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5-7 giugno: riflessioni su Vaticano, USA e Iran nella pausa dei negoziati

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I rappresentanti della Comunità internazionale riuniti a Vienna sono Cina, Federazione Russa, Francia, Germania e Regno Unito, insieme all’ Unione Europea e – interposta persona – agli Stati Uniti. Ma la questione iraniana – ovvero: non la mera questione nucleare, quasi pretestuosa nel contesto che viviamo, ma il posizionamento dell’Iran nel mondo, la sua funzione nel quadrante del Mediterraneo orientale e del Sud-Ovest asiatico e nel mondo islamico – è affrontata in contesti che vedono la partecipazione più o meno silenziosa di altri attori.

La Santa Sede ha svolto una funzione importantissima nel mandare all’Iran messaggi precisi e di grande vicinanza agli Stati Uniti di Biden, ed anche ad Israele. Se infatti nella visita in Iraq ha eletto a proprio interlocutore la Scuola di Najaf, ha escluso Teheran dalla possibilità di proporsi come interlocutore e rappresentante delle Comunità sciite che costituiscono la maggioranza del Paese, definendo una “linea diplomatica” sciita completamente interna all’Iraq. La scomparsa di Soleimani ha costituito un’ulteriore agevolazione. La circostanza è stata fortuita, dato che non si sarebbe realizzata se il viaggio si fosse svolto, come previsto, negli anni precedenti.

Francesco ha tagliato l’azione dell’Iran verso occidente, e lo ha fatto in modo netto. Ha soprattutto dimostrato all’Iran come la linea vaticana sia assolutamente parallela a quella della nuova amministrazione americana, che a seguito della missione papale ha emesso un comunicato che, se letto fra le righe, dimostra tutta la soddisfazione per la riuscita del progetto. Il “progetto”, va detto, non riguarda il solo Iran ma l’intera visione che tanto Biden quanto Francesco rappresentano, ovvero quella di un globalismo che letto dalla Santa Sede diviene una sorta di ecumenismo globale. Giovanni XXIII e Paolo VI, col Concilio Vaticano II e con l’enciclica “Gaudium et Spes”, avevano aperto le porte ad una amplissima e, talvolta, controversa trasformazione della Chiesa che Francesco sta facendo maturare a velocità sempre maggiori verso un universalismo che sembra quasi trascendere la dottrina e fondere il concetto di “umano” con quello di “fedele-fratello in Dio” . La posizione vaticana è conforme ad alcune visioni incarnate dal Partito Democratico americano, e palesate sempre maggiormente da Clinton in poi. E’ una forma di globalismo concepita già nel secondo dopoguerra, che rivela sempre più di sé.

I negoziatori iraniani stanno prendendo il tempo necessario per definire i dettagli dell’accordo, ed attribuirne il successo, al nuovo Governo conservatore che verrà, anche al fine di sotterrare completamente l’eredità sociale progressiva e pragmatica di Rouhani. Cosa comporterà perfezionare l’accordo con degli ultraconservatori? Quasi certamente, non ottenere riforme sociali nel Paese, che invece stavano già profilandosi durante la precedente Amministrazione, che aveva sconfitto alle urne quel Reisi che probabilmente ascenderà alla carica di Presidente, e garantire la permanenza al potere di quella stessa classe (prossima alla Guida ed ai Guardiani) che prima si era sempre opposta ad un qualsiasi accordo sul nucleare. Questa classe potrebbe paradossalmente guadagnare moltissimo dalla sottoscrizione di un accordo dopo il 18 giugno, e gestire in modo esclusivo quei miglioramenti in campo economico che stavolta non potranno trascendere dal loro controllo. Soprattutto, potrebbero concedere una co-gestione del sistema finanziario ed assicurativo a diversi attori privati occidentali insieme alle Bonyad (fondazioni pie) locali, in modo da garantire profitti ad investitori esteri ma avere assicurato il controllo interno al Paese. Cosa potrebbero concedere gli ultraconservatori, in cambio della loro sopravvivenza (oltre alla co-gestione finanziaria)? Definire una sfera d’influenza iraniana “depotenziata” verso Israele (dopo aver ottenuto garanzie da quest’ultima) e una convivenza pacifica con l’Arabia Saudita nel Golfo (vero ”spazio vitale della nazione persiana”). I negoziati con il Regno sono già in atto.

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