Il capo negoziatore iraniano a Vienna ha dichiarato alla Stampa persiana che quello iniziato il giorno 26 maggio potrebbe essere l’”ultimo round” di negoziazioni. Abbas Araqchi rilascia queste dichiarazioni pochi giorni dopo essere stato ascoltato dal Parlamento di Teheran.
Una frase apparentemente sibillina del Segretario di Stato americano (riportata da Reuters) denuncia la disponibilità statunitense ad avere in tempi rapidi una firma sotto un nuovo accordo e qualifica quest’ultimo come una “platform” sulla quale costruire un dialogo sui “broader concerns” relativi alle attività della Repubblica Islamica nell’area. Una diversione nettamente divergente dalla originale prospettiva della precedente Amministrazione americana, che avrebbe voluto la sottoscrizione immediata di un accordo comprendente anche le attività missilistiche, ed anche da quella del Biden dei primissimi momenti. La frase si presta ad essere interpretata nel senso di una proposta di giungere rapidamente ad un accordo di massima ad un Iran poco interessato ad accettare un deal troppo diverso da quello firmato nel 2015, per poi riprendere (con separati accordi, secondo lo schema dei Barjam 2 e 3) una negoziazione di più ampio respiro.
Gli Stati Uniti stanno forse accelerando nel timore che le elezioni di giugno possano portare alla Presidenza un esponente degli ultraconservatori? La cosa sembra certa, dato che i sette competitors alla carica sono: il Capo della Magistratura Ebrahim Raeisi, il Segretario del Consiglio degli Esperti Mohsen Rezaei, l’ex Segretario del Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale Saeed Jalili, il Vicepresidente del Parlamento Amirhossein Qazizadeh, il Deputato Alireza Zakani, il Banchiere Centrale Abolnasser Hemmati e l’ex Capi dell’Organizzazione per l’Educazione Fisica Mohsen Mehr-Alizadeh.
Alcuni dei più importanti candidati, fra i quali spicca il nome di Hossein Dehghan (gli altri: Rostam Qasemi, Mohammad Hassan Nami, Alireza Afshar) si erano ritirati lasciando indicazione di voto per Ebrahim Raeisi. Geopolitica.info aveva già identificato nella candidatura di Dehghan un messaggio da parte della Guida Suprema (Has the rapprochement between the US and Iran already started? – Geopolitica.infoGeopolitica.info), la decifrazione del quale è disponibile da oggi: Il Capo della Magistratura, oltre ad essere espressione dell’ala più reazionaria, è il cavallo sul quale punteranno gli oltranzisti del “Fronte Rivoluzionario”. Raeisi, genero della Guida Suprema, era stato elevato a Capo della Magistratura subito dopo essere stato sconfitto da Rouhani nelle elezioni presidenziali del 2017.
Il susseguirsi delle elezioni americane ha portato la Presidenza Trump a nascere in un momento nel quale l’implementazione del JCPOA era ai suoi inizi, permettendone il sabotaggio, ed ora il nascere dell’Amministrazione Biden quasi in contemporanea al tramontare dell’era Rouhani pone la condizione opposta: il margine di tempo del quale gli Stati Uniti possono fruire per rendere possibile quanto progettato nel 2015 è strettissimo.
Quale sarà la posizione iraniana? Ad oggi, è intuibile che ad un accordo si giungerà dopo le elezioni di giugno. Le decisioni finali, infatti (come ribadito esplicitamente dallo stesso Araqchi alla stampa internazionale il 26), si prendono a Teheran e non a Vienna. Qui, per “Teheran” non si intende il Governo della Repubblica, gestito dal Presidente Rouhani, ma il Governo della Rivoluzione, gestito dalla Guida Suprema. Questa non ha alcun interesse ad intestare una vittoria alla Presidenza uscente quando la si può attribuire alla propria sponda, aumentando peraltro in modo considerevole il proprio peso negoziale presentando il nome di un Presidente entrante palesemente ostile agli Stati Uniti.
Araqchi, pur un uomo di Rouhani (essendo il Vice del Ministro degli Esteri Zarif), ha già assunto la postura di chi desidera negoziare usando il tempo a proprio vantaggio: dopo aver infatti prospettato che questo “round” negoziale può essere l’ultimo (una tattica per strappare migliori condizioni?) ha aggiunto che “devono ancora sciogliersi diversi nodi”, mettendo quindi in pratica le indicazioni della Guida.
La Cina, altro peso massimo negoziale, ha agito ulteriormente in senso favorevole alle posizioni ultraconservatrici, mediando con la AIEA la proroga dell’accordo sul monitoraggio nucleare. La proroga durerà un mese, e si concluderà proprio subito dopo le elezioni.