La libertà di circolazione dei cittadini taiwanesi, la inclusione nel circuito economico globale e l’esercizio della sovranità popolare definiscono in maniera chiara la piena partecipazione taiwanese alla comunità internazionale.
I più recenti eventi internazionali che hanno visto Taiwan subire gli effetti negativi della “campagna” di ostracismo dei governanti di Pechino contro il presidente e il parlamento democraticamente eletti nell’Isola lo scorso anno – l’ordine all’Assemblea Mondiale della Sanità di non invitare Taiwan alla riunione di Maggio e la rottura in Giugno delle relazioni con Panama – hanno avuto una vasta eco non solo negli addetti ai lavori ma anche nella opinione pubblica mondiale.
Mentre le reazioni a livello di opinione pubblica, rilevate da sondaggi e da un incredibile numero di spontanee testimonianze di solidarietà su siti, social network e giornali di ogni continente, sono totalmente favorevoli a Taiwan e al suo popolo ingiustamente emarginato per inaccettabili motivi di razzismo politico, gli ultimi sviluppi hanno generato tra gli analisti una serie di riflessioni sul futuro delle relazioni estere taiwanesi e sulle effettive possibilità per Taipei di difendere il proprio ruolo all’interno del sistema globale.
I 20 stati che mantengono piene relazioni diplomatiche con Taiwan, inclusa la Santa Sede (sulle cui recenti vicende ha scritto, in questa rubrica, il Prof. Fabrizio Bozzato con articoli che si sono distinti per chiarezza e realismo rispetto a tanti improvvisati e superficiali “sinologi”), costituiscono uno degli elementi – soltanto uno – che determina la appartenenza taiwanese all’interno del predetto sistema. Il riconoscimento degli altri stati può apparire, a livello teoretico, una delle principali modalità di inclusione nel sistema stesso ma, a livello pratico, i rapporti tra i vari attori – governi, organizzazioni multilaterali e intergovernative, imprese e corporate nazionali e internazionali – dimostrano in maniera inequivocabile la sostanziale partecipazione di Taiwan e il suo ruolo attivo e costruttivo.
I 166 paesi nel mondo – tra i quali tutti i 28 membri della Unione Europea e gli Stati Uniti d’America – che concedono ai cittadini taiwanesi, titolari del Passaporto della Repubblica di Cina (Taiwan), di entrare all’interno dei propri confini senza bisogno di Visto, costituiscono un palese esempio di questa dinamica la quale, al contrario, registra che oggi solamente 21 nazioni al mondo consentono ai cittadini della Repubblica popolare cinese di entrare nei propri confini senza Visto. Un dato assai eloquente che consente una analisi diversa rispetto al peculiare ruolo internazionale di Taiwan e al preteso indebolimento della sua sovranità. Le parole raccolte in una intervista con Voice of America di Joanna Lei, Direttore del think tank Chunghua 21st Century, ben descrivono questa realtà: “Per la maggior parte delle persone le relazioni internazionali sono una cosa molto lontana dalla vita quotidiana, ma la capacità di viaggiare liberamente in tutto il mondo è un’esperienza diretta e personale. Se Taiwan gode della possibilità di viaggiare senza bisogno di un Visto, questo significa che molti paesi riconoscono il suo governo, consentono ai taiwanesi di visitare le proprie nazioni liberamente e questo costituisce un enorme successo nelle relazioni internazionali”.
La legittimità delle istituzioni e del governo della Repubblica di Cina a Taiwan sono inoltre indiscutibili perché radicate sia nel pieno controllo, dal 1945, del territorio e degli spazi marittimi ed aerei, sia nell’esercizio della sovranità popolare espressa tramite libere e democratiche elezioni, a tutti i livelli amministrativi e di governo, nazionale e locale. La piena adesione di Taiwan ai principi democratici e liberali, dimostrata anche dal primo posto tra i paesi asiatici nella classifica dedicata al rispetto dei diritti umani di Freedom House, e in quella dedicata al grado di libertà di stampa accordato ai giornalisti realizzata da Reporter Senza Frontiere (che, proprio nei giorni scorsi, ha aperto la sua sede asiatica a Taipei), costituisce un ulteriore, importante indicatore del ruolo di Taipei nella comunità internazionale.
Ruolo che si declina anche attraverso gli uffici di rappresentanza taiwanesi presenti nei 75 paesi ove non vi sono ambasciate: essi quotidianamente operano, nel reciproco interesse, per lo sviluppo dei rapporti bilaterali in tutti i campi, emettendo – nei pochi paesi ove sono ancora necessari – i Visti di ingresso a Taiwan e svolgendo le necessarie pratiche per i cittadini taiwanesi all’estero. A specchio di questa rete vi sono a Taipei, oltre alle 20 ambasciate, 50 uffici di rappresentanza di altrettante nazioni – generalmente con personale diplomatico proveniente dai rispettivi Ministeri degli Esteri – che svolgono esattamente le stesse funzioni di promozione delle relazioni e di disbrigo delle attività consolari.
Tutti questi elementi fattuali concorrono a definire, in maniera evidente, il complesso ordito di relazioni bilaterali e multilaterali nonché il sostegno e le simpatie che la democrazia taiwanese ha conquistato negli scorsi decenni, facendo acquisire a Taiwan un crescente e positivo protagonismo. Situazioni e loro effetti che sono del tutto indipendenti dal mero riconoscimento diplomatico dei singoli paesi.
* l’on. Benedetto Fucci è Deputato al Parlamento della Repubblica, membro delle Commissioni Affari Sociali e Politiche della Unione Europea della Camera dei Deputati.