In occasione della visita ufficiale a Bologna del sindaco di Benghasi Mahmoud Baziza e di una delegazione di politici, artisti e imprenditori libici (18-21 novembre 2013), Geopolitica.info ha incontrato Elena Croci, tra gli organizzatori dell’evento e curatrice della mostra “Anime di materia” dell’artista bengasino Ali WakWak. Un’opportunità per approfondire il nuovo ruolo della comunicazione e della diplomazia culturale, strumenti fondamentali per la costruzione di una più solida piattaforma di cooperazione tra i due Paesi. Una strategia recentemente sottolineata anche dal ministro della Cultura italiana Massimo Bray nel corso dell’incontro con il suo omologo libico Mohammed Al-Amin.
Tre giorni di meeting a Bologna con il mondo della politica, della cultura e dell’imprenditoria libica. Un’importante occasione di dialogo costruttivo che ci racconta una Libia diversa rispetto a quella disegnata dai media mainstream italiani.
Siamo purtroppo di fronte a una distorsione tipica della stampa italiana che tende a focalizzarsi sulla Libia solo in corrispondenza di eventi traumatici. Se è indubbio che il Paese stia subendo i contraccolpi di una fase di transizione politico-istituzionale, è altrettanto vero che simili dinamiche sono in parte l’inevitabile prodotto dell’esperienza bellica conclusasi solo nel 2011. Non posso che condividere le parole spese in proposito dal sindaco di Benghasi e il suo invito a leggere gli eventi più recenti nella prospettiva di quanto accaduto in questi ultimi anni. La tre giorni di Bologna mira a porre l’accento su quanto di positivo è stato prodotto finora e lo fa, in primo luogo, con gli strumenti della cultura.
È dunque questo il significato dell’installazione nel centro del capoluogo emiliano di una delle più apprezzate e riconosciute opere dell’artista Ali WakWak?
L’opera del maestro WakWak fonde il trauma della guerra con le aspirazioni al rinnovamento e alla rinascita che l’hanno seguita. L’obiettivo è sensibilizzare la cittadinanza sui legami e sulla vicinanza tra Italia e Libia, cercando di replicare, almeno in parte, il successo della mostra personale allestita in febbraio a Roma presso gli ambienti del Vittoriano (ndr 20.000 visitatori in pochi mesi). La creazione di un ponte culturale tra i due Paesi è un passaggio necessario e un incentivo per qualsiasi altra forma di cooperazione imprenditoriale o diplomatica. Al contempo credo che tali forme di comunicazione possano svolgere anche un ruolo fondamentale per la pacificazione interna della stessa Libia.
Ci spieghi più in dettaglio.
La matrice del linguaggio della cultura è per sua stessa natura universale. Quella cultura che può avvicinare le due sponde del Mediterraneo, può contribuire in Libia a cementificare i legami della cittadinanza sulla base di una memoria storica comune e condivisa, costruire identità, restituire fierezza e fiducia nel futuro.
Può l’Italia contribuire a questa valorizzazione della cultura e del patrimonio culturale libico?
Senza dubbio. Che ne se dica l’Italia dispone oggi di un vasto bagaglio di know how tecnico sviluppato nei progetti di restauro e valorizzazione dei suoi beni artistici: queste competenze dovranno essere trasmesse ai partner libici per mezzo della cooperazione. Al di là del valore intrinseco legato alla preservazione delle grandi testimonianze artistiche, architettoniche e paesaggistiche del passato, tale interscambio aprirebbe opportunità economiche tanto per le imprese italiane quanto per quelle libiche. Le potenzialità in Libia del settore turistico, in particolare quello archeologico, meritano di essere sfruttate al meglio.