia del genere e quali sono i loro scopi?
La minaccia non mi sembra fondata, perché gli jihadisti sono oggi più interessati a combattere in altri teatri – in primis la Siria – che non in Europa. Detto questo, è chiaro che la parte est della Libia è particolarmente permeabile e quindi è fondamentale una collaborazione sempre più stretta per la gestione dei flussi migratori. La Libia è la diga dell’Europa e faremo quanto è nelle nostre possibilità, ma anche il nostro è un Paese di immigrazione e non solo di transito e quindi dobbiamo affrontare problemi sociali, igienici e di ordine pubblico sempre più drammatici. La Libia è estremamente estesa e abbiamo bisogno del supporto anche nel campo delle nuove tecnologie e del controllo remoto.

L’Italia assieme alla Bulgaria si sta preparando ad assistere all’addestrare 9mila militari libici. Il nuovo esercito sarà in grado di garantire la sicurezza del Paese disarmando le milizie, che negli ultimi giorni hanno sparato sui manifestanti a Tripoli? 
Questi numeri si aggiungono ai 3000 in addestramento in Francia e ai 5000 negli Usa. Si tratta del nucleo del nuovo esercito nazionale ma non dimentichiamo che il disarmo delle milizie è un problema eminentemente politico che passa anche per una loro eventuale integrazione nelle forze di sicurezza.
 
Com’è la situazione di sicurezza a Benghasi? La Cirenaica è a rischio secessione? Tutto ciò può favorire la crescita delle cellule jihadiste e provocare una nuova Somalia o Afghanistan?
 
Mi sono fatto promotore di numerose iniziative per impegnare il governo centrale su questo problema e oggi la situazione è in via di miglioramento grazie anche a una maggiore presenza dell’esercito sul territorio con posti di blocco che filtrano gli accessi verso il nucleo abitato. Per esempio vengono bloccati ed eventualmente sequestrati tutti i veicoli con i vetri oscurati o senza targa… Per quanto riguarda il tema della secessione, neanche i federalisti più spinti la chiedono davvero. Viene per lo più usata come un’arma di ricatto politico, ma la maggioranza della popolazione anche in Cirenaica, vuole continuare a vivere in una Libia unita, anche per questo abbiamo combattuto contro Gheddafi.
 
I berberi hanno bloccato il gas per l’Italia, Ibrahim al Jathran controlla i terminal petroliferi dell’Est. Le esportazioni delle risorse energetiche libiche verso l’Europa sono a  rischio?
Ripristinare l’approvvigionamento è un interesse primario del Paese e su questo si giocherà la credibilità dell’autorità centrale. Per quanto riguarda la specifica situazione dei berberi essi sono l’1 per cento della popolazione concentrata in una parte specifica del Paese. I loro diritti dovranno essere tutelati, ma la richiesta di estendere l’insegnamento in tutte le scuole del Paese della loro lingua mi sembra eccessiva. Oggi stanno usando il petrolio come arma di pressione, ma l’emergenza verrà risolta al più presto. Quello di  Mellitah è un problema che non riguarda tanto l’Italia quanto appunto una questione di ordine interno.
Il primo ministro ha recentemente dichiarato, che se la Libia continuerà a scivolare verso il caos si rischia un intervento internazionale. È possibile?  
Penso che non sia né giusto né proponibile.
ddd

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