Chi è il nuovo presidente degli Stati Uniti, cosa intende fare la sua amministrazione, quali sono i dossier caldi dei democratici, quale ruolo e influenza avranno Barack Obama e Kamala Harris sulla Casa Bianca e nella stanza ovale. L’ex ambasciatore italiano a Washington ci introduce e accompagna in un viaggio inedito e originale, offrendo al lettore una corretta narrazione di cosa accade davvero oltreoceano e di come gli americani vivono la propria realtà e la politica del governo. E lo fa tratteggiando cultura, ideali e prospettive economiche di un Paese dinamico, complesso e ancora oggi dominante nello scenario internazionale. In queste pagine si spazia dalle radici storiche al sistema elettorale, fino alle più recenti evoluzioni della superpotenza atlantica, per scoprire dove sono e dove vanno gli Stati Uniti oggi, dopo il terremoto Donald Trump.
Autore Giovanni Castellaneta
Paesi edizioni
Pagine 176 – –Prezzo € 18,00
In commercio dal 21 gennaio 2021
L’autore
Nato a Gravina in Puglia (BA) il 11/09/1942, si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università La Sapienza di Roma. È stato ambasciatore italiano in Australia (e in alcuni Stati dell’Oceano Pacifico), in Iran, Rappresentante del Governo in Albania e ambasciatore d’Italia negli Stati Uniti (2005-2009), presso l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) e le Bahamas. È stato consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio e suo rappresentante personale per i Vertici del G7/G8 dal 2001 al 2005. Inoltre, dal 2002 al 2012 ha ricoperto la carica di Consigliere d’Amministrazione di Leonardo/Finmeccanica e Vicepresidente dell’omonimo Gruppo. Dal 2010 al 2016 è stato Presidente del Consiglio di Amministrazione di SACE, e dal 2012 al 2017 ha ricoperto la carica di Presidente di Italfondiario S.p.A.. È stato Senior Advisor per l’Italia di Fortress Investment Group. A far tempo dal 2013, e sino a giugno 2018, è stato Presidente di Torre SGR S.p.A., carica che ha inoltre ricoperto in Milanosesto S.p.A. dal marzo 2014 al luglio 2018. Attualmente ricopre la carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione di doValue S.p.A.
EF – A proposito di Joe, lei è stato Ambasciatore negli Stati Uniti tra il 2005 e il 2009, in quel periodo, prima di assumere l’incarico di vicepresidente, Biden era alla Commissione per gli Affari Esteri del Senato, lo ha conosciuto?
Sì l’ho incontrato in numerosissime occasioni sia da Presidente della Commissione Esteri del Senato sia nel primo periodo della Presidenza Obama, da Vicepresidente, qualche volta anche con la moglie Jill, come sappiamo di origine italiana. Abbiamo parlato spesso di temi di politica estera, ad esempio di Iran dove sono stato ambasciatore, delle problematiche mediorientali, della questione israelo-palestinese e del ruolo della Italia nel Mediterraneo allargato.
EF – Tra i tanti nomignoli con cui conosciamo il Presidente Joe Biden, il mio preferito è “Amtrak Joe”, visto che ha fatto il pendolare per molti anni, secondo lei quanto sarà utile al Presidente Biden questa sua fama di “uomo normale”?
Ultimamente, l’”uomo normale” è una figura molto ricercata in politica e Joe Biden certamente lo è, come è una “donna normale” la sua Vice, Kamala Harris. Questo porta sicuramente dei vantaggi, ad esempio gli permette di rivolgersi agli americani da pari, come fosse uno di loro. Non va però dimenticato che la maggioranza degli elettori repubblicani ritiene il neo Presidente illegittimo, perché ha creduto alle teorie del complotto sui brogli alle elezioni presidenziali, gonfiate dall’ex Presidente Trump. Su di loro, questa “normalità” non avrà effetto, almeno non nel breve periodo.
EF – L’attuale Presidente degli Stati Uniti abbiamo imparato a conoscerlo negli otto anni della Presidenza Obama, durante i suoi due mandati come vicepresidente è emersa la cosiddetta “Dottrina Biden” riguardo alla politica estera. Secondo lei il Biden Presidente manterrà le stesse posizioni del Biden vicepresidente rispetto al multilateralismo?
Gli Stati Uniti e il mondo sono cambiati negli ultimi quattro anni. Il Biden Vicepresidente faceva parte di un’amministrazione che aveva negoziato e firmato trattati commerciali multilaterali di portata storica come il TTP nell’area del Pacifico e il TTIP con l’Unione Europea. Il Biden Presidente metterà di nuovo gli Stati Uniti su un piano dialogante con gli alleati tradizionali (gli europei e la NATO su tutti), mettendo in soffitta l’America First di Trump e diminuirà la retorica nazionalista che ne derivava. In ambito internazionale, il rientro nell’Accordo di Parigi è un primo passo verso un maggiore multilateralismo. A livello commerciale, però, nel Paese le misure protezionistiche godono di un certo consenso, perciò sarà difficile rivedere accordi come il TTIP e non è scontato un rientro degli USA nel TTP.
EF – Lei è stato Ambasciatore in Iran, secondo lei il rientro nel JCPOA che sembra essere una cosa già decisa, in cosa si differenzierà rispetto al passato? Cosa cambierà?
L’Iran è un Paese orgoglioso delle proprie tradizioni e della propria storia, con una precisa idea del suo posto nel mondo come potenza regionale dell’area mediorientale. Difficilmente, dopo quello che è successo negli ultimi quattro anni (tra cui l’uccisione del Generale Soleimani), Teheran attuerà un reset delle relazioni con un normale ritorno al JCPOA. In questi giorni è infatti già in atto un duello a parole tra Iran e Stati Uniti. Il primo chiede compensazioni a statunitensi ed europei per questi anni di sanzioni, mentre Biden ha dichiarato che queste ultime saranno tolte solo quando l’Iran tornerà a rispettare i parametri dell’accordo. In sostanza, anche qui i quattro anni di Trump hanno modificato lo status delle cose in maniera tale che un ritorno completo al passato sarà molto difficile.
EF – Il Presidente Biden ha da anni un rapporto abbastanza stretto con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ci saranno meno tensioni secondo lei grazie a questo?
L’amministrazione Biden ha già fatto alcuni passi in continuità con quella precedente riguardo a Israele, ad esempio il non aver spostato l’Ambasciata da Gerusalemme. Questo ha rasserenato chi temeva una brusca frenata, o addirittura marcia indietro, nelle relazioni bilaterali. Il rapporto tra il neo Presidente e il Premier israeliano, qualora egli sia riconfermato dalle elezioni, non sarà idilliaco come quello di Netanyahu con Trump, ma si fonderà comunque su una partnership che va avanti da molti anni. Anche qui, però, ci potrebbero essere alcuni cambiamenti, come la ripresa del dialogo con l’Autorità Nazionale Palestinese, trascurata dalla precedente amministrazione americana.
EF – Ho letto un suo contributo su Formiche.net dello scorso novembre rispetto alla presidenza italiana del G20 come opportunità per vagliare i rapporti con Biden, vista l’attuale situazione del Governo italiano secondo lei quanto è già compromessa l’opportunità che probabilmente ci si voleva giocare?
L’amicizia tra Stati Uniti e Italia è rimasta salda negli anni, nonostante i cambi di amministrazioni alla Casa Bianca e quelli di Governi (molti di più) a Palazzo Chigi. Anche l’eventuale arrivo alla Presidenza del Consiglio di Mario Draghi non cambierà i fondamentali di questa alleanza, anzi sono convinto che l’esperienza internazionale dell’ex Presidente della Banca Centrale Europea potrà rafforzarli. Perciò la presidenza italiana del G20 rimane un’occasione da non perdere per l’Italia, sia in generale, sia per quanto riguarda i rapporti con la Casa Bianca di Joe Biden.
EF – Le faccio un’ultima domanda: che presidente immagina sarà Biden?
Sarà il primo Presidente con un’esperienza politica di lungo corso in diversi settori. La sfida che ha davanti è notevole. Non deve solo ricucire molti rapporti esteri e rilanciare l’immagine degli Stati Uniti nel mondo, ma deve sanare ferite interne profondissime, fermare una pandemia fuori controllo e far ripartire l’economia. La sua esperienza e i suoi buoni contatti con i repubblicani “tradizionali” potrebbero essere un vantaggio per raggiungere i suoi obiettivi sul piano interno e sulla scena internazionale non è certo un novellino. Potrà applicare anche lì la sua capacità di dialogo, ma mostrerà più fermezza con avversari come la Russia e continuerà la rivalità geopolitica con la Cina, seppur con toni più morbidi.